venerdì 21 maggio 2010

Tutto è numero

E' il motto più importante attribuito alla scuola pitagorica. In questo caso per numero si intende più esattamente numero naturale (1, 2, 3, ...). Secondo la loro visione un po' mistica del mondo i pitagorici pensavano che tutta la realtà fosse riducibile a numeri, e attribuivano a molti di essi dei significati particolari.

Stavo pensando a come questa frase apparentemente così astratta abbia attualmente una curiosa rispondenza pratica nel nostro mondo tecnologico. Viviamo in un epoca in cui abbiamo effettivamente imparato che qualunque tipo di informazione può essere ridotta ad un numero. Un numero naturale, come quello inteso dai pitagorici. Immagini, suoni, filmati, libri, tutto può essere codificato in un'opportuna stringa di bit, quindi in un numero (più o meno grande, non importa). La "multimedialità", ovvero la convergenza di elementi audio-video-testuali in un unico punto (si pensi alle pagine web), è esattamente la conseguenza di questo fatto.

Si può generalizzare, e giocarci un po' su. Immaginiamo l'insieme dei caratteri tipografici (lettere maiuscole, minuscole, numeri, spazio, punteggiatura e caratteri speciali) e costruiamo la stringa (infinita) seguente: tutti i caratteri in fila, tutte le combinazioni di due caratteri (con ripetizioni), tutte le combinazioni di tre caratteri, ...., tutte le combinazioni di N caratteri, .... E' chiaro che ci vuole un po' di pazienza, ma da una stringa costruita in tal modo viene fuori qualunque libro già scritto e qualunque libro che verrà scritto in futuro. Se uso la codifica ASCII (o Unicode) questa stringa diventa semplicemente un numero (di lunghezza infinita). Viceversa possiamo prendere più semplicemente i due soli caratteri zero e uno, e costruire un numero (stringa di bit) di lunghezza infinita con lo stesso metodo: 0, 1, tutte le combinazioni di due bit, di tre bit, ...., di N bit, .... Dentro questo numero ci sono tutte le opere letterarie del passato e del futuro (in tutte le lingue), ma anche tutte le opere figurative, tutte le opere musicali, tutti i teoremi scoperti e da scoprire, tutti i risultati scientifici noti e non ancora noti, tutti i software possibili, ecc., ecc.

Si può ulteriormente generalizzare. Tutta la nostra conoscenza del mondo (arte, scienza) è informazione. Dunque può essere tutta archiviata e trasmessa come numero. Ma anche il codice genetico di un qualsiasi individuo è informazione. Anche la configurazione di tutte le particelle dell'universo in questo momento è informazione (ops, qui incappo nella meccanica quantistica, il gioco si fa pericoloso ....).

Forse il motto "tutto è numero" ha ancora un carattere mistico, ma il motto "tutto può essere rappresentato da un numero" comincia ad avere un senso preciso.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Forse vale la pena di citare Hardy da "Apologia di un matematico": "Se la curiosità intellettuale, l’orgoglio professionale e l’ambizione sono le spinte più forti al lavoro di ricerca, sicuramente nessuno ha più probabilità di un matematico di soddisfarle. La sua materia è la più strana di tutte e non ce n’è un’altra in cui la verità giochi dei tiri più singolari. È un settore che richiede la tecnica più elaborata e più affascinante e che spalanca occasioni ineguagliabili di dimostrare la più pura capacità professionale. Infine, come dimostra ampiamente la storia, l’opera matematica, quale che sia il suo valore intrinseco, è la più duratura di tutte.
Questo appare fin dalle grandi civiltà semistoriche. Le civiltà dei Babilonesi e degli Assiri sono morte, Hammurabi, Sargon e Nabucodonosor non sono che dei nomi, ma la matematica Babilonese ci interessa ancora; e la numerazione sessagesimale babilonese è ancora usata in astronomia. Ma naturalmente l’esempio decisivo è quello dei Greci.
I Greci sono stati i primi matematici di quella categoria che oggi consideriamo dei “veri” matematici. Mentre la matematica orientale può essere una curiosità interessante, la matematica greca è vera matematica. I Greci sono stati i primi a usare un linguaggio che i matematici moderni capiscono. Come mi disse Littlewood una volta, i Greci non sono dei bravi studenti o dei “candidati borsisti”, ma dei “colleghi di un’altra università”. Perciò la matematica greca è “perenne”, ancora più della letteratura greca. Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le lingue muoiono ma le idee matematiche no. “Immortalità” forse è una parola ingenua, ma un matematico ha più probabilità di chiunque altro di raggiungere quello che questa parola designa."

Sempre dello stesso libro mi ha colpito anche il seguente brano che contiene una frase forte, che sembra scritta apposta per quelli che fanno il "nostro" lavoro... (sigh)

"Per un matematico di professione è un’esperienza melanconica mettersi a scrivere sulla matematica. La funzione del matematico è quella di fare qualcosa, di dimostrare nuovi teoremi e non di parlare di ciò che è stato fatto da altri matematici o da lui stesso. Gli uomini politici disprezzano i giornalisti, i pittori disprezzano i critici d’arte, i fisiologi, i fisici e i matematici hanno, in genere, un sentimento analogo. Non c’è disprezzo più profondo né, tutto sommato, più giustificato di quello che gli uomini “che fanno” provano verso gli uomini “che spiegano”. Esposizione, critica, valutazione sono attività per cervelli mediocri."...

Rodolfo Trippetti ha detto...

A me già sembra una nobile attività quella di sforzarmi quotidianamente di capire bene quello che spiego. Devo essere proprio un cervello mediocre.
:-)