venerdì 28 novembre 2008

L'assurdità della Natura

Se si ragiona un po' sulle teorie quantistiche si perviene quasi sempre ad una situazione di disagio, determinata essenzialmente dal fatto che l'intuito, la rappresentazione per immagini e il buon senso, tipicamente falliscono nel tentativo di comprensione. Tutto ciò ha una spiegazione nel fatto che le teorie quantistiche indagano su aspetti del mondo che sono totalmente al di fuori della nostra esperienza sensibile, quella che nei milioni di anni di evoluzione ha formato il nostro intuito, la nostra capacità di rappresentazione per immagini e il nostro buon senso.

Comunque è dura da accettare, anche perchè una natura al di fuori del buon senso è una natura assurda. Conforta (manco tanto) il fatto che questa spiacevole sensazione sia condivisa dagli stessi scienziati, anche da quelli che queste teorie hanno contribuito a costruirle. Loro si sono tipicamente riparati dietro la frase "la teoria funziona, si accorda bene con gli esperimenti, questo è sufficiente".

Riporto a questo proposito una frase significativa di Richard Feynmann (rivolto ad una platea di non specialisti all'inizio di un suo seminario di carattere divulgativo in merito all'elettrodinamica quantistica): "Il punto essenziale non è se una teoria piaccia o non piaccia, ma se fornisce previsioni in accordo con gli esperimenti. Dal punto di vista del buon senso l'elettrodinamica quantistica descrive una natura assurda. Tuttavia è in perfetto accordo con i dati sperimentali. Mi auguro quindi che riuscirete ad accettare la Natura per quello che è: assurda."

martedì 25 novembre 2008

Elezioni politiche in USA

Alcuni giorni fa negli Stati Uniti si sono chiuse le elezioni politiche per la presidenza della Casa Bianca. A parte il risultato, mi piace sottolineare alcune caratteristiche del meccanismo elettivo americano:

  1. Ci sono solo due ampie parti politiche, abbastanza ben definite e distinte sulle visioni politiche di fondo, che si contendono la leadership del paese.
  2. Le inevitabili sfumature all'interno di ogni singola parte politica vengono risolte con le elezioni primarie, che lasciano in lizza un unico candidato per ciascuna parte su una rosa più o meno ampia.
  3. Le elezioni primarie sono autentiche, abbastanza imprevedibili e quindi risultano significative anche sul piano politico, determinanti per decidere le linee guida da portare alla Casa Bianca e la personalità politica che dovrà interpretarle al meglio.
  4. I due candidati scelti per la corsa finale si fronteggiano direttamente in varie occasioni, dando alla cittandinanza elementi concreti per una chiara e consapovole lettura delle politiche proposte.
  5. Il candidato perdente solitamente esce di scena e non si ripresenta alle elezioni successive.
  6. Il candidato perdente riconosce prontamente e lealmente il ruolo istituzionale dell'avversario (McCain, il perdente, nel suo discorso dopo le elezioni rivolgendosi ad Obama, il vincente, usa espressioni del tipo "il mio ex-avversario", "il mio Presidente").
  7. Dalla campagna elettorale sembra uscire un Paese fondamentalmente unito nello sforzo di darsi un governo che sia il migliore possibile.

Non voglio elogiare troppo il sistema politico statunitense ma sta di fatto che secondo me tutte queste caratteristiche sono, dal punto di vista di un italiano, decisamente invidiabili.

L'Italia dovrebbe avere probabilmente un senso di maggiore unità, che renderebbe intollerabili tutta una serie di schermaglie politiche di bassa lega tra fazioni e fazioncelle, permetterebbe al cittadino una migliore leggibilità delle proposte politiche, e forse potrebbe anche essere la chiave per un dialettica corretta tra maggioranza e opposizione.

domenica 16 novembre 2008

Il testamento biologico

Il caso di Eluana Englaro sembra che abbia ormai chiarito a tutti (spero) che in Italia c'è un vuoto legislativo in merito ai problemi, ormai sempre più frequenti, di accanimento terapeutico. Il fatto che siano sempre più frequenti è un'ovvia conseguenza del progresso tecnologico in campo medico.

Il problema è molto semplice (si fa per dire): si tratta in primo luogo di garantire un diritto fondamentale del cittadino che è quello di poter decidere in piena coscienza e libertà riguardo ai trattamenti sanitari e alle terapie farmacologiche e mediche sulla sua persona. Se ho il raffreddore devo poter decidere liberamente se curarlo oppure lasciare che la malattia faccia il suo corso, è mio diritto ricevere cure sanitarie solo se lo desidero. Allo stesso modo se sono un malato terminale e la tecnologia medica mi può offrire solo cure di mantenimento, alcune delle quali eventualmente di carattere invasivo, devo poter decidere liberamente se accettare queste cure o lasciare che la malattia faccia il suo corso.

Ovviamente il problema vero nasce al momento in cui il soggetto interessato non può prendere decisioni in quanto non è più cosciente. Si tratta di un vicolo cieco, in cui il soggetto non è più consultabile e la responsabilità di decisioni in merito alle terapie passano a familiari e medici. Questi ultimi possono solo indicare tutte le terapie possibili ed esprimere pareri strettamente tecnici sulla loro applicabilità ed efficacia, sempre avendo come obiettivo il mantenimento in vita del paziente. Oltre questo parere tecnico-scientifico non si può andare. Nessuno in genere può prendersi l'onere di fare delle scelte che attengono ad una sfera così personale e intima del diretto interessato, neanche i parenti più stretti, tantomeno lo Stato.

Il testamento biologico è un tentativo di superare l'empasse, facendo in modo che il cittadino scelga liberamente e in piena coscienza al momento in cui ancora lo può fare, chiamandolo quindi a fare delle scelte preventive in merito ad alcune situazioni in cui si può configurare il cosiddetto accanimento terapeutico. In questo senso il caso di Eluana Englaro è emblematico. Si sa che questa signora proprio poco prima di rimanere vittima di un grave incidente ha avuto occasione di vedere un suo amico a cui era occorsa la stessa sfortunatissima sorte, e in tale circostanza aveva espresso chiaramente ai genitori la ferma volontà di non voler rimanere in uno stato vegetativo irreversibile. Proprio in un caso del genere il testamento biologico dimostrerebbe tutta la sua efficacia.

Ci sono delle difficoltà e dei rischi legati ad una legge del genere, che ne rende molto delicata la discussione. Ad esempio occorre circoscrivere bene il campo di applicabilità del testamento biologico: cosa viene classificato come accanimento terapeutico? Questo significa anche limitare al massimo le situazioni ambigue: come interpretare la volontà del soggetto non più cosciente sulla base del suo testamento biologico nell'eventualità di una situazione particolare, magari nuova, non precedentemente classificata e quindi non prevista dal legislatore? Situazioni del genere possono prestare il fianco a tentativi di abuso delle volontà di un soggetto non più cosciente. Infine a me sembra necessario evitare nel testo di legge qualsiasi giudizio morale, dovendo semplicemente definire i confini entro cui il cittadino esercita la sua libertà di coscienza rispetto ad una sua condizione personale di salute. Quest'ultimo aspetto (sebbene a me paia evidente) è il meno tecnico e probabilmente il più difficile da ottenere.

E' tuttavia scontato che una società civile deve assicurare tutta l'assistenza possibile ai malati terminali e alle persone in grave stato di infermità o addirittura in stato vegetativo permanente che abbiano fatto la scelta di tentare tutte le terapie possibili per la loro guarigione o per il loro semplice mantenimento in vita, a qualunque condizione.

Speriamo di arrivare in tempi brevi ad una regolamentazione chiara ed efficacie di questi problemi che caratterizzano ormai tutte le società tecnologicamente avanzate.

mercoledì 12 novembre 2008

Maturità, vecchiaia

La mia età è caratterizzata da questi due aspetti, che vedo come strettamente collegati. La maturità consiste nell'aver raggiunto uno stato ben definito della personalità, una certa sicurezza nelle proprie convinzioni, nei propri valori, gusti, passioni, modi di pensare. Una sorta di processo di solidificazione della personalità. Ben diverso dal periodo della vita precedente in cui invece questa personalità è del tutto amorfa, fluida, in via di costruzione. Non è che non mi piaccia la maturità, anzi. Spesso ci si sente inscalfibili, e questo è un elemento affascinante. Poi tutto ciò è un'ovvia conseguenza del tempo che passa, dell'esperienza accumulata e delle scelte fatte, rimanere indefinitamente con lo spirito di un adolescente (il che poi significherebbe non fare mai delle scelte, o non prendere mai coscienza di averle fatte) è una cosa che semplicemente fa ridere.

Ma subito dopo aver acquistato una forma ben definita (e magari definitiva) che viene? E' indubbio che la maturità è anche una perdita di potenza. Tra un individuo adolescente e un individuo adulto c'è la stessa differenza che passa tra una cellula staminale e una differenziata. Avere una forte personalità significa anche non avere la voglia di cambiare, la forza di cambiare, la capacità di cambiare, la curiosità di cambiare. Credo che la vecchiaia sia fondamentalmente questo (oltre agli acciacchi).

Quindi ad occhio e croce mi trovo in un bordo, e dovrei mantenere l'equilibrio, se possibile. Fluidificare a vita è da scemi, solidificare del tutto pure.

sabato 1 novembre 2008

Riflessione sulla formazione tecnologica

Ho un problema ricorrente nel fare formazione tecnologica nel campo dell'informatica, e riguarda il modo stesso di farla. A mio avviso la formazione in questo campo dovrebbe puntare principalmente alla spiegazione delle infrastrutture tecnologiche e dei protocolli di cui fanno uso. A dirla così sembra una banalità ma in realtà la cosa si scontra con l'idea di formazione che invece spesso hanno le persone che frequentano questi corsi. In poche parole sembra che nella maggior parte dei casi le tecnologie e il loro funzionamento non interessino più di tanto chi è preposto alla gestione dei sistemi informatici, i quali hanno effettivamente a che fare con una moltitudine di problemi pratici che spesso sono connessi solo alle specifiche implementazioni o al prodotto con cui hanno a che fare. Queste persone finiscono per sviluppare interesse essenzialmente per i prodotti molto più che per le tecnologie, ma a me sembra chiaro che i prodotti non possono essere più di tanto oggetto di vera formazione. Quando questo succede la formazione che intendono i miei studenti si riduce di fatto ad una mera raccolta di workarounds accumulati con l'esperienza o con la lettura sistematica e intelligente delle varie knowledge bases pubblicate massicciamente dai produttori o dai loro partners sui loro siti web. La lettura veramente consapevole ed efficacie di molti di questi documenti presuppone spesso proprio la formazione che io intendo.

Faccio un esempio estremo: l'infrastruttura di autenticazione basata sul protocollo Kerberos. Per chi si occupi di sicurezza informatica comprendere i meccanismi di un protocollo di autenticazione è estremamente importante, a maggior ragione se si sta parlando di uno dei protocolli più diffusi come appunto Kerberos. Il problema è che la sua implementazione si può presentare più o meno come una black-box (ad esempio nei server Windows, dove effettivamente i parametri di configurazione sono veramente pochi e poco significativi dal punto di vista pratico). Per cui molto spesso l'atteggiamento di chi viene ad imparare è: "okay, il kerberos esiste, si chiama così e funziona, passiamo oltre....". Poi però scopri che quelle stesse persone che vogliono evitare approfondimenti concettuali che "professionalmente non servono" non sanno esattamente per quale motivo devono fare configurazioni particolari per applicativi che hanno un'architettura front-end/back-end e quando gli spieghi che queste configurazioni particolari servono di fatto a far funzionare correttamente la delega delle credenziali, caratteristica tipica dell'autenticazione Kerberos, non si mostrano neanche troppo interessati, visto che loro bene o male il problema lo avevano già risolto applicando fedelmente le indicazioni della user guide dell'applicativo.... Per me tutto questo è inaccettabile e istintivamente cerco di combatterlo ma le conseguenze in certi casi possono essere disastrose dal punto di vista del gradimento del corso.

Proporre una formazione con un taglio essenzialmente differente da quello che la maggior parte degli studenti si aspetta comporta spesso un rischio eccessivo, che va calcolato. Rinunciare completamente a dare questo taglio è una cosa a cui non riesco a rassegnarmi e che in definitiva non mi sembra faccia onore a questa attività. L'insegnamento diventa quindi un gioco di equilibrio tra queste due visioni differenti, e in un certo senso complementari. Forse questa deve essere un'abilità tipica dell'insegnante in questo campo.