La tradizione occidentale ha portato nel corso di alcuni secoli questo modo di far musica al suo massimo grado. La separazione tra compositore e interprete è ad oggi praticamente completa, in particolare con la specializzazione professionale dell'attività di interprete, spinta probabilmente sia dall'immensa letteratura musicale a cui possiamo attingere sia dalla pratica dell'incisione discografica.
Esiste però un altro modo di fare musica, che è quello di suonarla direttamente, senza passare per una complessa fase di elaborazione e progettazione preliminare. Più esattamente in questo tipo di musica si tende ad unificare la parte compositiva con quella esecutiva in un unico momento, che è quello appunto in cui si suona. Ovviamente i gradi di libertà dell'esecutore in questo caso sono estremamente superiori a quelli della musica scritta, e l'esecutore diventa a pieno titolo anche compositore. La prassi cambia radicalmente e si parla in genere di musica improvvisata. E' chiaro che è molto difficile se non impossibile improvvisare partendo dal nulla, specialmente nella musica d'insieme. E infatti in questo tipo di musica si parte comunque da uno spunto iniziale, in genere sia tematico che armonico, ritmico e strutturale. Il rapporto tra obbligato e improvvisato può variare moltissimo da un brano all'altro e in genere non è chiaramente definito neppure all'interno dello stesso brano. In pratica tutti i parametri musicali del pezzo che si sta suonando possono subire una rielaborazione contingente, che dipende cioè da quello che avviene durante l'esecuzione stessa. L'esecuzione è unica, non ripetibile per definizione, eventualmente è registrabile. L'improvvisazione è dunque proprio un modo di fare musica.
Nella storia musicale europea si è fatto uso dell'improvvisazione, ma col tempo è stata relegata a pratiche musicali considerate minori, probabilmente perchè la musica scritta ha il vantaggio di permettere una più complessa costruzione architettonica e anche di poter essere fedelmente tramandata ai posteri (non essendo disponibili tecniche di registrazione).
Nella storia musicale europea si è fatto uso dell'improvvisazione, ma col tempo è stata relegata a pratiche musicali considerate minori, probabilmente perchè la musica scritta ha il vantaggio di permettere una più complessa costruzione architettonica e anche di poter essere fedelmente tramandata ai posteri (non essendo disponibili tecniche di registrazione).
L'uso dell'improvvisazione è rientrata nelle pratiche musicali dell'occidente con il jazz, a partire dall'inizio del novecento. Il jazz ha origini piuttosto complesse ma nettamente distinte dalla tradizione classica, con la quale è poi ovviamente entrata subito in contatto. Si tratta cioè di una cultura musicale differente, con le sue specificità, che sin dall'inizio non ha fatto distinzione tra esecuzione e composizione e che non ha mai utilizzato tecniche di scrittura musicale particolarmente raffinate, quali si incontrano nella musica classica. Il suo sviluppo, la sua storia e la sua memoria culturale sono intimamente collegate al concomitante sviluppo delle tecniche di registrazione e conservazione dei documenti musicali.
Nel corso del suo sviluppo il jazz si è progressivamente avvicinato alla musica scritta e alla sua tradizione e ormai sono abbastanza frequenti i musicisti, inizialmente di estrazione jazzistica, che si cimentano con la musica classica eseguendola, rielaborandola in improvvisazioni o più in generale utilizzandola come background culturale e come fonte di ispirazione del proprio lavoro. Lo stesso non mi pare si possa dire dei musicisti di estrazione classica, che in questo hanno dimostrato e dimostrano una maggiore rigidità e un'eccessiva "purezza" culturale.