lunedì 24 gennaio 2011

Inspiegabile inerzia

Non ho nessuna voglia di parlare della situazione politica italiana. Non c'è niente da aggiungere. Sarebbe meglio pensare ad altro, per una questione di serenità personale. Seguire le notizie è talmente frustrante ...

Giorni fa però in uno dei tanti dibattiti televisivi inutili (di quelli in cui alcuni parlano di cose scandalose evidenti, su cui non ci sarebbe nulla da dibattere, e altri sbraitano e si agitano, credo al solo scopo di ottenere un clima infuocato, tipico di uno scontro dialettico di sostanza, ma senza la sostanza!) viene mostrato un sondaggio che chiedeva agli italiani di esprimersi su "quale leader politico italiano le ispira più fiducia". Al primo posto di questo sondaggio c'era Silvio Berlusconi. Chi presentava il sondaggio sottolineava il calo di alcuni punti percentuali di questo gradimento, ma la notizia rimaneva che circa un italiano su quattro considera Berlusconi il politico più fidato, lasciando tutti gli altri su percentuali sensibilmente più basse.

Faccio veramente fatica a capire l'inerzia dei cittadini italiani, e questa mia difficoltà rende l'argomento piuttosto interessante. Ricordo che ai tempi della prima repubblica, quando ancora c'era un sistema elettorale proporzionale, ad ogni tornata elettorale stavo lì a sentirmi tutti quei politici che discutevano sul fatto che quel tal partito aveva guadagnato lo 0,8 %, o il tal altro aveva perso lo 0,3 %, e così via. Dietro c'era una situazione politica generale che rimaneva drammaticamente sempre la stessa. Anni e anni di votazioni che non cambiavano nulla nella sostanza. Avevo la sensazione che si fosse in una situazione di democrazia ingessata, in cui la cittadinanza risultava di fatto estromessa dalla concreta possibilità di influenzare il potere.

Ho sempre considerato positivo il passaggio al maggioritario per questo motivo. Sarà una considerazione troppo semplicistica ma mi piace l'idea che il panorama politico (sia in termini di cittadinanza che in termini di rappresentanza politica) sia diviso in due grosse fazioni principali, destra e sinistra. E che la più rappresentativa (in termini di voti) governi sotto il controllo dell'altra, meno rappresentativa ma non così tanto meno (e che alla prossima tornata elettorale potrebbe tranqillamente arrivare a governare). Il buon funzionamento di tutti i meccanismi di controllo di chi esercita il potere è fondamentale in democrazia, e l'opposizione politica rappresentata in parlamento è probabilmente il meccanismo di controllo più importante. Ma fare l'opposizione non può diventare un mestiere, non può essere il fine ultimo di una fazione politica. Idem per l'attività di governo. Ogni fazione deve dare prova ai propri elettori sia di capacità di governo che di opposizione.

Oggi formalmente abbiamo un maggioritario ma lo stato di inerzia se possibile mi sembra addirittura peggiore. L'impressione è che oggi il nostro capo del governo in carica possa fare qualsiasi cosa, anzi, possa non fare qualsiasi cosa. Comunque agisca la prossima tornata elettorale sarà molto probabilmente a suo favore. Gli spostamenti sui sondaggi mi sembrano ancora minimi e tutti recuperabili in fase di campagna elettorale. E' già successo. Il governo in carica ha ampiamente dimostrato un divario enorme tra quello che dice o ha detto e quello che effettivamente riesce a fare, eppure i flussi elettorali da una parte all'altra, che in molti altri Stati si verificano puntualmente, qui sembrano non esserci (o non essere mai sufficienti).

Il degrado morale espresso dall'attuale destra di governo è letteralmente insopportabile. Immagino che molti elettori di destra avranno gravi problemi a riconfermarla tout-court con il prossimo voto. O no? E' mai possibile, pur essendo elettori di destra, sentirsi rappresentati degnamente da molti dei politici attualmente al governo, e in primo luogo dal suo Primo Ministro, soprattutto adesso che una parte della destra si è sganciata e tenta di presentarsi come alternativa? A occhio e croce la situazione dovrebbe essere più che sufficiente per spostare molti voti dall'altra parte. Perchè non succede?

Ecco, quello che mi interessa di più è ragionare su questa inerzia dei cittadini italiani e trovare delle spiegazioni plausibili.

P.S.: mi sembra stia venendo fuori un'altra inerzia, non dei cittadini ma della classe politica, che è quella della destra di governo a cambiare il suo leader; chi ci ha provato è stato allontanato. Ultimamente però è palese che le questioni personali di Berlusconi stanno sempre di più danneggiando la visibilità della politica del governo, e continuare a scommettere su di lui può rivelarsi un serio rischio. Eppure in molte trasmissioni televisive e su alcuni giornali si assiste a delle prese di posizione in difesa del premier che rasentano il grottesco. Ma perchè la destra non mette da parte il suo leader? Può farlo, credo che abbiano (dal loro punto di vista) delle valide personalità politiche alternative. Anche questa è una questione a cui prestare attenzione.

sabato 15 gennaio 2011

Raccolta differenziata e senso civico

Da alcuni mesi nel mio quartiere è stata attivata una nuova raccolta differenziata che include anche l'umido. Si tratta di separare dall'indifferenziato (non riciclabile) un 30% circa di rifiuti alimentari e organici, che possono essere trasformati in compost, un fertilizzante naturale utilizzabile in agricoltura.

Dovrebbe essere ovvio che si tratta di una cosa molto importante. Nelle grandi città quello dello smaltimento e riciclaggio dei rifiuti è uno dei problemi più delicati. Tuttavia l'eccesso di individualismo che si sviluppa in modo naturale proprio nelle grandi città rema contro questo problema (e contro diversi altri problemi). In una società complessa e strutturata tutto quello che riguarda la comunità tende ad essere avvertito come estraneo, anzi, il concetto stesso di comunità è poco percepito. In tal caso le tecniche di raccolta differenziata, con le loro oggettive difficoltà di applicazione, vengono percepite da molti come una gran rottura di scatole. Il problema è quello di tirar fuori il prima possibile la merda dal proprio appartamento, quello che succede dopo è secondario, e soprattutto è una seccatura doverlo prendere in considerazione. Questo almeno fino a che la merda non ti arriva fino al collo (vedi Napoli, ma la situazione di Roma non è poi molto migliore).

Io e mia moglie abbiamo involontariamente raccolto parecchie "voci di malcontento" su questo nuovo metodo di raccolta dei rifiuti, sia da condomini che da persone del quartiere: perchè bisogna rispettare gli orari di raccolta, perchè se ti sfugge l'orario non puoi gettare nè l'umido nè l'indifferenziata e ti devi tenere la busta fino al giorno dopo, perchè "tanto poi si sa che è tutto finto e che non riciclano niente", e via di questo passo. Il giorno seguente la consegna dei cestini areati e delle buste per l'umido abbiamo trovato uno di questi cestini poggiato a fianco al contenitore dell'indifferenziata (che ancora c'era), come un rifiuto qualsiasi ... che simpatico gesto di ironia ...

In questo nuovo metodo di raccolta manca un particolare, di difficile gestione in una grossa città, lo ammetto: ogni singolo cittadino (famiglia) dovrebbe essere controllato nella quantità di rifiuti indifferenziati che produce, e pagare la tassa sui rifiuti in misura proporzionale. Tanto si sa che l'unico valore condiviso è quello dei soldi, e togliere a un po' di gente la possibilità di comprarsi alla fine del mese il cellulare nuovo con cui atteggiarsi a persone civili e tecnologiche può essere un buon incentivo a comportarsi meglio. Anche se è chiaro che il senso civico non è una cosa che può essere estorta col denaro, purtroppo.

martedì 11 gennaio 2011

Modelli sociali vecchi e nuovi

Io ho cominciato a lavorare quando ancora si parlava di yuppismo (ancora per poco, il vero yuppismo era degli anni ottanta). In qualche piccolo frangente della mia attività ho avuto modo di osservare più da vicino questo stereotipo. In particolare ricordo un breve periodo (pochi giorni) in cui mi capitò di veder lavorare alcuni giovani impiegati della McKinsey. Arrivavo che erano già tutti sul posto di lavoro, me ne andavo che erano ancora tutti lì, anzi, stavano carburando ...
I ragazzi non di Roma si informavano sui locali notturni della zona. L'ambiente di lavoro era insopportabilmente competitivo, tutti "facevano team" (come dettato dalla filosofia aziendale) ma senza una vera cordialità (questo spesso si capiva dal livello dei pettegolezzi che giravano). Come si dice: da nessuno di loro avrei mai comprato una macchina usata.
Una delle cose più ridicole che ricordo è che tutti quanti venivano in ufficio in giacca e cravatta (bei completi, molti anche con il panciotto) ma se venivano in ufficio di sabato, e per quello che ho capito succedeva spesso (anche a me capitò una volta, purtroppo), vestivano tutti "casual", che significa, ovviamente, vestiti con maglioncino e scarpe da tennis, ma tutto rigorosamente firmato e costoso. Un delirio.

Effettivamente quello che si percepiva era un vero e proprio modello sociale (supportato da un linguaggio ben preciso, verbale e non) a cui tutti si uniformavano naturalmente, senza troppe difficoltà. Da giovani lo spirito di emulazione e la voglia di abbracciare una qualche filosofia di vita, per quanto aberrante, è sempre molto forte. Ed è su questi istinti che si costruisce un modello sociale.

Ma alla fine, lo scopo principale di tutto ciò qual'era? Quello di far lavorare dei poveri cristi per almeno 12 ore al giorno ... e farglielo fare contenti. Sentirsi fichi nei propri panni è un elemento fondamentale per far digerire un modello sociale. La controparte per questo lavoro da somari? Pochi soldi all'inizio ma promesse di una brillante carriera nel mondo dei "grandi professionisti", che alla fine significa gente che guadagna tanto. E cosa fa un grande professionista dopo 12-14 ore di lavoro? Consuma champagne e va a puttane, non ha tempo per fare molto altro (ah si, va in palestra a coltivare il fisico). Credo che molti di quegli yuppies siano attualmente la nostra classe dirigente, tenacemente abbarbicata alla propria sedia.

Negli ultimi anni mi sembra emergere in Italia un nuovo modo di pensare, altrettanto aberrante, secondo me. Quella del giovane brillante che conosce le lingue e va a lavorare all'estero. La dura realtà credo che sia abbastanza ovvia: un'intera generazione di italiani si prepara ad espatriare per poter campare decentemente, e la generazione precedente (la mia) lo ha già fatto in buona parte. Ma non vorrei che questa cosa, che in sè è disastrosa, si cominciasse a presentare come una cosa da "fichi", come il vecchio yuppismo. Staremo a vedere.