martedì 26 giugno 2012

Io mi farei delle domande

La notizia di una bocciatura in seconda media mi ha fatto pensare. Più che altro ho pensato subito a come avrei reagito io come genitore. La cosa non è facile da immaginare. Ed è pure troppo facile da criticare, standone fuori. Quello che mi interessa me lo appunto qui, come promemoria (ma spero che non mi servirà in futuro ... :-)).

Io mi farei le seguenti domande:

1. E' arrivato alla bocciatura in modo consapevole o del tutto incosciente? La bocciatura è stata in buona parte un evento inaspettato e incontrollato? In questo caso la seconda domanda sarebbe "io dove stavo?". Ci sono varie sfumature tra l'opprimere i ragazzi con i nostri schemi di pensiero (che pure è un problema) e abbandonarli a costruirseli tutti da soli. E' necessario trovare un equilibrio difficile. Non ha senso controllare la sua crescita come fosse un bonsai, ma se sta per fare quella che io ritengo essere una bella cazzata è bene parlarne, e per tempo. Probabilmente la chiave di volta per evitare i due estremi sta soprattutto nel non fare muro tra la propria visione della vita e la loro, certamente diversa.

2. Ma supponiamo invece che la bocciatura sia in una certa misura il risultato di una scelta. Questo non può che significare che tale bocciatura viene percepita come un fatto secondario nella propria vita. La riflessione cambia direzione e la domanda diventa "come è possibile che non percepisca il valore della scuola?". Ma poi riprende gli stessi binari della precedente: "dove stavo io quando ha cominciato a maturare questa pericolosa indifferenza?". Se ripenso alle mie vecchie compagne di classe delle medie, ripetenti, mi vengono in mente persone più o meno in gamba come tutti ma che erano arrivate a vivere la realtà scolastica, e lo studio in generale (oddio!) come una cosa "esterna" alla loro vita.

Tra i 10 e i 20 anni (ragionando a spanne) si matura il pensiero razionale che, se ben coltivato, ci porta pian piano ad avere una nostra visione del mondo. Nostra e non di altri. Cosa vuol dire "ben coltivato"? L'ambiente in cui maturiamo credo debba favorire la curiosità, l'intuizione, lo spirito di osservazione, l'esercizio, lo studio, la conoscenza della nostra storia culturale. In questo elenco c'è uno spartiacque: le prime tre voci sono in buona misura elementi innati e certamente molto importanti ma le ultime tre (tutte da costruire col tempo) danno spessore e profondità al nostro pensiero. Le mie compagne di classe, certamente curiose e intuitive, hanno però avuto la sfortuna di perdersi questo pezzo di educazione. E con esso una parte della loro libertà.