sabato 30 gennaio 2016

Familiae Naturalis Principia Mathematica

Non riesco neppure ad essere serio nel dire qualcosa sulla questione della legge Cirinnà, quella che dovrebbe finalmente anche in Italia garantire alle cosiddette unioni civili almeno un po' dei diritti di cui godono i matrimoni di derivazione cattolica definiti nella costituzione. E' sufficiente guardare il titolo del post per capirlo.

Eppure il titolo nella sua cretinaggine vuole sottolineare un punto per me importante: mi sembra che in questa questione dei matrimoni e dell'idea di famiglia ci sia sotto anche qualcosa che riguarda la scienza. Capisco che torno sempre sulle stesse cose ma sono sicuro che se nella nostra società fosse un po' più presente e diffusa la cultura scientifica questa roba da ridere non sarebbe per giorni e giorni su tutti i giornali, tv, social, ecc.

La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società. Qui il termine naturale è usato dagli oppositori della legge Cirinnà per indicare la famiglia composta da un papà (maschio) e da una mamma (femmina). La cosa più buffa è che suona come un grande principio della natura, e le intenzioni che suoni proprio così mi sembrano evidenti.

Un principio però, almeno nella sua accezione di termine scientifico (ma non fa mai male circoscrivere il significato dei termini anzichè renderli indeterminati spalmandoli su più significati) è un'ipotesi sul mondo ampiamente verificata in tutti i casi che l'esperienza (sempre limitata) ha consentito fino a questo momento. Si parte dall'osservazione di una nutrita schiera di fatti che per se stessi sono naturali, e se ne deduce un'affermazione generale, che successivamente continua a dover essere riscontrata ovunque le previsioni (e nuove esperienze) ci suggeriscano. E' vero, normalmente l'affermazione generale più che dedotta è immaginata (secondo i percorsi più strani, spesso ben lontani da una pura logica deduttiva) ma la sua importanza risiede sempre nella capacità di descrivere la natura. E se non lo fa bene può sempre essere corretta.

Il principio della famiglia naturale (chiamiamolo brevemente così) cade miseramente nel confronto con la realtà, e nella sua pretesa di descrivere la natura delle cose. La natura complessa della socialità umana è ben difficile da descrivere interamente attraverso il principio della famiglia naturale. Come ipotesi scientifica fa schifo, diciamocelo.

Il punto è evidentemente che chi parla del principio della famiglia naturale parte dal principio e non dall'osservazione della natura. Non è importante guardare la natura e provare a capirla, è importante stabilire a priori che cosa è "naturale". Questo si chiama pensiero dogmatico. Ovviamente si può pure impostare la propria vita sulla base di dogmi (che vengano da dottrine religiose o da qualcos'altro) ma non chiamarli esplicitamente con il loro nome e far passare l'idea (mai troppo esplicitata anche quella) che si stia parlando di principi della natura, e per questo evidenti non solo all'uomo di fede ma anche all'uomo razionale, rivela la volontà di mascherare i dogmi in maniera subdola con qualcosa di più morbido e digeribile, e universale. E' bene smascherare questo comportamento intellettualmente scorretto.

martedì 26 gennaio 2016

Scoperte

Mi pare di capire che verso i dodici anni si scoprono le volgarità, almeno quelle delle parolacce, dei gestacci e dei termini scurrili. Ad un genitore fa effetto. Il cambiamento è difficilmente digeribile, anche perché spesso queste volgarità sono ostentate. Niente di nuovo, abbiamo fatto lo stesso, più o meno alla stessa età e negli stessi modi. Però da fastidio. Ho la sensazione che un genitore non può far altro che accettare questa novità, magari cercando di contrastarla ogni volta che se ne presenta l'occasione, ma senza fare troppe battaglie di principio sulla buona educazione. Credo che sia una scoperta, e che in tal senso vada sperimentata. Devono sperimentare il linguaggio volgare per imparare a controllarlo. Spero.

mercoledì 6 gennaio 2016

Probabilità e intuito

La probabilità è un concetto che sembra scaturire dal buonsenso. In molti casi sembra un fatto quasi istintivo, che renderebbe superflua sia una sua precisa definizione sia una sua valutazione quantitativa. Spesso può sembrare sufficiente affermare con ragionevolezza che una certa cosa è più probabile di un'altra. Laplace, che contribuì molto alla formalizzazione del concetto di probabilità, diceva che "La teoria della probabilità non è in fondo che il buon senso ridotto a calcolo: essa fa apprezzare con precisione ciò che gli spiriti giusti sentono per una sorta di istinto, senza che essi possano, sovente, rendersene conto".

Poi però la probabilità ha degli aspetti che possono essere piuttosto controintuitivi. Un esempio classico che mostra quanto il concetto di probabilità possa essere scivoloso quando lo si maneggia è il cosiddetto Problema di Monty Hall. Si può formulare alla maniera seguente. E' un gioco a premi che consiste in tre scatole identiche. Il premio è contenuto in una sola scatola. Il concorrente è invitato a sceglierne una. Ad esempio sceglie la numero 1. Il conduttore del gioco (che sa qual è la scatola con il premio) apre una delle due scatole rimanenti (la numero 2 o la numero 3) e mostra che è vuota. A questo punto il conduttore dà al concorrente la possibilità di cambiare la scatola scelta (la 2 se il conduttore ha aperto la 3). La domanda è: cambiare la scatola scelta a questo punto del gioco conviene oppure è indifferente?

La risposta, non ovvia, è che conviene farlo in quanto raddoppia le probabilità di vincita (che passano da 1/3 a 2/3). La soluzione si ottiene costruendo l'albero di gioco che è strettamente legato alla sua dinamica, cioè al susseguirsi degli eventi. Infatti, se si fa intervenire un secondo giocatore mostrando la situazione al punto in cui il conduttore del gioco ha aperto una delle tre scatole questo giocatore avrà la possibilità di scegliere tra le due sole scatole rimanenti e la sua probabilità di vincita sarà comunque pari a 1/2. Questo succede perchè, come dice Marilyn vos Savant (la prima a risolvere il problema di Monty Hall) il secondo concorrente non gode del vantaggio che ha invece il primo concorrente: l'aiuto del conduttore. Se il premio è dentro la seconda scatola, il conduttore ti fa vedere la terza, se è dentro la terza, ti fa vedere la seconda. Quindi se cambi scatola vinci se il premio è dentro la seconda o la terza. Vinci in un caso o nell'altro! Se invece non cambi scatola, vinci soltanto se il premio è dentro la prima scatola. Un modo escogitato dalla Savant per recuperare un po' di intuito nel problema è quello di proporne una variante con un numero spropositato di scatole. Immaginate un milione di scatole. Voi scegliete la scatola numero 1 e a questo punto il conduttore, che sa cosa c'è dentro ogni scatola e non vuole farvi vincere, apre tutte le altre tranne la numero 777.777. Non esitereste un attimo a cambiare la scatola, vero?

Il nocciolo della questione messa in luce da questo problema è che la probabilità non va mai considerata come una proprietà connessa alle cose bensì alla quantità di informazioni che abbiamo su quelle cose. Se durante l'evolversi di un sistema vengono aggiunte informazioni su di esso le probabilità possono cambiare e con loro le decisioni da prendere. Da qualche parte ho letto che "La probabilità non si riferisce al sistema in sé, bensì alla conoscenza che si ha di questo sistema. La probabilità è la gestione oculata e razionale di questa ignoranza. Fra certezza e totale incertezza vi è un prezioso spazio intermedio".

Un altro esempio interessante è il Paradosso di Ellsberg. Si tratta di un test fatto ad un campione di persone. Queste vengono messe di fronte a due urne identiche. La prima contiene 100 palline di cui 50 rosse e 50 bianche. La seconda contiene sempre 100 palline ma la loro distribuzione in bianche e rosse non è nota e quindi potrebbe essere qualunque. Se si estrae una pallina rossa da una delle due urne a scelta si ottiene un premio. Si deve decidere tra 3 alternative:
1. scegliere di estrarre una pallina dalla prima urna;
2. scegliere di estrarre una pallina dalla seconda urna;
3. essere indifferenti alla scelta tra le due urne.
La maggior parte delle persone sottoposte al gioco sceglie l'alternativa 1. Il bello è che le stesse persone, sottoposte subito dopo allo stesso gioco in cui si ha esattamente la stessa cosa ma il premio viene dato se si estrae una pallina bianca, scelgono anche questa volta l'alternativa 1. La risposta corretta in termini di probabilità sarebbe in entrambi i casi la 3.

In questo test il punto messo in luce è che a livello psicologico si ha la sensazione di avere una maggiore informazione sulla prima urna. Di fatto è così, ma questa informazione non è rilevante ai fini della probabilità di estrarre una pallina rossa o bianca, o meglio non sbilancia la probabilità a favore dell'una o dell'altra, rendendo da questo punto di vista le due urne esattamente identiche. La sensazione psicologica è talmente forte che il partecipante fa un doppio errore, cioè sceglie di nuovo la prima urna quando si scambia la pallina rossa con la bianca. Questa cosa dovrebbe proprio suggerire che in realtà il problema è simmetrico e che quindi la scelta delle urne è indifferente, ma il partecipante non se ne accorge.

In entrambi questi esempi il concetto di probabilità non appare così intuitivo come sembrerebbe e va analizzato con attenzione se si vuole giungere alla corretta soluzione.