lunedì 5 febbraio 2018

La regola della cosa

La conoscenza è soprattutto un fatto sociale, almeno così secondo me andrebbe visto. Le proprie conoscenze personali sono sempre un riflesso di quelle della società in cui viviamo e della sua storia, a cui evidentemente possiamo dare o no un contributo originale significativo. Tra l'altro in molte circostanze è proprio la storia di questa conoscenza uno degli elementi che più può indurre un sentimento di appartenenza e di comunione con gli altri e che può annullare sentimenti xenofobi tra i popoli.

Sto leggendo un libro sull'algebra e sulle sue origini. Mi scorrono sotto gli occhi nomi complicati, indiani e arabi, lontani dalla cultura classica, greca e latina, con cui ho certamente maggiore familiarità. Sono nomi che oggigiorno hanno un suono sinistro, evocano terre devastate da guerre e da terrorismo, cumuli di macerie materiali e culturali. Territori nemici della nostra civiltà e del nostro progresso. Con queste brutte immagini in testa leggere di Baghdad come della più grande città del mondo, fiorente centro culturale del medioriente, ricco di scienza e di tecnologia, in gran parte ricavate dall'osmosi culturale avuta con la Grecia ellenistica, fa un grande effetto. Certo, sono cose che bene o male si sanno, ma rileggerle ogni tanto fa bene, soprattutto di questi tempi. Il travaso di conoscenze dal mondo greco ellenistico a quello indo-arabo e poi di nuovo verso la nostra civiltà medioevale e rinascimentale alimenta un benefico sentimento di comunione e di profondo rispetto che dovremmo sempre tener presente quando si parla dell'Islam.

Quando al-Khwarizmi scrive i suoi trattati sull'algebra nel nono secolo introduce per la prima volta il concetto di incognita, ovvero di una quantità che rientra nelle relazioni come non specificata, solamente indicata, per poi riuscire a determinarla attraverso passaggi ben definiti e codificati nelle relazioni scritte che formalizzano un problema. L'incognita è designata con il termine al-Shay, che significa la cosa. Un termine alternativo utilizzato è jidhr che significa radice di un albero. Come scrivono gli autori del libro che sto leggendo "il fatto stesso di aver introdotto una parola per indicare ciò che non si conosce permette di utilzzare l'ignoto come se fosse noto, operando con esso come si opera con i numeri conosciuti. [...] Tale termine, nei grammatici contemporanei di al-Khwarizmi, designa 'il più indefinito degli indefiniti', e in teologia al-Shay, attribuito a Dio, rimanda ad una esistenza sicura la cui conoscenza è tuttavia indeterminata".

Quando le opere scientifiche arabe cominceranno ad essere diffuse nel mondo occidentale, in special modo in Italia, attraverso le traduzioni in latino e in volgare, il termine al-Shay verrà tradotto con res e in volgare con cosa, tanto che nel tempo l'algebra sarà anche chiamata in italiano la regola della cosa. L'altro termine invece, jidhr, verrà tradotto con radix e in italiano radice, termine che andrà via via assumendo il significato di soluzione di un'equazione algebrica.

Il trattato di algebra più importante scritto da al-Khwarizmi fra l'813 e l'833 ha il titolo originale Kitab al-jabr wa al-muqabala ed è considerato l'atto di nascita di questa disciplina. Le parole del titolo, al-jabr e al-muqabala, descrivono due procedure di calcolo per semplificare un'equazione algebrica: al-jabr, che significa restaurare, aggiustare, riparare, consiste nell'aggiungere nei due membri dell'equazione uno stesso termine. La parola al-muqabala, che significa confrontare, consiste nel togliere uno stesso termine dai due membri dell'equazione per poterli collocare nella stessa parte. L'algebra non è altro che una serie di al-jabr e al-muqabala su un'espressione che dipende da una cosa allo scopo di determinarne il valore. I due termini il più delle volte non verranno tradotti nelle versioni latine e italiane che si diffonderanno a partire dal medioevo, in particolare il termine al-jabr si trasformerà più volte nelle varie traduzioni fino a stabilizzarsi nel termine algebra.

Tutto questo ce lo hanno insegnato i grandi scienziati dell'Islam. Un po' di rispetto per favore.