domenica 22 giugno 2014

Golliwogg's Cakewalk

Ieri sono andato a sentire un concerto amatoriale in cui suonava mia nipote di 16 anni. Il caso ha voluto che la sua insegnante di pianoforte sia la moglie della persona che circa 35 anni fa mi ha dato le sue e le mie prime lezioni di musica. Ieri sera erano tutti lì a suonare. Il repertorio era tra il classico e il popolare e c'era una bella atmosfera, quella di chi si diverte a fare musica senza essere un professionista. Mia nipote oltre ad alcuni pezzi suonati insieme ad altri portava anche un pezzo solista, l'ultimo brano del Children's Corner di Debussy, Golliwogg's Cakewalk (1913).

Ricordo che aveva la copertina gialla. Probabilmente lo comprai in seguito ad una serata a casa di un collega universitario che era anche un pianista. Quella sera accennò alcuni di questi pezzi, forse anche l'ultimo. Erano molto belli. Insieme alle Images sono i pezzi di Debussy che mi sono rimasti più nella memoria. Avevo già abbandonato lo studio sistematico del pianoforte ma coltivavo l'idea (invero un po' ridicola) di poter continuare a suonare. Purtroppo la mia insegnante anni prima mi aveva imposto una scaletta di studi rigorosamente orientata ai programmi di conservatorio e questo alla lunga si è rivelata per me una scelta sbagliata: da una parte niente esami e dall'altra nessuna esperienza dilettantistica divertente. Soprattutto nessuna esperienza musicale sociale.

L'ortodossia di quel mio periodo di studi pianistici ha certamente giocato un ruolo negativo anche nell'approccio ai brani. Ricordo che mi sorprese sentire il mio collega universitario sostenere che lui non faceva mai studi di pura tecnica, ma superava le difficoltà tecniche direttamente sui pezzi di musica vera. Suonava direttamente, senza estenuanti studi preparatori. Io portai a casa la mia raccolta dei Children's Corner, constatai che erano piuttosto impegnativi (soprattutto per uno che non aveva più il fiato sul collo di un'insegnante) ma forse feci l'errore (l'errore?) di ascoltare la registrazione di questi pezzi suonati da Arturo Benedetti Michelangeli (una versione è questa). Era impossibile anche solo avvicinarsi a quel tipo di esecuzione. La mia era una vera schifezza. Ma perché me ne doveva fregare? Perché avrebbe dovuto scoraggiarmi? Un atteggiamento ridicolo ed esagerato, col senno di poi.

Sono contento di aver sentito l'insegnante di mia nipote sostenere che l'importante è imparare a suonare insieme agli altri e che i pezzi solistici "bene o male" comunque si fanno, e senza farsi troppi problemi. Un concetto che forse tradisce un approccio in parte dilettantesco, ma le attività amatoriali e dilettantistiche sono un aspetto molto importante della cultura di una persona, non c'è dubbio. Un bel concerto. Bravi tutti.

lunedì 2 giugno 2014

2001: Odissea nello spazio

Non so come ma pensavo che il famoso film di Kubrick non avesse un parallelo letterario altrettanto affascinante. Ricordavo che l'ispirazione del film era stato un piccolo racconto di Arthur C. Clarke intitolato "The Sentinel" ma credevo che questo fosse tutto. Fino al giorno in cui in una delle mie solite passeggiate alla libreria Feltrinelli mi sono imbattuto nel romanzo di Clarke. Non mi quadrava che si intitolasse come il film, che non fosse una piccola novella di poche pagine. Quindi l'ho comprato. Ovviamente è bastata una veloce consultazione su Internet per mettere bene a nudo la mia crassa ignoranza in merito a questa questione. Sceneggiatura del film e romanzo sono nati praticamente assieme e portati avanti in parallelo da Clarke (la sceneggiatura del film ovviamente insieme a Kubrick). Superficialità imperdonabile la mia.

La lettura del romanzo mi ha impressionato molto, ho ritrovato lo stesso grande fascino del film. Certo è difficile prescindere da quelle immagini e da quelle musiche incredibili ma il racconto di Clarke è efficacissimo e in un certo senso complementare al film. Dove il film è (forse necessariamente) vago e astratto il romanzo è più dettagliato e avvincente. Le descrizioni sulle pagine del romanzo non possono avere lo stesso impatto e la stessa immediatezza di quelle del film ma hanno comunque una loro grande capacità visionaria. Mi è capitato altre volte di leggere un romanzo e di vederne la trasposizione cinematografica (nei casi peggiori un impoverimento in forma di immagini) ma qui mi sembra più che altro di avere a che fare con due versioni alternative della stessa opera. Sarà un mio condizionamento ma mi pare che si veda in modo abbastanza evidente che film e romanzo sono stati elaborati assieme. Un fatto certamente insolito, chissà se ci sono stati altri esempi simili.

Di sicuro quello che mi piace in questa "odissea" letteraria e cinematografica è l'immaginazione potente della scrittura di fantascienza, che probabilmente ha pochi eguali nella storia di questo genere (almeno per quel poco che ne conosco). Questa potenza la si riconosce soprattutto nel grande respiro della trama e al contempo in tanti piccoli particolari di passaggio nello svolgimento della stessa. Particolari come questo:
"Prima di presceglierlo per la missione, avevano posto alla prova le sue reazioni all'ibernazione. Non sapeva bene se avesse perduto una settimana di vita ... o se la sua morte ultima fosse stata rinviata dello stesso periodo di tempo" (Arthur C. Clarke).