lunedì 15 settembre 2014

Rientro a scuola

Oggi mio figlio ha cominciato la scuola media inferiore. Insieme a lui hanno cominciato un nuovo anno scolastico credo tutti i ragazzi italiani. La mia singolare giornata di lavoro (una trasferta in macchina a Lucca) mi ha consentito di accompagnarlo la mattina davanti ai cancelli e poi di seguire una serie di dibattiti radiofonici sulla scuola pubblica. RaiRadio3 le dedicava praticamente la programmazione dell'intera giornata. Un po' la mia sensibilità sull'argomento, un po' la solitudine del viaggio in macchina mi hanno stimolato una serie di considerazioni che, ora che sono qui in albergo, riporto in questo post.

E' ormai una considerazione comune quella che i ragazzi devono necessariamente conoscere una o più lingue straniere, una cosa che li aiuterà certamente a vivere e lavorare in un mondo sempre più piccolo. A questo in genere segue automaticamente una pesante critica alla scuola pubblica che non dedicherebbe il tempo sufficiente a questo tipo di conoscenza. Credo però che questa sia una critica sbagliata, o almeno in parte fuori luogo. Il punto è che non ha senso aumentare a dismisura le ore dedicate allo studio delle lingue al fine di ottenere questo risultato, almeno fino a che si parla di secondaria (forse neanche nei licei linguistici). Non credo che si possa pretendere che uno studente esca dall'istruzione media con una buona conoscenza di anche solo una lingua straniera. Il motivo è che si tratta di una conoscenza tecnica molto sofisticata, per cui le normali ore settimanali ragionevolmente dedicate allo scopo risultano essere sempre insufficienti. Sarebbe all'incirca come pensare che le ore stabilite per lo studio della musica siano poi sufficienti per arrivare a suonare uno strumento. Dunque cosa si potrebbe fare? La soluzione per la scuola pubblica secondo me potrebbe essere quella di garantire dei corsi specialistici facoltativi in fasce orarie pomeridiane, per cercare di garantire quel servizio di formazione attualmente fornito solo dai privati (a costi non sempre accessibili per chiunque). Una cosa che credo succeda in alcuni istituti, così come anche per la musica. La direzione è quella, ed è generalizzabile. Le scuole devono rimanere sempre aperte, per attività didattiche normali (obbligatorie) e straordinarie (facoltative, ma comunque gratuite, o a costi accessibili a tutti).

Un'altra opinione comune è che i ragazzi devono ormai imparare ad utilizzare gli strumenti informatici sempre più presenti nella nostra società e nei nostri ambienti di lavoro. E la scuola dovrebbe avere il compito di insegnarglieli. Questa cosa, almeno nei termini in cui la sento spesso, mi sembra una stupidaggine. Giustificata forse solo dal fatto che a dirla è normalmente una fascia di persone che probabilmente, per età e per tipo di attività, non ha una conoscenza appropriata di questi strumenti. E' evidente che l'utilizzo degli strumenti informatici viene acquisito naturalmente dalle nuove generazioni, perché hanno a che fare con essi fin dalla nascita. Solo un "anziano" può pensare che una cosa del genere debba essere insegnata a scuola. Sono conoscenze pratiche dirette (e alla fine molto elementari) che devono essere acquisite in altra sede. Sarebbe come sostenere che la scuola dovrebbe insegnare ad andare in bicicletta o ad utilizzare l'automobile (che peraltro risulta essere un oggetto altrettanto indispensabile nel mondo del lavoro). Queste semplici conoscenze pratiche si acquisiscono altrove, non a scuola. Quindi il problema tante volte sollevato dell'utilizzo degli strumenti informatici a scuola semplicemente non si pone, è del tutto secondario. Almeno se si affronta in questi termini. Casomai il problema potrebbe essere un altro. E' importante dare una vera formazione nelle tecnologie informatiche? Cioè, a parte il mero utilizzo degli strumenti informatici potrebbe essere utile insegnare ai ragazzi "quello che c'è dietro" in termini di infrastrutture tecnologiche, o "quello che c'è sotto" in termini di architetture dei sistemi che quotidianamente e inconsapevolmente utilizziamo? L'osservazione mi viene anche dal constatare che la generazione dei ragazzi che molto pittorescamente viene chiamata "dei nativi digitali" in realtà mi appare come piuttosto ignorante delle tecnologie sottostanti ai vari frontend digitali, molto di più forse di quanto lo siamo molti di noi adulti che queste tecnologie le abbiamo viste nascere, svilupparsi e che abbiamo digerito piano piano.

Nella questione della scuola pubblica si possono individuare due diritti che in generale, come succede anche in altri ambiti, si possono rivelare in conflitto tra loro: il diritto degli insegnanti al posto di lavoro e il diritto degli studenti all'istruzione. Secondo me in tutti quei casi in cui emerge questo conflitto andrebbe sempre privilegiato il secondo sul primo, senza eccezioni. Casomai andrebbero incentivati tutti quei meccanismi, qualunque essi siano, che possano sviluppare due elementi essenziali: il controllo della qualità didattica e il corrispondente aumento della libertà di scelta e della conseguente responsabilità degli insegnanti.

Uno scandalo della scuola pubblica attuale sono le condizioni dell'edilizia scolastica. Il degrado fisico delle strutture in cui i nostri ragazzi passano buona parte della loro giornata è una vera e propria mancanza di rispetto per loro, addirittura offensivo. Trattare male gli edifici scolastici, trascurarli, gestirli ai minimi termini significa in un certo senso fare la stessa cosa a chi questi edifici li frequenta. Inoltre questo degrado trasmette un messaggio fortemente diseducativo ai ragazzi, grosso modo il seguente: la scuola che frequentate non ha un valore, la vostra educazione non è importante e di essa lo Stato non se ne occupa granchè. Basta guardarsi intorno per capirlo. L'architettura parla. E il professore che vorrebbe convincere i suoi studenti dell'importanza di quello che insegna dall'alto di una cattedra consumata e indecente, in un'aula scalcinata, può far fatica ad essere credibile, anche se è bravo.

Infine una delle cose che mi dà più fastidio tra le varie considerazioni che si sentono fare sulla scuola pubblica è quella che assegna ad essa il compito principale (ed esclusivo) di preparare i giovani studenti al meglio possibile ad entrare nel mondo del lavoro. Non è vero. Il compito della scuola pubblica è quello di educare i ragazzi a diventare dei cittadini liberi.