giovedì 30 giugno 2016

Brexit

Ho delle idee ambivalenti e non del tutto risolte nei confronti della Brexit, sia per il referendum in sé sia per il suo esito.

Del referendum mi ha molto colpito il fatto che i cittadini britannici si siano potuti esprimere su una questione così importante di politica internazionale in un modo che a noi cittadini italiani non sarebbe consentito, visti i limiti imposti dalla nostra costituzione. Sotto c'è una questione per me piuttosto difficile da valutare correttamente riguardo la gestione della democrazia, o l'idea stessa di democrazia. E' molto affascinante che la cittadinanza si possa esprimere direttamente su una questione che sarà pure complessa ma che certamente ha un impatto diretto sulla vita dei singoli. Una domanda difficile da valutare ma almeno molto semplice da scrivere, se si vuole che sia così: il testo riportato sulla scheda è di una immediatezza che impressiona favorevolmente se confrontata con i testi incomprensibili dei nostri referendum.

Ma tutto questo è ambivalente, tutto quello che appare come intuitivamente positivo ha un significativo (e ben triste) rovescio della medaglia. Questo referendum mostra inesorabilmente i problemi che sorgono con gli strumenti di democrazia diretta. E' indubbio che una decisione sulla politica internazionale come quella fatta dalla Gran Bretagna richieda un'analisi razionale e attenta del problema, supportata da adeguate competenze. E' quello che ci si può aspettare (o pretendere) ragionevolmente dalla cittadinanza nel suo complesso? Il dibattito nazionale precedente al referendum si è in buona parte polarizzato su alcune paure (ad esempio quella dell'immigrazione e quella dei mercati), ovvero da atteggiamenti irrazionali, facilmente sfruttabili e strumentalizzabili dalle parti politiche, come effettivamente sembra essere successo. E' la dinamica chiave che definisce il populismo.

Si sa che questi rischi si mitigano con i classici strumenti della democrazia rappresentativa, che si basa sulla delega di decisioni importanti per il paese ad una ridotta classe di rappresentanti politici, specializzati e competenti, risultante da elezioni a suffragio universale. Ma se questo meccanismo di costruzione democratica di una valida rappresentanza politica non funzionasse? Perchè non è mica scontato che funzioni, o che funzioni bene. Se per qualche difetto del processo democratico questa rappresentanza rappresentasse bene solo una parte della società o addirittura solo se stessa (o poco più)? Per un cittadino medio che abbia degli strumenti culturali adeguati e la volontà di informarsi è più difficile esprimere un'opinione consapevole su un preciso problema anche complesso o scegliere consapevolmente dei rappresentanti politici che lo facciano per lui (pensando a lui quando lo fanno)? Il referendum della Gran Bretagna esprime una manipolazione populista o una reale volontà popolare? E la classe dirigente inglese cosa esprime?

E poi c'è la questione del risultato, certamente inaspettato, uscito fuori dalle urne. La domanda più significativa secondo me in questo caso sarebbe: ma per i cittadini, sia inglesi che europei, è un bene o un male il risultato di questo referendum? L'Europa in generale credo sia un bene, perchè lo è secondo me qualunque politica che integra i popoli, in quanto soluzione di convivenza pacifica (l'idea di Europa così come è uscita dalla seconda guerra mondiale era proprio questo). Ma c'è modo e modo di costruire una convivenza. L'Europa come funziona adesso è un bene? L'impressione è che una sempre più larga fetta della cittadinanza europea non sia più così d'accordo nel giudicarla un bene (e probabilmente questo referendum lo dimostra, se non lo si vuole giudicare come il risultato di un voto di una massa di ignoranti eterodiretti). E questa cittadinanza dovrà pure farsi sentire in qualche modo. Probabilmente rientrare sempre nei ranghi di questo mantra dell'Europa unita non fa bene a nessuno, quantomeno non aiuta a cambiare le cose. Perchè qualcosa deve cambiare per forza.