sabato 17 maggio 2014

Uno spot pubblicitario

Questi giorni sta girando in televisione uno spot pubblicitario di un gestore di telefonia il cui protagonista è un noto comico che irrompe in un'aula di università durante una lezione, cancella la parte della lavagna dove sta scrivendo il professore e ci scrive sopra la sua "formula", ovvero il suo messaggio commerciale. Dopo aver sbrodolato i suoi slogan il comico si rende conto di aver forse cancellato qualcosa di importante e suscita l'ilarità dell'aula facendo una battuta che sottolinea la sua goffa ignoranza. Ma si capisce bene che la vera cosa importante l'ha appena scritta lui alla lavagna.

Ho visto passare questo spot diverse volte e ogni volta mi suscita un sentimento a metà tra l'imbarazzo e l'irritazione. Mi sembra che in pochi secondi si consumi la disfatta totale del più alto istituto d'istruzione che abbiamo. L'accostamento tra la semplicità e l'immediatezza del messaggio del comico e la complessità incomprensibile di quello che probabilmente si stava svolgendo in aula poco prima (e per il quale il comico, simpatico e brillante, mostra la più completa estraneità) è devastante. Lo stereotipo del professore impacciato che sta fuori dal mondo, almeno da quel mondo che vale la pena di vivere, è decisamente deprimente. Gli studenti si risvegliano all'ingresso in aula del comico e finalmente si divertono. Tutta la scena sembra voler dire: "d'accordo i professori ci devono essere, e vanno tollerati, ma voi non perdete troppo tempo con questa roba. Che volete capire? E a che vi serve? Tanto gli sms li riuscite a mandare lo stesso".

Il linguaggio della pubblicità nella sua innocenza è incredibilmente potente. Fotografa la realtà e al tempo stesso comunica valori (o non-valori, o nuovi strani valori) con un'efficacia impressionante.