giovedì 25 dicembre 2008

L'affermazione del sistema copernicano

Quando è che una toria scientifica si afferma? Quando riesce meglio di altre a spiegare i dati sperimentali. Quando è che una nuova teoria scientifica ne soppianta una vecchia? Quando dimostra in modo inequivocabile di essere più efficiente e precisa nel prevedere i risultati di osservazioni ed esperimenti.

Stando al bellissimo libro di Thomas Kuhn, La Rivoluzione Copernicana, queste affermazioni non sono così scontate, almeno non lo sono poi così tanto nella vicenda storica che portò al successo del sistema copernicano su quello tolemaico.

Dal punto di vista della precisione con cui venivano calcolati e previsti i movimenti e le posizioni degli astri nel cielo il sistema eliocentrico, al momento in cui venne introdotto da Copernico, non risultava essere oggettivamente superiore al sistema geocentrico fino ad allora accettato. Quest'ultimo, dopo circa tredici secoli dalla sua rigorosa formulazione da parte di Tolomeo nel suo Almagesto, forniva algoritmi estremamente sofisticati e in molti casi piuttosto precisi nei risultati numerici, sicuramente competitivi rispetto a quelli introdotti da Copernico nel suo De Revolutionibus Orbium Caelestium.

Certamente gli schemi di calcolo di un sistema del mondo che metteva al centro il sole sono risultati sin da subito più semplici, soprattutto se applicati al complesso problema del moto dei pianeti. Si sa che il tema della semplicità nella scienza è sempre molto importante.

Ma la tesi di Kuhn è diversa, e molto interessante. Nel suo libro mette in risalto soprattutto la capacità della visione copernicana di alimentare nuove osservazioni, nuove ricerche, di aprire nuove direzioni di indagine; meriti che invece probabilmente non caratterizzavano più la teoria tolemaica. Questa rimaneva ancorata alla concezione aristotelica del mondo che aveva dominato per secoli ma che probabilmente all'epoca risultava essere in una specie di stallo, capace solo eventualmente di fornire ulteriori raffinamenti e aggiustamenti al prezzo di complicazioni di calcolo. Copernico propone un sistema che si rivela in breve tempo molto fecondo, capace di oltrepassare l'ambito specifico dei problemi puramente astronomici dell'epoca, e che porterà nel giro di meno di un secolo e mezzo alla grande visione dell'universo di Newton.

Un paio di frasi riportate dal libro di Kuhn rendono bene l'idea:

"La concezione di una terra planetaria fu la prima rottura coronata da successo con un elemento costitutivo dell'antica visione del mondo. Sebbene concepita unicamente come riforma in campo astronomico, essa ebbe conseguenze disgregatrici che poterono essere risolte soltanto nell'ambito di una nuova struttura del pensiero".

"Copernico ebbe una concezione dell'universo più vicina a quella di Aristotele che a quella di Newton. Ma i nuovi problemi e suggerimenti che derivarono dalla sua innovazione sono i punti di riferimento più salienti nello sviluppo del nuovo universo che tale innovazione aveva essa stessa evocato. La creazione del bisogno di questo nuovo universo e l'aiuto fornito per completarne la costruzione sono i contributi storici che costituiscono la rivoluzione copernicana".

mercoledì 17 dicembre 2008

Transistor

Qualche giorno fa sono entrato nella biblioteca comunale del mio quartiere e ho dato un'occhiata all'emeroteca, soffermandomi su alcune di quelle riviste che non hanno nessuna o scarsissima diffusione nelle edicole o librerie. Una di queste è "Sapere", un bimestrale di divulgazione scientifica diretto da Carlo Bernardini e Francesco Lenci. Per la precisione, come si legge anche sul sito, si tratta della più antica rivista italiana di divulgazione scientifica, essendo stata fondata addirittura nel 1935. Molte delle sue firme sono o sono stati professori della Facoltà di Fisica dell'Università "La Sapienza" di Roma, almeno ai tempi in cui la frequentavo io: Carlo Bernardini, Andrea Frova, Michele Emmer, Giovanni Vittorio Pallottino, Francesco Calogero, Giorgio Parisi.

Tra gli articoli della rivista mi è saltato agli occhi quello del Prof. Pallottino, che ricordava che nel 2007 cadevano i 60 anni dall'invenzione del transistor. Già, sembra veramente strano ricordare un evento del genere: l'invenzione di un dispositivo incomprensibile che di fatto non è mai visibile e che si trova .... praticamente dappertutto!!

Non esiste dispositivo elettronico attuale che non abbia un numero enorme di transistors integrati. E sappiamo quanto l'elettronica sia parte della nostra vita quotidiana. Il transistor è una sorta di cellula costruttiva dei circuiti integrati, a loro volta mattoni fondamentali di tutti i nostri elettrodomestici più evoluti. Un oggetto su cui si è costruita tutta la storia della tecnologia elettronica, e dunque anche dell'informatica.

Dell'articolo di Pallottino mi hanno colpito tre cose:
  1. L'idea che ha guidato la ricerca e la realizzazione del primo transistor - Pallottino scrive: "Alla base dell'invenzione del transistor c'era l'idea di controllare il moto di cariche elettriche (cioè una corrente elettrica) all'interno di un solido anzichè nel vuoto, come succedeva nei tubi elettronici". Quindi sin dall'inizio (e l'idea a quell'epoca aveva già alcuni anni) c'era l'obiettivo anche tecnologico di costruire un componente elettronico attivo alternativo agli ingombranti e poco affidabili tubi a vuoto che già avevano trovato applicazione nei primi calcolatori elettronici. Attualmente i transistor vengono impiegati come interruttori o amplificatori di segnali, sostituendo ormai completamente in questa attività le vecchie valvole termoioniche.
  2. L'eccezionale sviluppo che il transistor ha avuto negli anni successivi fino ai giorni nostri - I numeri che riporta l'articolo sono significativi: il primo transistor commerciale risale al 1950 e il suo costo si aggirava sui 18 dollari, l'equivalente di circa 150 dollari attuali. Oggi un microprocessore del valore commerciale di 100 dollari ne conta al suo interno circa 1 miliardo. Questo suo incredibile sviluppo è andato di pari passo al suo processo di miniaturizzazione: la dimensione del primo transistor era di circa 1 cm, quella di un transistor integrato attuale è di circa 50 nm (50 milionesimi di millimetro!).
  3. La sottovalutazione dell'importanza del transistor sia negli anni della sua prima realizzazione sia attualmente - Inizialmente i Bell Telephone Labs in cui venne realizzato il transistor non compresero appieno l'importanza di questo dispositivo, che cominciò quindi ad essere commercializzato con qualche anno di ritardo. Attualmente è molto difficile trovare informazioni storiche su questo dispositivo, sugli studi che portarono alla sua realizzazione e sulla sua rapida evoluzione che lo ha portato in un tempo relativamente breve a giocare un ruolo determinante nella storia della tecnologia moderna. Pallottino confronta questa scarsità di informazioni con l'immensa mole di studi storici su un evento come la rivoluzione d'ottobre che in fondo, col senno di poi, non ha cambiato così tanto la nostra vita come forse lo ha fatto il transistor. Ma purtroppo in genere le vicende della tecnologia non vengono annoverate nella più ampia classe delle vicende della cultura umana.

Nel 1956 a Walter Brattain, John Bardeen e William Shockley venne assegnato il Premio Nobel per la Fisica "for their researches on semiconductors and their discovery of the transistor effect".

Nota: John Bardeen (1908 - 1991) negli anni successivi prese parte alla formulazione della teoria classica della superconduttività che gli valse nel 1972 il secondo Premio Nobel per la Fisica, insieme a Cooper e Shrieffer (John Bardeen, Leon Neil Cooper, John Robert Schrieffer, "for their jointly developed theory of superconductivity, usually called the BCS-theory"). Bardeen è stato inserito nel 1990 dalla rivista LIFE nella lista dei "100 Most Influential Americans of the Century".

sabato 13 dicembre 2008

Il Ministro Carfagna e il merito

La nomina a Ministro della Repubblica della signora Mara Carfagna ha avuto un seguito di grandi polemiche. L'argomento più battuto di queste polemiche è stato quello della sua velocissima carriera politica fatta all'ombra di Berlusconi (che le faceva ombra con cosa??!). Probabilmente però converrebbe mettere da parte queste "illazioni" per focalizzare meglio il problema, più generale e grave, che questo episodio emblematico mette bene in luce. La signora Carfagna fino a qualche anno prima era stata impegnata in: miss italia, trasmissioni di varietà televisivo, calendari. Poi nella legislazione precedente (con una legge elettorale che non prevedeva preferenze) viene eletta alla camera e in questa legislatura nominata Ministro.

Non conosco i dettagli della storia personale della signora Carfagna ma credo che quello che si sa sia sufficiente per esprimere un giudizio. Qualunque cittadino può fare politica, indipendente dalla sua storia personale, ma nessun cittadino può fare una carriera politica di questo genere, per la quale invece ci vuole una storia particolare, fatta di una lunga e assidua frequentazione di ambienti politici a vari livelli, oppure fatta di una lunga carriera di particolare rilievo nazionale anche se non necessariamente di tipo politico ma con la quale si sono comunque espressi meriti eccezionali (vedi senatori a vita).

Chi occupa posizioni di così alto profilo deve avere egli stesso un alto profilo, altrimenti rischia di screditare la posizione stessa che occupa, e questo finisce per essere l'aspetto più grave di tutta la questione. Non si diventa ministri per avere per la prima volta l'occasione di dimostrare qualcosa, lo si diventa dopo aver già dimostrato di essere in grado di farlo con una buona probabilità di successo (e peraltro se non ci si riesce si lascia subito il posto ad un altro).

Mi è stato fatto notare (come spiegazione del fenomeno, non certo come sua giustificazione) che questo meccanismo "avvicina" il politico al cittadino, nel senso che quest'ultimo non misura più una distanza evidente tra se e il politico, anzi, in qualche misura riesce ad identificarsi con lui. Un meccanismo molto simile a quello che sta alla base del successo di trasmissioni televisive tipo Grande Fratello. Questa spiegazione ci potrà pur essere ma dal mio punto di vista rende la cosa ancora più sconvolgente. La distanza tra il normale cittadino e un esponente così alto delle istituzioni ci deve essere, ed è sulla base dei valori e dei meriti espressi (sottolineo espressi), così come è ovvio che ci sia una certa distanza, in termini appunto di valori e meriti, tra un normale cittadino ed un premio nobel.

La nostra società è incredibilmente piena, a tutti i livelli, di persone che non si sono faticosamente guadagnate il posto che occupano, come sarebbe necessario, e che di conseguenza contribuiscono a screditarlo. In poche parole manca un valore fondamentale, quello del merito.