sabato 20 marzo 2010

Euclide e Platone

A scuola ho conosciuto Platone studiando Filosofia, ma solo a partire dalla terza liceo. Eh già, per studiare la Filosofia ci vuole una certa maturità. Un tema centrale del pensiero di Platone è la distinzione tra il mondo delle cose reali (corrotte, imprecise, mutabili) e il mondo delle idee (incorruttibili, perfette, immutabili). Beh, detto un po' in soldoni è più o meno questo. L'esempio che ricordo era quello del cavallo: da una parte il cavallo, o meglio, i tanti cavalli, come elementi della realtà, dall'altra l'idea del cavallo nell'iperuranio; ogni cavallo reale è una sorta di relizzazione pratica imprecisa dell'idea di cavallo.

Platone è presentato come un filosofo la cui opera assume un ruolo centrale nella cultura greca. Non credo che a scuola mi sia stato presentato Euclide come esponente di primo piano della cultura greca, piuttosto ho conosciuto il termine geometria euclidea, in cui Euclide compariva come aggettivo, non troppo argomentato. In quel caso non ci si curava troppo di sottolineare il contributo eccezionale di uno studioso al pensiero matematico di un'intera civiltà (quella greca), ma si preferiva macinare teoremi e corollari. Non sono contrario all'insegnamento dei teoremi, ovviamente, e neanche a quello dei corollari, ma mi scoccia la tendenza a presentare la scienza come una materia disumana, asociale e astorica.

Quindi mi colpiscono sempre molto tutte quelle osservazioni, anche piccole, che calano l'attività scientifica in un contesto storico e sociale, quello che poi l'ha generata. Addirittura è possibile osservare delle relazioni precise tra una certa attività scientifica e il contesto culturale e filosofico dell'epoca in cui è maturata. Ma guarda un po'.

E' il caso di Euclide e Platone. Ascoltando un documentario su Euclide e la matematica greca quello che veniva fuori era più o meno il seguente discorso: la grande summa matematica dell'antichità, gli Elementi di Euclide, è chiaramente influenzata dalla filosofia Platonica (di poco precedente). Niente di eccezionale, ma era un collegamento che non avevo mai sentito. E come si manifesta questa influenza? Questo è ancora più interessante: nel fatto che la summa di Euclide non è completa. Gli Elementi includono tutta (e sola) la geometria che può essere costruita con riga e compasso. Perchè? Perchè la retta e il cerchio sono le forme (opposte) più perfette indicate da Platone (giuro che non avevo mai sentito un tentativo di spiegazione del perchè tutta la geometria considerata dai greci era quella costruibile con riga e compasso). In realtà il termine eidos tradotto con idee nell'espressione "il mondo delle idee" platonico, può essere tradotto (forse più giustamente, non conosco il greco) in forme, e l'iperuranio diventa "il mondo delle forme". Ma allora stiamo proprio parlando della geometria, non di cavalli! Il mondo intellegibile delle forme indicato da Platone è soprattutto quello delle forme geometriche. E a questo punto l'opera di Euclide è forse la massima espressione di questa visione filosofica. Non c'è male, per un po' di teoremi studiacchiati tra prima e seconda liceo.

Io mi incazzo perchè nessuno mi ha fatto notare al momento opportuno queste corrispondenze, per quanto semplici e alla portata di tutti (e io non sarò stato molto scaltro, lo ammetto). Avrebbero certamente valorizzato lo studio della geometria greca, che troppo spesso viene propinata come un elenco indistinto e interminabile di teoremi, corollari e lemmi. Ma avrebbero sicuramente valorizzato anche lo studio della filosofia. Credo che si possa capire la forza e l'impatto sulla società di un pensiero come quello platonico solo osservandone le "traduzioni" nelle attività intellettuali dell'epoca. Tanto per fare un esempio lontano nel tempo ma pertinente: lo spirito dell'Illuminismo di fine settecento lo percepisco principalmente attraverso l'eccezionale opera musicale di W. A. Mozart, mi pare ovvio.

E visto che ci siamo, un'altra cosa che mi fa incazzare: nella mia vita ho visto innumerevoli edizioni della Bibbia e della Divina Commedia, in tutte le salse, per tutti i gusti e per tutti i prezzi, in libreria, in biblioteca, a fascicoli in edicola, con commento a fronte, con le incisioni storiche di non so chi, in lingua originale, in pergamena, ecc., ecc. Ma avessi mai visto uno straccio di edizione degli Elementi di Euclide ......

domenica 7 marzo 2010

Errori sull'evoluzione

Una volta mi è capitato di leggere: "L'evoluzione è così semplice che chiunque può fraintenderla". Effettivamente la teoria dell'evoluzione biologica sembra essere accessibile a chiunque, specialmente perchè non necessita di apparati formali pesanti di cui sono invece infarcite molte altre teorie scientifiche (ad esempio tutte quelle della Fisica), e che svolgono verso i profani il ruolo di "muro" che impedisce la comprensione. Questa caratteristica invita però spesso a prendere un po' sottogamba la teoria darwiniana e a semplificarla eccessivamente, fino addirittura a fraintenderla.

Tre esempi classici di questi fraintendimenti sono secondo me contenuti nelle frasi seguenti:
1. L'uomo discende dalla scimmia.
2. L'evoluzione è un percorso progressivo, dal "peggiore" al "migliore".
3. L'evoluzione è il semplice frutto del caso.

La prima frase è un classico, presente da sempre nel linguaggio comune, rafforzata nell'immaginario collettivo da quelle suggestive (ma forse poco scientifiche) illustrazioni della conquista della stazione eretta. Probabilmente è stata coniata all'indomani della pubblicazione de "L'origine delle specie". Eppure è un po' fuorviante, non a caso è stata spesso utilizzata da molti detrattori della teoria di Darwin per sottolinearne l'assurdità. E' più corretto affermare che l'uomo e le scimmie antropomorfe hanno un antenato comune risalente a circa 6-7 milioni di anni fa. Questo evidenzia che in realtà queste due specie, realmente molto affini, sono comunque separate da milioni di anni di evoluzione biologica. Non è poco. Da quel lontano periodo non hanno molto più a che spartire, e gli effetti si vedono. Infine questo significa che il nostro antenato comune non era nè una scimmia antropomorfa come la conosciamo oggi, nè un uomo come lo conosciamo oggi, ma qualcosa di diverso.

La seconda frase è certamente un errore più grave. E' difficile sfuggire alla convinzione che l'evoluzione abbia una "direzione", che segua cioè una linea di progresso, da organismi semplici ad organismi sempre più complessi e in un certo senso "migliori". Ma in realtà questo concetto non è contenuto nella teoria e di fatto non è neppure riscontrabile come fenomeno generale in natura, basti pensare al fatto che i semplici e primitivi batteri sono probabilmente a tutt'oggi gli organismi biologici di gran lunga di maggior successo nell'intera biosfera. Questo errore ne nasconde uno (o apre la strada a uno) ancora più grave, riscontrabile spessissimo nel linguaggio comune, e cioè che in qualche modo l'evoluzione sia guidata da una qualche entità esterna e cosciente, che a volte chiamiamo semplicemente Natura (se non si vuole sconfinare in concetti troppo religiosi, ma già questo lo è ...), la quale costruisce nel tempo organismi sempre più perfetti, in un crescendo che ovviamente culmina proprio con la comparsa dell'uomo. Un'idea un pò troppo antropocentrica.
L'idea centrale dell'evoluzione biologica non è il progresso, bensì l'adattamento all'ambiente di vita, e questo è un concetto molto "locale", non ha un ampio respiro, non abbraccia tutta la storia della terra in un unico crescendo, non ha la capacità di indicare una direzione generale. Se cambia drasticamente l'ambiente di vita, una specie fortemente adattata può estinguersi da un momento all'altro, lasciando il posto ad un'altra specie che fino a quel momento non si era mostrata così adatta. E' gia successo più volte nella storia biologica (l'estinzione dei dinosauri è solo l'episodio più eclatante). I nostri attuali timori ambientalisti dovrebbero collegarsi proprio a questo concetto: la nostra intelligenza è certamente un potente strumento di adattamento ambientale soprattuto perchè ci permette di modificare l'ambiente a nostro piacimento, ma non sarà che per caso questa diventerà a breve una responsabilità troppo grossa e che magari potremmo arrivare in breve tempo a deturpare il nostro habitat talmente tanto da non essere più in grado di sopravviverci come specie?

L'ultima frase è veramente un errore madornale, e attiene probabilmente all'aspetto più sottile dell'evoluzione biologica. E' una frase a metà. Il caso è solo un elemento dell'evoluzione. Gli altri elementi sono: la riproducibilità fedele di un carattere biologico (nato per caso) e l'interazione con l'ambiente che agisce come elemento di selezione dei caratteri biologici vantaggiosi. Infine un elemento non trascurabile è il tempo, o meglio l'enormità inimmaginabile dei tempi dell'evoluzione biologica. Noi guardiamo sempre l'ultimo fotogramma di un lunghissimo processo evolutivo globale dove tutti i fotogrammi precedenti concorrono in diversa misura a determinare le caratteristiche dell'ultimo, ma la maggior parte di questi fotogrammi non li conosciamo affatto e probabilmente non avremo modo di conoscerli mai.
Il caso non avrebbe nessun effetto interessante se gli organismi viventi non avessero la capacità di conservarlo: "La comparsa, l'evoluzione e il progressivo affinamento di strutture viventi sempre più fortemente teleonomiche sono dovuti al sopraggiungere di perturbazioni in una struttura già dotata della capacità di invarianza e quindi capace di conservare il caso e di subordinare gli effetti al gioco della selezione naturale".
Tutto questo, con la complicità di tempi lunghissimi, può oggettivamente produrre strutture straordinariamente complesse, ordinate e dunque "poco probabili" senza la necessità di ipotizzare l'esistenza di un progetto-guida: "Non è detto che dietro una struttura ordinata e poco probabile ci sia necessariamente un progetto (cristallo, vortice, essere vivente), così come non è detto che dietro una struttura disordinata e probabile non ci sia un progetto (messaggio cifrato)".
Il caso, fatto interagire con gli altri due elementi fondamentali dell'evoluzione, l'invarianza e la selezione, per migliaia e migliaia di generazioni, può effettivamente produrre oggetti che ben difficilmente potremmo definire semplicemente casuali: "La selezione naturale è un meccanismo per generare improbabilità su larga scala" (Sir Roland A. Fisher).