mercoledì 28 dicembre 2022

La dottrina

Oh, capiamoci, il mondo l'ha fatto Dio, e noi siamo il meglio del meglio del meglio della sua creazione. Questo deve essere ben chiaro, altrimenti che facciamo?

Si ma gli altri animali, per esempio quelli che ci fanno compagnia durante la nostra vita?

I cani? I gatti? Beh, si, sono i nostri compagni, vivono con noi, ma siamo noi i prediletti, noi i predestinati, a noi tocca un posto oltre la morte. E poi siamo noi i loro padroni, siamo noi che mettiamo loro il guinzaglio, non viceversa. Sono loro che sono fatti per noi, non noi per loro. Una bella differenza in fin dei conti. Non ti pare?

E tutto il resto? Tutto quello che c'è là fuori?

Quale resto? E' tutto per noi, il creato è fatto per noi da Dio. Può essere complesso quanto ti pare ma è nostro. In fondo solo questo dobbiamo capire. Noi siamo il vertice della sua creazione, il nostro è un destino eterno, come il suo. Ma attenzione, noi siamo comunque parte del suo disegno, noi agiamo secondo le sue imperscrutabili volontà.

Ma lui ci ha dato la capacità di decidere, di scegliere, di farci domande, come quelle che ci stiamo facendo. Perché?

Perché ci dobbiamo arrivare da soli, o almeno avere la sensazione di arrivarci da soli, come quando dici ad un figlio di scegliere ma in realtà gli hai già suggerito la scelta, e sai che da lì non si muoverà, se hai fatto bene il tuo lavoro di genitore.

Quindi non ha senso farsi domande?

Più che altro non è la cosa importante. La cosa importante è andare a leggere le risposte. Che si trovano dappertutto, nei cosiddetti testi sacri, nei nostri genitori, nelle persone che incontriamo e nei loro comportamenti (più che nelle loro parole), nella società, nella natura. Le risposte, ovunque ti sembri di trovarle coglile. Le risposte sono rassicuranti, indicano il percorso, giustificano le tue scelte ancora prima che tu le faccia. Le risposte sono il disegno divino.

E le domande?

Le domande sono insidiose, cariche di mistero, di responsabilità, aprono strade ignote, piene di incertezze, piene di errori, anche fatali. Sei sicuro di voler voltare l'angolo senza che qualcuno prima non ti abbia detto cosa troverai?

Mi puoi fare un esempio?

Prendi la famiglia. Quante domande ti potresti fare? Come può essere composta per essere chiamata famiglia? Che ruoli distribuisce e perché? E perché si forma una famiglia? Perché anche io dovrei formare una famiglia? E con chi? Come scelgo? Posso fare diversamente? Posso vivere senza? Posso avere comunque dei figli? Posso vivere con uno del mio stesso sesso? E' sempre una famiglia? Ma è così necessario definirla? Ma è veramente la cosa importante? Mettile tutte insieme queste domande e diventi matto, ti rendi la vita inutilmente complicata. Guarda invece quello che fa la maggior parte delle persone e leggi nei loro comportamenti le risposte che ti servono, quelle che ti tranquillizzano, ti rendono la vita facile, ben inquadrata. Se hai qualche problema rivolgiti ai nostri testi sacri, loro ti illumineranno.

Ma se mi capita di osservare comportamenti strani?

Lo vedi che lo riconosci tu stesso? Vedi che da solo distingui le cose strane da quelle giuste? E' Dio che te lo suggerisce. Le cose strane non ti danno le risposte che ti servono, le cose strane ti danno problemi, fanno paura. Dietro le cose strane c'è tutto quello che noi chiamiamo peccato. Impara a riconoscerle e ad evitarle. In fondo il libero arbitrio serve per giustificare il peccato, e viceversa.

Ma Dio mi proteggerà in questo percorso?

Sempre, perché noi siamo il suo disegno, e anche se non lo conosciamo sappiamo che siamo fatti per questo. Bello no?


mercoledì 21 dicembre 2022

Neghentropia, il cibo dei viventi

Un sistema termodinamico è una qualunque porzione di spazio sede di materia ed energia e di processi che scambiano materia ed energia tra le varie parti del sistema o tra esso e l'esterno. Il sistema si dice isolato se non permette scambi di materia ed energia con l'esterno, altrimenti si dice aperto. Per un sistema termodinamico si possono enunciare due principi generali, il primo riguarda l'energia, il secondo l'entropia. Il primo principio afferma che la quantità totale di energia in un sistema isolato si conserva sempre. I processi interni possono trasferire quantità di energia da una porzione all'altra del sistema, possono trasformare l'energia nelle sue varie forme, ma in qualsiasi momento la somma di tutti i contributi rimane costante. Un principio del genere è estremamente potente in quanto stabilendo l'esistenza di una quantità rigorosamente conservata limita fortemente le possibilità di evoluzione del sistema, ci dice in pratica cosa il sistema non potrà mai fare.

Il primo principio però ci fornisce una condizione necessaria ma non sufficiente per l'evoluzione del sistema. Un processo è possibile se conserva l'energia totale ma non tutti i processi che conservano l'energia sono possibili. Molti processi che rispettano la conservazione dell'energia in realtà non possono avvenire. In un certo senso il primo principio è troppo permissivo ed evidentemente non basta a caratterizzare in modo completo quello che può succedere all'interno di un sistema termodinamico. Serve un vincolo ulteriore e questo viene introdotto con il secondo principio.

Il secondo principio ha diverse formulazioni, tutte ovviamente equivalenti ma che mettono in luce aspetti leggermente diversi. Ad esempio "l'energia meccanica di un sistema può essere interamente trasformata in calore ma il calore non può essere interamente trasformato in lavoro meccanico", e questo nonostante queste trasformazioni in entrambe le direzioni rispettino la conservazione dell'energia. Altro esempio "il calore fluisce sempre spontaneamente dai corpi caldi ai corpi freddi, cioè non è possibile che un sistema in equilibrio ad una certa temperatura ceda spontaneamente calore ad un sistema ad una temperatura più alta", e questo nonostante i passaggi di calore, sia dai corpi caldi ai freddi che viceversa, rispetterebbero tranquillamente la conservazione dell'energia del sistema complessivo. Queste due definizioni ci dicono che il secondo principio stabilisce un verso particolare ai processi laddove il primo principio non lo fa. Tecnicamente si può definire una funzione di stato detta Entropia e in tal caso il secondo principio ci dice che in un sistema isolato, in cui avvengono trasformazioni che portano da uno stato all'altro del sistema, l'entropia complessiva non diminuisce mai, rimane stazionaria o (più frequentemente) aumenta, sottolineando ancora in un'altra forma la direzionalità dei processi possibili. Un sistema termodinamico che evolve spontaneamente all'equilibrio rende massima la sua entropia totale.

L'interpretazione microscopica dell'entropia fornisce un'ulteriore formulazione del secondo principio: l'aumento dell'entropia può essere interpretato come il passaggio da uno stato del sistema relativamente ordinato ad uno di maggiore disordine, dove il grado di disordine è associato all'aumento del numero di configurazioni microscopiche che realizzano lo stesso stato macroscopico, che per questo motivo diventa uno stato estremamente probabile. Da questo punto di vista il secondo principio della termodinamica può essere riformulato dicendo che qualsiasi processo spontaneo di un sistema isolato aumenta il disordine del sistema stesso (raggiunge le configurazioni macroscopiche più probabili).

Un organismo vivente dal punto di vista termodinamico può essere definito come un sistema altamente organizzato e quindi ordinato. Questo però è un problema, perché lo stato di ordine deve essere assolutamente conservato, pena la morte dell'organismo. Se questo fosse un sistema isolato il secondo principio lo farebbe evolvere inesorabilmente in un sistema completamente disordinato massimizzando la sua entropia. Sarebbe un'evoluzione spontanea verso il degrado di tutti i meccanismi vitali organizzati, un'evoluzione verso la morte. Un organismo vivente deve quindi essere necessariamente un sistema aperto, che possa scambiare materia ed energia con l'ambiente. Il sistema da considerare ai fini del secondo principio diventa quindi l'organismo più l'ambiente, che complessivamente aumenterà la sua entropia, mentre l'organismo è un sottosistema che singolarmente può anche diminuire la propria entropia o mantenerla stazionaria a scapito del sistema totale (la diminuzione locale dell'entropia non contraddice il secondo principio). Dunque tutti gli organismi viventi sulla terra utilizzano l'energia (in ultima analisi sempre fornita dal sole, direttamente o indirettamente) non soltanto per reintegrare quello che spendono verso l'esterno ma anche per mantenere basso il proprio valore di entropia e "nutrire" costantemente di ordine, ovvero di "entropia negativa" le proprie strutture vitali. Come diceva Erwin Schroedinger "l'organismo si alimenta di entropia negativa" (neghentropia), o come diceva più poeticamente Ilya Prigogine "siamo isole di ordine in un mare di disordine".

NOTA 1: per mantenere un certo livello di ordine in un sistema serve energia, lo sanno tutti i ragazzi che sono costretti ad ordinare la propria stanza. In effetti quando si vive dentro una casa e al suo interno si svolgono varie attività quotidiane si sta utilizzando energia per eseguire processi che hanno specifici obiettivi ma che hanno sempre come effetto secondario la produzione spontanea di un certo grado di disordine. Se dopo una qualsiasi attività casalinga (come ad esempio cucinare) voglio ripristinare l'ordine precedente devo spendere energia appositamente per questo obiettivo. Il motivo di ciò sta nel fatto che le configurazioni della casa che reputiamo ordinate dal nostro punto di vista sono in numero enormemente inferiore a quelle che invece reputiamo disordinate. Questo fa sì che qualunque attività porti il sistema verso una configurazione di disordine con grande probabilità. E' un fatto puramente statistico.

NOTA 2: dal punto di vista chimico il corpo umano (come quello di qualunque altro essere vivente) è costituito sostanzialmente da acqua e da sostanze come carbonio, azoto, zolfo, calcio, sodio, fosforo e alcuni metalli, tutti presenti in percentuali varie. Praticamente l'equivalente di un bidone di acqua sporca. La differenza con quest'ultima sta proprio nell'alto grado di ordine di tutte queste sostanze organizzate in strutture complesse e processi altrettanto complessi. Questo ordine strutturale viene ricavato dalle informazioni contenute nel codice genetico, risultato di milioni di anni di evoluzione. Di per sé un organismo vivente rappresenta uno stato la cui probabilità di esistenza spontanea è sostanzialmente nulla. E' per questo motivo che si dice che l'evoluzione (responsabile della complessità di questi organismi) può essere definita come il meccanismo che rende possibili configurazioni altamente improbabili.


domenica 4 dicembre 2022

HeLa e la natura del cancro

La storia di HeLa è bella sotto vari aspetti. Racconta della prima linea cellulare umana che è stata in grado di sopravvivere e di riprodursi all'esterno del corpo umano, a tutt'oggi ancora attiva in tanti laboratori nel mondo. Le sperimentazioni su di essa hanno consentito grandi progressi nella comprensione di malattie fondamentali quali la poliomielite, l'aids, il cancro. Racconta anche del destino sfortunato della sua inconsapevole donatrice, Henrietta Lacks, afroamericana, figlia di schiavi, morta di cancro alla cervice uterina nel 1951, a poco più di trent'anni. All'insaputa sua e dei suoi familiari (all'epoca si poteva fare) le fu prelevato un campione di cellule tumorali che in seguito, messe in coltura, hanno cominciato a proliferare, dando vita ad HeLa, la sua "parte immortale". Nei decenni successivi tanto diventava famosa HeLa quanto rimaneva sconosciuta la sua donatrice, il cui nome veniva spesso addirittura riportato in modi sbagliati. La ricostruzione particolareggiata di questi eventi scientifici e umani è raccontata nel bel libro di Rebecca Skloot La vita immortale di Henrietta Lacks. Una sintesi molto ben raccontata la fa il podcast di RaiPlay "La scienza e il cuore", di Francesco Graziani, nell'episodio dal titolo "La vita breve e infinita di Henrietta Lacks".

L'idea affascinante è che la linea cellulare ricavata da un campione di tessuto prelevato ad Henrietta Lacks l'abbia resa in qualche modo immortale. HeLa è attualmente ancora attiva e non sembra dia segni di invecchiamento, almeno fintantoché le colture verranno alimentate. Non è certo il tipo di immortalità che un essere umano auspicherebbe, ma la cosa è interessante per il fatto che si tratta di cellule cancerose. E' questo aspetto (anche questo poco auspicabile per un essere umano) che rende la linea cellulare potenzialmente infinita. Le cellule normali, non cancerose, non crescono e non vivono all'infinito, né in coltura né nel nostro organismo. Il loro processo di duplicazione cessa in maniera fisiologica dopo una cinquantina di duplicazioni (si chiama limite di Hayflick), alla fine delle quali le cellule normali entrano in una fase di senescenza cellulare che le porta alla morte. Questa può avvenire in vari modi, la più interessante delle quali è l'apoptosi, il suicidio volontario della cellula. Il limite di Hayflick e l'apoptosi sono meccanismi di autoregolamentazione della popolazione di cellule dell'organismo e hanno senso solo in organismi pluricellulari, garantendo la sopravvivenza dell'individuo a scapito di unità biologiche "minori" (le cellule) che vengono sacrificate.

Evidentemente le cellule cancerose riescono a bypassare i meccanismi che regolano l'interruzione del processo di duplicazione e la morte programmata della cellula. Come sappiamo i tipi di cancro sono tantissimi (tanti quanti sono i diversi tessuti dell'organismo, a occhio e croce) e le cause altrettanto numerose. Ma il meccanismo che scatenano è sempre lo stesso, ed è riconducibile ad una serie di mutazioni genetiche concomitanti (bisogna pure essere un po' sfigati) che sappiamo peraltro essere fenomeni intrinsecamente casuali, anche se ovviamente possono essere favoriti sia da predisposizioni genetiche che da fattori esterni ambientali, e che portano la cellula a "liberarsi" da una serie di meccanismi di autoregolazione che la fanno stare in modo "disciplinato" all'interno dell'organismo a cui appartiene.

C'è un aspetto di questa malattia che appare un po' strano ma forse anche significativo. Nessuno ci guadagna dallo sviluppo della malattia perché non c'è un vero e proprio agente esterno che la provoca. Se ci ammaliamo a causa di un qualche microorganismo (batterio o virus) è un agente esterno che usa il nostro corpo e le nostre funzioni vitali per duplicarsi e diffondersi ad altri individui. Questa cosa può anche portare l'organismo ospitante alla morte ma l'obiettivo dell'agente esterno è quello di utilizzarlo il più possibile come vettore efficacie di diffusione. Invece il cancro non è affatto un'entità esterna, né si diffonde tra individui, è una parte di noi stessi che sviluppa comportamenti sbagliati e autodistruttivi. Il cancro, uccidendo l'organismo uccide anche la nicchia ecologica dove sta proliferando, e muore anche lui. Sempre che abbia senso dare al cancro una sua individualità, scollegata dall'organismo in cui si sviluppa.

Ma perché succede questo? Perché noi uomini, e in realtà tutti gli organismi superiori, ci portiamo appresso questo "cancro" da sempre? Il tentativo di spiegazione di tipo evolutivo che mi è capitato di leggere in un libro di Telmo Pievani è affascinante.

In un lontano passato la vita era unicellulare, le singole cellule si dividevano all'infinito e la morte fisiologica non esisteva. Ogni cellula era totalmente indipendente dalle altre e se la sbrigava da sola nelle difficoltà della vita. Ad un certo punto della storia evolutiva subentrò la cooperazione cellulare, cioè la convenienza a stare insieme in colonie, e contestualmente anche la differenziazione cellulare, cioè la convenienza a dividersi i compiti (sembra la nascita di una società umana). Questo evidentemente dava dei vantaggi indiscussi nella possibilità di sopravvivenza della singola cellula membro della colonia e nella sopravvivenza della colonia stessa. Ma forse c'era anche un prezzo da pagare. Ora le singole cellule facevano parte di uno stesso organismo, non potevano più farsi gli affari propri, dovevano collaborare tra loro e differenziarsi nelle varie funzioni necessarie nel modo giusto. Erano necessari meccanismi di sorveglianza sia contro attacchi esterni che contro cellule interne che non si comportavano correttamente (sembra sempre la nascita di una società umana). Se tutto funzionava i vantaggi ottenuti erano ben maggiori dei prezzi da pagare, e questo ha determinato la direzione evolutiva che ha prodotto organismi sempre più complessi, tra cui noi.

Ma la natura è perfetta? Direi di no. L'antica libertà delle cellule è evidentemente ancora scritta in qualche modo da qualche parte, soppressa da meccanismi sviluppati nel corso di milioni di anni. Alcune mutazioni che si possono accumulare in una stessa cellula possono indurla a disobbedire alla logica cooperativa del nostro corpo pluricellulare, tanto faticosamente costruita in milioni di anni di evoluzione. Questa cellula ritorna ad uno stadio primigenio che risale a miliardi di anni fa, torna alle sue origini e al suo comportamento fondamentale, quello di moltiplicarsi indefinitamente. Quando cellule del genere imparano anche ad aggirare i meccanismi di sorveglianza che tenderebbero a sopprimerle, la loro attività di suddivisione diventa incontrollabile e produce masse che soffocano progressivamente gli organi alterando le loro funzioni fisiologiche.

Ultima osservazione: se il cancro è una malattia che muore assieme al suo ospite, come può aver fatto ad evolversi? Dov'è il suo vantaggio evolutivo? La risposta è che il cancro non si è mai evoluto, è sempre stato lì, con noi. Sono i controlli del corpo pluricellulare che si sono dovuti evolvere per contrastare i comportamenti di base delle cellule e quindi a dover fare i conti con un avversario ben più antico. "Se questi controlli che tengono a bada le pulsioni di anarchia delle cellule per qualche ragione saltano, una forza primordiale silente si sprigiona e semina lo scompiglio. Può cominciare tutto da una singola cellula, che a caro prezzo per la salute del collettivo di cui fa parte va a prendersi il sogno proibito dell'immortalità" (Telmo Pievani).