domenica 25 agosto 2013

Una serata all'Opera

Qualche tempo fa ho assistito alla rappresentazione della Traviata di Giuseppe Verdi fatta all'Arena di Verona nell'ambito dei festeggiamenti per i 100 anni della sua apertura. Gli spalti erano suddivisi, come sempre succede in questi casi, in fasce di prezzo che andavano dalle oltre 200 € delle poltronissime di platea alle 27-30 € delle gradonate non numerate. Ovviamente questo determina immediatamente una altrettanta suddivisione tra il pubblico più facoltoso e meno facoltoso (come succede più o meno sempre).

Quello però che mi colpiva era il fatto che questa suddivisione era particolarmente marcata e ben visibile, come probabilmente non mi era mai capitato in altre occasioni. In particolare la platea era un'esibizione di vestiti da sera, dove camerieri impeccabili servivono lo champagne direttamente agli spettatori delle prime file, mentre le gradonate non numerate, tenute ben separate e sorvegliate dal personale durante gli intervalli, erano frequentate da vocianti venditori di bibite, gelati e depliant sullo stile di quello che si vede durante le partite di calcio. La cosa risultava piuttosto fastidiosa, almeno per me, e non mi sembrava di ricordare un analogo in altre manifestazioni musicali, per esempio non all'Auditorium di Roma, dove pure ovviamente i posti sono suddivisi in fasce di prezzo.

Per darmi una qualche spiegazione mi è venuto in mente che il teatro musicale, almeno quello italiano, probabilmente ha avuto sempre questa caratteristica, e la conserva tuttora, almeno nei teatri più tradizionali. Una caratteristica diversa da quello che si vede alla tradizionale prima del Teatro alla Scala di Milano (fuori dal teatro molto più che dentro), dove l'alta borghesia italiana mostra i denti e attesta in modo ostentato la sua presenza (e potenza) nella società. Più che altro si tratta invece della convivenza nello stesso ambiente culturale di fasce sociali ben distinte (anche fisicamente distinte all'interno del teatro). Questo è presumibilmente il riflesso di una peculiarità storica del teatro musicale italiano che in una certa misura sopravvive tuttora, quella cioè di essere un fenomeno culturale di ottimo livello (fatto da gente colta e preparata) ma al contempo molto popolare, trasversale su tutte le fasce sociali.

Mio padre e mio zio, provenienti da una famiglia di bassa estrazione sociale, non avevano nessuna preparazione musicale specifica ma conoscevano molto bene il teatro musicale (in particolare quello italiano) e nel primo dopoguerra frequentavano regolarmente i teatri musicali romani (Teatro dell'Opera, Terme di Caracalla, ecc.). Nell'attesa dello spettacolo mi sono soffermato ad ascoltare incuriosito due signori di cui quello visibilmente più anziano raccontava come lui era cresciuto in famiglia recitando e cantando insieme agli altri membri della sua famiglia le parti salienti e più belle di molte opere della tradizione operistica italiana (come ad esempio quella che ci apprestavamo ad ascoltare). Lo stesso Giuseppe Verdi, il più illustre e famoso esponente di questa stagione musicale italiana, ha un'estrazione sociale popolare e contadina, ben sottolineata in tutte le sue biografie.

Un fenomeno culturale di massa prima della vera e propria cultura di massa veicolata dai moderni mass media.