venerdì 26 aprile 2013

E' tutta colpa di ...

Berlusconi entra in politica nel 1994 per costruirsi da solo una copertura politica alle proprie non sempre limpide attività personali, all'indomani della rovinosa caduta ad opera di tangentopoli di quella classe politica che fino ad allora lo aveva aiutato. La sua abilità fu quella di presentarsi all'opinione pubblica come un uomo di successo essenzialmente estraneo agli ambienti corrotti della politica italiana appena smascherati dall'azione giudiziaria della magistratura. Ottenne questo facendo leva su valori "estranei" alla politica, si propose alla scena politica come "non politico". Propose il modello del "partito-azienda". Propose l'idea che per governare un paese non servono politici, persone senza meriti acquisiti "sul campo" e quindi sostanzialmente incapaci, ma imprenditori, gente "del fare", gli unici in grado di mandare avanti in modo efficiente l'Italia, così come le proprie aziende.

E' necessario per questo un partito politico? No, è sufficiente un consiglio di amministrazione, un'oligarchia di gente capace a cui il paese deve affidarsi. E' necessaria una visione coerente della società che si vuole costruire? No, un'azienda non ha questi obiettivi, semplicemente si muove dentro la società, ne fa un uso strumentale a proprio vantaggio, coglie tutte le occasioni possibili per aumentare il proprio grado di successo, e lo fa anche in modo incoerente, spregiudicato. E i termini destra e sinistra? Ecco appunto, sono dei termini, servono per definire il campo di gara, per distinguere se stesso dal competitor, non ci devono essere idee troppo caratterizzate dietro, sarebbero perlopiù di intralcio. E la democrazia? Perbacco, un'aziende non si regge in piedi se cede troppo ai pareri di tutti, la partecipazione ampia alle decisioni è un modello insostenibile, l'operaio è operaio, l'impiegato è impiegato, pensare che abbiano parte attiva alle decisioni dell'azienda è da comunisti.

E la giustizia? Beh, questo è un altro discorso. E' sempre stato un altro discorso. Le regole andrebbero rispettate anche dalle aziende, ma qualche volta non lo si è fatto. Qualche volta Berlusconi non lo ha fatto. E questo "qualche volta" è sufficiente per essere costretti a sorvolare su tutto. Su tutto e su tutti. Non conviene ravanare su queste cose. La questione della giustizia va congelata a data da destinarsi, con tutti i mezzi possibili. Punto. E poi parliamoci chiaro: i meriti di un grande imprenditore, di un grande "produttore di ricchezza" della nazione, giustificano pure qualche scorrettezza, senza la quale un uomo di valore non riuscirebbe ad esprimersi al massimo delle sue potenzialità. Le regole sono briglie per le persone capaci.

Questo è il modello politico e culturale proposto a suo tempo da Berlusconi. E purtroppo è un modello che per chi sta al potere è estremamente conveniente e che per questo nella nostra classe politica ha attecchito in modo sorprendente. Sarebbe un modello da combattere sia da destra che da sinistra, ma a destra c'è un drammatico vuoto di intelligenza politica (da cui chissà quando ci riprenderemo), e la sinistra in tutti questi anni purtroppo non è riuscita a trovare la forza morale di distinguersi in maniera compatta da questa melassa di pseudo cultura politica, degenerata e degenerante. Questa incapacità la sta portando ad una crisi profonda.

E adesso abbiamo Grillo-Casaleggio e il Movimento 5 Stelle (e il tormentone del "tutti a casa"), ultimo rametto impazzito di questo cespuglio della seconda Repubblica.