martedì 7 gennaio 2014

Onestà intellettuale

Devo ammettere che la storia del carteggio tra Russel e Frege, risalente ai primissimi anni del 1900 e che ha segnato in modo profondo lo sviluppo della logica formale culminato poco più tardi con i lavori di Kurt Gödel, mi suscita una certa ilarità; ci trovo delle assonanze con la comicità grottesca che si incontra nei libri e nei film di Fantozzi. Il punto però è un altro: l'episodio è un incredibile esempio di onestà intellettuale. Citando Gilberto Corbellini "[...] si tratta di un'impresa che insegna ad apprezzare valori come l'onestà, il dubbio, il rispetto per i fatti provati, l'apertura mentale, l'affidabilità e la tolleranza".

Gottlob Frege (1848-1925) è stato uno dei più importanti logici del suo tempo. Ha preso in consegna l'eredità di grandi scienziati come George Boole e Georg Cantor e ha tentato di estendere alcuni dei loro risultati fino ad affermare la volontà di ridurre tutta l'aritmetica alla sola logica (logicismo), spendendo praticamente tutta la sua vita professionale per questo obiettivo. Si trattava di mostrare che tutte le leggi dell'aritmetica si possono derivare da un sistema di assiomi finito e da un insieme (sempre finito) di regole di inferenza le cui ripetute applicazioni a partire dagli assiomi avrebbero portato a qualunque affermazione vera dell'aritmetica.

Era certamente uno sforzo considerevole, fatto in solitudine, e che stava prendendo corpo in un'opera molto ampia dal titolo "Die Grundlagen der Arithmetik" (I Fondamenti dell'Aritmetica) da pubblicare in più volumi. Me lo immagino nel suo studio, giornate intere passate a scrivere, concentrato con la linguetta di fuori (no, questo è Fantozzi).

Un bel giorno, il 16 giugno 1902, arriva sulla sua scrivania una lettera di un giovane matematico inglese, certo Bertrand Russell, probabilmente tra i pochissimi studiosi che erano venuti a conoscenza della sua opera attraverso la lettura del primo volume pubblicato poco prima a spese dell'autore. La lettera conteneva una serie di sinceri apprezzamenti per il suo lavoro, tipo questo: "La trattazione rigorosa della logica nelle questioni fondamentali [...] è rimasta molto indietro; nella sua opera ho trovato la migliore elaborazione del nostro tempo, e mi sono permesso quindi di esprimerle il mio profondo rispetto". Ma tra un complimento e l'altro veniva anche rilevata una "curiosa anomalia", un "leggerissimo problema" (usando un linguaggio un po' fantozziano) che Russell esprimeva molto rispettosamente come una difficoltà: "Sono d'accordo con lei su tutte le cose essenziali [...] Trovo nei suoi lavori analisi, distinzioni e definizioni che invano si cercherebbero nell'opera di altri logici. [...] C'è solo un punto nel quale ho incontrato una difficoltà".

Questa "difficoltà" aveva per il lavoro di Frege la stessa conseguenza che potrebbe avere quello di togliere il mattoncino che fa crollare completamente la torre del Jenga! L'opera monumentale era stata messa davanti ad un ostacolo che si rileverà ben presto insormontabile (ci lavorò a lungo anche lo stesso Russell). Un'obiezione di fondo non aggirabile. Per la cronaca si trattava di quello che successivamente è passato alla storia come "il paradosso di Russell", del quale una delle tante formulazioni può essere: "la classe di tutte le classi che non contengono sé stesse contiene se stessa?" (che però non credo sia quella originale proposta a Frege). Me lo immagino nel suo studio mentre legge questa lettera e la sua faccia comincia a cambiare colore diventando nell'ordine: rosso, rosso pompeiano, arancio aragosta, viola, viola addobbo funebre, blu tenebra... (no, questo è sempre Fantozzi).

Ma la reazione ufficiale di Frege fu come dicevo di grande onestà intellettuale. Non tentò neppure in una fase iniziale di ignorare o nascondere quanto Russell gli aveva scritto. Stava per dare alle stampe il suo secondo volume quando decise di pubblicarlo con una postilla che faceva riferimento proprio all'obiezione di Russell. La causa che aveva fatto crollare irrimediabilmente la possibilità di raggiungere l'obiettivo più ambizioso della sua intera attività di ricerca veniva pubblicato insieme all'opera che avrebbe dovuto coronare questa stessa attività. La postilla di Frege cominciava così: "Per uno scienziato non c'è niente di peggio che veder crollare i fondamenti del suo lavoro proprio quando questo è stato appena completato. Io sono stato messo in tale situazione da una lettera del signor Bertrand Russell".

Molti anni dopo lo stesso Russell riconobbe il grande valore morale del comportamento di Frege scrivendo: "Quando penso ad atti di integrità e magnanimità, mi rendo conto che fra tutti quelli che conosco non c'è niente che regga il confronto con la dedizione di Frege alla verità. L'opera della sua vita era sul punto di essere completata, gran parte di essa era stata ignorata a tutto vantaggio di uomini infinitamente meno capaci, il secondo volume stava per essere pubblicato, e quando egli scoprì che il suo assunto fondamentale era errato la lieta e serena dirittura intellettuale con cui reagì prevalse chiaramente su ogni sentimento personale di delusione. Fu una cosa quasi sovrumana, una dimostrazione significativa di ciò di cui sono capaci gli esseri umani se è al lavoro creativo e alla conoscenza che si dedicano, e non all'impresa - tanto più grossolana - di emergere e farsi conoscere".

Frege morì nel 1925 risparmiandosi così i fondamentali teoremi di incompletezza di Gödel (1931) con i quali si dimostra formalmente che lo scopo da lui perseguito era semplicemente irraggiungibile. Me lo immagino nei suoi ultimi anni, seduto alla sua scrivania, piangere a lungo in silenzio, con grande dignità (cit. Fantozzi).


giovedì 2 gennaio 2014

Sperimentazione animale

L'altro ieri (ultima azione significativa del mio 2013) ho deciso di firmare la petizione di SEL sulla sperimentazione animale. In sostanza si tratta di una presa di posizione a favore del mondo scientifico nei riguardi del modo in cui il Parlamento italiano sta recependo la direttiva UE del Parlamento europeo, risalente al 2010 e "già frutto di un lungo processo di discussione tra associazioni animaliste e ricercatori". La maggior parte dei paesi europei hanno già recepito questa direttiva senza nessuna modifica. Il Parlamento italiano si appresta a farlo con l'introduzione di ulteriori norme più restrittive che, a detta del mondo scientifico, limiterebbe in modo eccessivo l'azione della ricerca.

Dettagli sulla questione si trovano in vari punti su internet e non mi interessa poi così tanto discuterli qui. Quello che più mi impressiona della faccenda lo riporto in questi due punti, facce della stessa medaglia.

1. Nella discussione di una legge del genere a me pare evidente che la politica dovrebbe interpellare il mondo scientifico. Una cosa che, viste le reazioni, non mi sembra sia successa. Introdurre ulteriori elementi restrittivi ad una legge già ampiamente discussa (e che già esprime un punto di equilibrio), sebbene allo scopo di aumentare le garanzie delle cavie animali, che impatto pratico avrà sulla ricerca scientifica? E' lecita la domanda? E' importante farsela? E a chi dovremmo porla per ottenere una risposta sensata? Per quale motivo i politici (o gran parte dei politici) non ritiene necessario avere un rapporto stretto (per questioni del genere e per molte altre) con un settore culturale così importante per il progresso di una società?

2. Una bella fetta di opinione pubblica italiana (a cui la politica è ovviamente molto sensibile) ha evidentemente una cultura scientifica così scarsa che non riesce proprio a valutare l'importanza vitale della ricerca scientifica, neanche quella in ambito medico, che pure dovrebbe essere la più facile da riconoscere. Probabilmente per molti italiani è estremamente difficile valutare le conseguenze che una legge del genere potrebbe avere sul medio-lungo periodo dal punto di vista del saper capire e trattare le patologie dell'uomo. Forse perché non hanno alcuna idea (neanche vaga) dei processi che portano nel tempo a definire terapie di successo o farmaci funzionanti. Proprio non ci hanno mai pensato.

Questa mancanza di comunicazione così evidente tra la società civile e la scienza è alla base di distorsioni macroscopiche nell'interpretazione di fatti evidenti e lascia spazio ad animalismi estremi che non hanno davvero alcun senso. Inoltre a me pare del tutto schizofrenica una società che usa quotidianamente tutte le conquiste scientifiche e tecnologiche degli ultimi secoli (ed in maniera sempre più ingorda, sempre più gonfiata dal consumismo) senza sapere assolutamente da dove vengono e quindi alla fine senza saperne riconoscere il valore.

Nota: il cosiddetto metodo stamina è un altro episodio istruttivo in tal senso. Una "cosa" che non è stata mai descritta da nessuna pubblicazione scientifica viene improvvisamente presentata come una terapia e sottoposta ad una "sperimentazione" (con ingenti finanziamenti pubblici) per poi scoprire che non si sa neanche cosa sperimentare dal momento che non si sa di che cosa si sta parlando! Con controversie risolte dal TAR anzichè discusse negli ambienti scientifici appropriati. Il tutto giustificato da buona parte dell'opinione pubblica con un ragionamento del tutto antiscientifico del tipo "visto che per molte patologie non si sa fare niente di risolutivo tentiamo questo e vediamo cosa succede, non si sa mai ... ho sentito che uno dei pazienti trattati così è un po' migliorato ...". Peraltro si tratterebbe di sperimentazione umana, con buona pace degli animalisti.