lunedì 31 agosto 2020

Immuni e individualismo

Ammetto di aver installato l'app Immuni con un certo ritardo dalla sua uscita. Diciamo cha la motivazione principale è stata la pigrizia. Questa "pigrizia" però evidentemente sta caratterizzando il comportamento della maggior parte degli italiani dal momento che Immuni ha avuto fino ad ora scarso successo.

Io penso da tempo che una delle caratteristiche principali delle nostre società (non solo quella italiana) sia il forte individualismo e ora credo che l'insuccesso di Immuni abbia a che fare più con questo che con la pigrizia.

Perchè dovrei installare Immuni? Ci sono sostanzialmente due ragioni per farlo.

La prima è questa: nel momento in cui mi scopro positivo al virus posso avvisare le autorità sanitarie e con loro informare i server del servizio sanitario nazionale in modo che tutti i cittadini che recentemente sono venuti a contatto ravvicinato con me siano tempestivamente avvisati dall'applicazione. Embè? Perchè dovrei farlo? C'è il tampone per capire se si è positivi. Ci sono i primi sintomi. C'è bisogno anche di me? Nel momento in cui mi scopro positivo ho già i miei problemi.

La seconda è la sua complementare: l'applicazione può avvisarmi nel caso io sia venuto a contatto recentemente in maniera continuativa con cittadini positivi al virus. E allora? A quel punto dovrei andare dal mio medico? Senza sintomi? Dovrei forse fare il tampone? Per sicurezza? Con tutto quello che ho da fare? Perchè mi dovrei complicare la vita?

L'obiettivo principale dell'applicazione non è quello di proteggere il singolo individuo, è quello di proteggere la società (di cui il singolo individuo ovviamente fa parte), tracciando nella maniera più efficiente e veloce possibile la diffusione del virus. L'oggetto è la comunità nel suo complesso, questo è il problema.

Evidentemente per la maggior parte di noi il concetto di comunità è diventato troppo astratto e sfumato, tanto da far prevalere su di esso la nostra naturale pigrizia (e tutta una serie di sciocchi timori che la puntellano). Leggi anche indifferenza.

martedì 4 agosto 2020

La misura del tempo

La settimana scorsa abbiamo festeggiato gli 88 anni di mia madre. Le ho regalato un libro, non so bene di che cosa parli perché non l'ho letto, spero di aver indovinato e che le piaccia. Io l'ho scelto soprattutto per il titolo (oltre che per il fatto che è uscito da poco e che è stato un finalista al premio strega di quest'anno): "La misura del tempo" (di Gianrico Carofiglio). Mi sembrava azzeccato per una persona che il tempo lo dovrebbe misurare con attenzione, e a suo modo ne parla spesso ("fino a qui ci sono arrivata, poi chissà ..."). Anche se mio fratello giustamente mi ha fatto notare che forse, in questi ultimi anni la mamma non misura più tanto bene il tempo, visto che la percezione del tempo nella vita di una persona è sempre basata sulla memoria del suo vissuto, e questa da un certo punto in poi fa strani scherzi, rende incerta anche la semplice cronologia degli eventi.

Ho detto a mia madre che i suoi anni sono tanti quanti i tasti di un pianoforte. Un modo forse divertente per quantificare visivamente gli anni di una persona. Nessuno dei suoi nipoti ha superato le prime due ottave. Poi pensandoci ho realizzato che io ho già consumato tutti i miei tasti bianchi e un paio di tasti neri, anche se nell'arco della vita espressa dalla tastiera di un pianoforte i tasti neri sono ancora un 41% circa.

Qualche anno fa è morto Oliver Sacks. Recentemente mi è capitato di leggere il suo ultimo libro, "Gratitudine", una raccolta di quattro saggi molto brevi ma molto intensi, che il medico e scrittore ha composto nell'ultimo periodo della sua vita, quando era già malato e prossimo alla fine. Il terzo saggio si intitola "La mia tavola periodica" e racconta della sua abitudine a rappresentare la sua età con gli elementi chimici, ad ogni anno l'elemento chimico con il corrispondente numero atomico. Sulla sua scrivania era poggiato da una parte un campione di bismuto, l'elemento 83, che non ha mai raggiunto ("penso che, in un modo o nell'altro tenere vicino a me l'83 ispiri speranza e infonda coraggio"), e dall'altra un pezzo di berillio, l'elemento 4 ("sta lì a ricordarmi di quando ero bambino, e di quanto sia lontano l'inizio della mia vita, ora prossima alla fine").

Mia madre è arrivata al Radio, importantissimo elemento chimico, da cui deriva il termine radioattività e che portò Marie Curie al suo secondo premio Nobel (1911). Regalarle un campione di radio sarebbe stato certamente più originale del libro, ma un tantino pericoloso.

Io sono arrivato allo Xenon, gas nobile.

P.S.: 88 è anche il numero delle costellazioni della sfera celeste :-)