domenica 31 dicembre 2017

Il senso della bellezza

Sono andato a vedere la proiezione di un film un po' particolare, a metà strada tra un vero film e un documentario. Il tema generale era l'attività scientifica attuale, in particolare quella grandiosa (e forse percepibile dal pubblico generico anche come un po' pretenziosa) della fisica delle particelle svolta al centro di ricerche europeo di fisica nucleare (il famoso CERN), e la sua relazione con il concetto di bellezza, messo a confronto con quello usato nell'arte. In realtà i temi parziali elaborati nell'ora e un quarto di proiezione erano più numerosi. La narrazione si articolava in dieci sezioni, ognuna con un suo titolo e dunque con un suo tema specifico.

Le cose migliori che sono venute fuori, quelle che mi hanno colpito di più, sono le seguenti.

All'inizio viene descritto l'ambiente del CERN, le sue spettacolari realizzazioni tecniche che lo rendono unico al mondo, e i suoi obiettivi scientifici altrettanto spettacolari. Mi ha colpito il momento in cui viene sottolineato che tutta la complessa tecnologia e tutti gli artefatti giganteschi e costosissimi, concepiti e perfezionati nell'arco di decenni di lavoro, non servono per nessun obiettivo di produzione, come succede spesso per l'innovazione tecnologica, e dunque in un certo senso sono perfettamente inutili. Questo fa riflettere un po' sul concetto generale di utilità delle idee, su come questo concetto non sia sempre riducibile all'utilità pratica immediata, su che cosa è veramente utile all'umanità.

Sempre nelle fasi inziali del film vengono anche ben descritti gli scopi e gli obiettivi che hanno portato negli anni sessanta a dar vita al CERN. Un bel momento è quello in cui Fabiola Gianotti (attuale direttrice generale del CERN e responsabile del progetto ATLAS che ha portato alla prima storica osservazione del bosone di Higgs) cita il documento che dà il via al CERN. Semplice e significativo il documento definisce tre obiettivi del centro: ospitare i laboratori di ricerche nucleari, rendere noti all'umanità tutti i risultati ottenuti da queste ricerche e da tutte quelle ad esse collegate (si pensi all'invenzione del World Wide Web di Tim Berners-Lee), riunire tutti i ricercatori del mondo interessati alle ricerche svolte nel centro e creare così un ambiente internazionale. Attualmente il CERN ospita scienziati da tutto il mondo, anche da paesi ufficialmente in guerra tra loro, anche da paesi che non si riconoscono reciprocamente, in un ambiente pacifico di cooperazione internazionale per il perseguimento di conoscenze condivise da tutta l'umanità.

In una fase centrale del film si cerca di descrivere invece lo sfondo scientifico dei progetti di ricerca che si svolgono al centro. Si parla quindi con un certo tono suggestivo di fisica quantistica. La cosa più interessante che emerge è secondo me il concetto di immaginazione. Il mondo atomico e subatomico protagonista di tutte le ricerche del CERN che abbiamo imparato a descrivere molto bene (almeno fino a questo momento) con la fisica quantistica è "del tutto inimmaginabile", ovvero non può essere immaginato, almeno non nel senso di potersene fare una qualche immagine visiva. La vista, così importante nei meccanismi di immaginazione dell'uomo, risulta praticamente inutile in un mondo di cui non abbiamo mai avuto e probabilmente non avremo mai una percezione visiva. Per di più i meccanismi e gli oggetti del mondo atomico e subatomico, che abbiamo capito essere cruciali per tutto quello che sappiamo spiegare sulla natura, non sono mai rientrati in nessuna esperienza dell'uomo, in tutta la sua storia evolutiva. Quindi quali meccanismi di pensiero si possono usare per avanzare nella comprensione di questo mondo mai visto e mai percepito? E come possiamo far lavorare l'immaginazione in un ambito simile? Più esattamente in che modo usare l'immaginazione?

Tra le idee immaginate per esplorare questo mondo, certamente tra quelle più usate e feconde di risultati, c'è l'idea di simmetria che in effetti, contrariamente a quanto si può pensare, non è un concetto solo strettamente visivo. Ma la simmetria in sé e per sé non è sufficiente, o meglio, ha una sua certa aridità. Il mondo si nutre di simmetria tanto quanto della sua "rottura". La rottura di simmetria è infatti un'altra importante idea immaginata dagli scienziati che si affianca a quella della simmetria e in un certo senso è complementare ad essa. Qui però il film non riesce ad essere più preciso di tanto e il discorso infatti si indebolisce progressivamente.

Il tema della simmetria e della sua rottura è uno dei "ponti" che portano il film progressivamente ad allacciarsi al concetto di bellezza (la simmetria è una bellezza del mondo e la sua rottura rende il mondo meno sterile e più vario) e dunque all'arte, essendo l'arte concepita come la rappresentazione della bellezza. E' da questi allacci che si sviluppa una buona seconda metà del film che però secondo me comincia ben presto a diventare vago e un po' noioso.

Qua e là viene spesso ripreso il tema più specifico del CERN e in particolare il racconto del suo ultimo esperimento, che se non sbaglio risale alla primavera di quest'anno. La particolarità interessante che emerge in questo contesto è lo scopo generale di questo esperimento. Fino ad ora praticamente tutti gli esperimenti condotti al CERN avevano come obiettivo principale quello di osservare qualcosa che in larga parte era previsto dalla teoria, cioè era già stato immaginato e rappresentato. Quest'ultimo esperimento invece si muove nel buio quasi totale dell'ignoranza, non è chiaro cosa si sta cercando, non è chiaro cosa verrà fuori di interessante. Nessuno lo ha ancora immaginato con sufficiente precisione. Sembra che sia la prima volta.

La digressione artistica indebolisce tutta la seconda parte del film ma al termine viene ripreso il concetto di immaginazione. Vengono mostrate le famose pitture rupestri dell'alba dell'uomo, sono scene di caccia. L'uomo per poter catturare la sua preda la doveva prima immaginare, sognare, rappresentare nella parete di una grotta. L'ultimo esperimento del CERN alla fine non ha rivelato nessuna nuova particella, quello che è stato visto (ben poco) ha prodotto, per poter essere interpretato, ben 400 teorie differenti, tutte inutili. Per arrivare a nuovi risultati forse l'uomo dovrà prima immaginarli, sognarli o rappresentarli in qualche modo. Questo conclude il film.

domenica 24 dicembre 2017

Cineforum su Guerre Stellari episodio VIII

A parte alcuni aspetti della trama del film che mi sono sembrati subito intuitivamente poco funzionanti, l'attuale ultimo episodio di Guerre Stellari non mi aveva dato molti spunti di riflessione. Solito film molto spettacolare da cui però non ci si aspetta granché se non quello di godersi scene di improbabili combattimenti spaziali, in linea con il titolo della saga. Se non fosse stato per mio figlio avrei gettato la spugna già da un po' (come era già successo anni fa) senza troppi ripensamenti.

Questa volta però alcune circostanze hanno reso più divertente e interessante il "dibattito" sul film tanto da farmi ritornare l'esigenza di appuntarmi qualche osservazione di carattere generale (avevo già scritto qualcosa in merito in corrispondenza dell'uscita del film precedente), pur senza riportarne i particolari.

Un collega di lavoro, giovane ma molto esperto e appassionato della saga, ha bollato questo ultimo film come una schifezza, senza mezzi termini, con una intolleranza evidentemente generata proprio da questa sua passione. L'aspetto per lui inaccettabile che ha colto nel film è il seguente: la saga è un fantasy, quindi può succedere praticamente qualsiasi cosa (non devo rispettare quei criteri di plausibilità scientifica che tipicamente caratterizzano in varia misura il genere di fantascienza), però proprio per essere riconoscibile come un'unità la saga dovrebbe poggiare su elementi fissi non stravolgibili e questo è esattamente quello che è stato fatto secondo il mio collega, una mancanza di fedeltà agli aspetti caratterizzanti della narrazione che non può passare liscia perchè ha l'effetto di alienare il film da tutti gli altri della serie, senza giustificazione se non quella di produrre l'ennesimo film su un tema di sicuro successo. Dunque meglio finirla qui che andare avanti in modo squinternato senza più legami con la storia originale.

Uno dei tanti recensori online su un canale YouTube ha probabilmente colto lo stesso aspetto ma ribaltandone il senso. La ricerca dell'ortodossia nella trama della saga è secondo lui una cosa da "vecchi rincoglioniti" (parole sue). Viva le nuove generazioni che non coltivano l'assoluta fedeltà alla storia tradizionale ma accettano le novità così come arrivano e si godono il film e i suoi temi generali, che pure ci sono.

Un altro recensore di YouTube avanza un'interpretazione che per certi aspetti sembra una via di mezzo delle due appena descritte. Il film sarebbe nel complesso piuttosto deludente perchè durante il suo svolgimento sembra abbozzare un'interessante evoluzione della dicotomia tra bene e male, un tema fondamentale che caratterizza l'intera saga, suggerendone un possibile superamento che offrirebbe nuovi e originali sviluppi, ma poi nel finale in qualche modo tradisce le aspettative e torna sui suoi passi riallineandosi ai vecchi temi senza mostrare il coraggio di allontanarsene. Quest'ultimo giudizio è quello in cui mi sono ritrovato di più, anche se c'è ancora l'episodio finale da vedere, e sviluppi originali della trama sono ancora possibili.

Infine nei vari commenti ascoltati sul film un tema ricorrente è stato "quanto influisce (negativamente) la proprietà Disney sulla saga?" Io non lo so, ma di sicuro il problema delle grandi produzioni è spesso quello di appiattire le opere dell'ingegno di qualsiasi tipo in prodotti collaudati per un mercato ampio e per un guadagno sicuro, a scapito dell'originalità che, si sa, è intrinsecamente rischiosa. Questo film potrebbe esserne un esempio.

Insomma non mi aspettavo un dibattito tutto sommato stimolante da un film del genere. E mi ha fatto piacere seguirlo e discuterlo insieme a mio figlio.