lunedì 4 novembre 2019

Una visita al Maker Faire

Negli anni settanta esisteva a Roma una mostra annuale di tecnologie elettroniche chiamata semplicemente, se non ricordo male, "Mostra dell'elettronica" o "Fiera dell'elettronica", che si teneva al Palazzo dei Congressi di Roma EUR. Io e i miei fratelli, troppo piccoli per avere interessi del genere, ci andavamo portati da nostro zio paterno, lui sì molto interessato. Uno dei ricordi di questa abitudine annuale un po' forzata sono i primi televisori a colori esposti alla mostra, era la seconda metà degli anni settanta, proprio il periodo dell'introduzione in Italia delle trasmissioni televisive a colori.

L'altro giorno ho "accompagnato" mio fratello minore al Maker Faire, la manifestazione internazionale (edizione europea) dell'innovazione, che nella nostra immaginazione e nei nostri lontani ricordi ci sembra essere la cosa attuale più somigliante alla "nostra" fiera dell'elettronica (a dire il vero cercando in rete si trova una fiera dell'elettronica, ma sembra una manifestazione di settore su prodotti per radioamatori, una cosa ben diversa da quella che frequentavamo allora).

La visita è stata per motivi di tempo piuttosto frettolosa, anche perchè le dimensioni della manifestazione (ormai alla settima edizione, sempre più pubblicizzata e sempe più popolare) sono ragguardevoli, 9 padiglioni della Fiera di Roma. Il padiglione più interessante tra quelli che abbiamo avuto il tempo di visitare è stato quello della robotica e intelligenza artificiale. Ma perlopiù vagavamo leggermente disorientati, buttando l'occhio un po' qua un po' là, con qualche difficoltà a soffermarci sui prodotti dei vari stand.

Sono tornato a casa divertito da questa gitarella in stile amarcord e dalle quattro chiacchiere con mio fratello ma con un certo senso di insoddisfazione per quello che avevo visto. Successivamente sono arrivato ad una conclusione che mi sembra di un qualche interesse e che mi appunto in questo post.

Una manifestazione come questa, di carattere essenzialmente tecnologico, ha secondo me un difetto abbastanza grave di comunicazione, e credo anche che questo stesso difetto spesso affligga gran parte della comunicazione tecnologica (e, ahimè, scientifica). Gli stand presentano dispositivi più o meno affascinanti ma trascurando quasi sempre o riducendo ai minimi termini le descrizioni di come sono fatti, i dettagli di come si è arrivati ad ottenerli, le idee e i principi dietro l'oggetto in sè. Magari si dice a cosa servono o cosa fanno, a quali applicazioni attuali o future sono destinati, ma ben poco dei percorsi seguiti per arrivarci. Una esposizione di risultati che alla fine mi sembrava quasi sempre insoddisfacente e poco stimolante. Vedere una squadra di piccoli robot che giocano a pallone, per giunta in maniera un po' patetica, è divertente per qualche minuto poi ti viene la curiosità di sapere qualcosa di più su come fanno quei pupazzetti a capire che sono caduti e quindi a rialzarzi (la cosa più affascinante che si notava). Ma non sembrava questo lo scopo delle esposizioni. Si presentavano risultati ed obiettivi senza illustrare in modo soddisfacente i percorsi per ottenerli. Forse per la loro complessità era scontato che ci si dovesse capire ben poco. Più o meno come sta succedendo per la scienza.

Al di là della manifestazione a cui siamo andati, alle sue ragioni (in fondo era una mostra di espositori che producono tecnologia) e alla nostra eventuale distrazione credo che nella comunicazione tecnologica e nei suoi fallimenti in campo formativo e divulgativo questo sia un punto cruciale e che questa cosa sia peggiorata e diventata più significativa proprio con l'accelerazione della tecnologia e con il progressivo aumento della sua complessità. Essere ricoperti da dispositivi (scatole nere) che fanno cose non è intellettualmente stimolante. L'innovazione è fatta di idee che in qualche modo devono poter essere comunicate, non di prodotti da utilizzare. In un momento come questo credo che la divulgazione tecnologica (almeno quanto quella scientifica) sia di un'importanza fondamentale per la cultura media, per quel corpo di conoscenze condivise che definiscono una società. Perdere completamente il contatto con le idee della tecnologia e ridursi alla utilizzazione dei dispositivi è una povertà culturale che dovrebbe preoccupare.