sabato 2 giugno 2018

Un articolo di Feltri

L'altro giorno mi imbatto in un articolo che criticava in maniera molto severa un altro articolo scritto da Vittorio Feltri. Questo veniva accusato abbastanza apertamente di stupidità e poi, con una certa riluttanza (perché un articolo stupido non andrebbe neppure considerato) veniva analizzato punto per punto. La questione riguardava le considerazioni che si possono fare sulle disparità di compensi tra uomo e donna nel mondo del lavoro. I due articoli in questione sono qui (articolo di Feltri) e qui (articolo in risposta).

Quello che mi ha colpito nella lettura di questo "carteggio" e che mi interessa sottolineare è la chiara posizione di destra che traspare nell'esposizione di Feltri e che però non mi pare venga colta dalla giornalista che lo critica, o almeno non viene abbastanza sottolineata, non quanto mi piacerebbe. Certo si può dire che l'articolo di Feltri è una cazzata ma a me pare più interessante rivelarne la posizione ideologica sottostante, che invece una cazzata non lo è.

La questione descrive tecnicamente una diseguaglianza tra i generi maschile e femminile in un ambito sociale molto importante come quello del lavoro. La posizione di Feltri è di destra in quanto riconosce l'esistenza di questa diseguaglianza e la presenta come un fatto costitutivo e ineludibile della società. E' la donna che sceglie di fare i figli e automaticamente di penalizzarsi sul fronte della carriera, della professionalità, della produttività e dunque della retribuzione. Queste sono conseguenze che discendono "naturalmente" da questa scelta. D'altra parte è la natura che ha stabilito che i figli li fanno le donne e non gli uomini. Il richiamo all'aspetto naturale della questione lo trovo particolarmente significativo.

Perché contrastare una diseguaglianza così ovvia ed evidente? A che scopo? Non è meglio accettarla ed accettare di fondare la convivenza tra uomo e donna su questo? Magari la società così funziona anche meglio.

Credo che il pensiero di Feltri, per quanto la giornalista lo classifichi come scemo e non degno di commento, si ritrovi implicitamente espresso nella nostra società. Io ho più volte riflettuto sul fatto che la famiglia italiana ha in media l'occasione di funzionare meglio se si accetta una fondamentale disuguaglianza tra uomo e donna nel mondo del lavoro. L'uomo lavora, pensa alla carriera e al raggiungimento di un adeguato benessere economico, la donna pensa alla casa e ai figli ("lei sceglie di farli, lei se li cresce", direbbe Feltri). Molte famiglie alla fine funzionano ancora molto bene con questa logica, magari con qualche variante ma poco significativa. Se è vero che in molte famiglie lavorano entrambi i genitori è altrettanto vero che questo spesso non esprime una uguaglianza, cioè un'eguale libertà di scelta, ma al contrario si tratta di una scelta obbligata da motivi di sostentamento (un solo stipendio normale non può far fronte alle esigenze di un tenore di vita medio) attorno alla quale si sviluppano spesso parecchie difficoltà e frustrazioni familiari.

L'uguaglianza in questo ambito, come in tutti gli ambiti della società, va costruita, protetta, rafforzata, fatta crescere. E noi, sia politicamente che culturalmente (le due cose vanno di pari passo), non ne siamo ancora sufficientemente capaci.