sabato 16 maggio 2015

Sicurezza computazionale

Fissati due numeri primi distinti p e q è molto facile e veloce calcolare il loro prodotto N, anche se i numeri in questione sono molto grandi. Per essere più precisi il numero di passaggi che servono per calcolare il prodotto di due numeri primi cresce con la grandezza degli stessi in modo solo lineare (quindi cresce, ma non poi così tanto). È sempre possibile, in virtù di un teorema che dimostra che un numero intero qualsiasi ammette sempre una scomposizione in fattori primi e che questa è unica, recuperare dalla sola conoscenza di N i due numeri primi p e q che lo compongono. Il fatto sostanziale è che questo tipo di calcolo risulta essere intrinsecamente difficile. Per dirlo meglio il numero di passaggi per calcolare una scomposizione in fattori primi cresce esponenzialmente con il numero N. Questo in pratica vuol dire che se si sceglie N sufficientemente grande (non occorre neanche esagerare troppo) si riesce facilmente a fare in modo che il tempo di calcolo sia insopportabilmente lungo, anche per un computer estremamente potente. Quindi c'è una sostanziale disparità tra chi conosce p e q (e quindi N) e chi conosce solo N. La disparità è di tipo squisitamente computazionale, cioè in linea di principio (e anche in pratica) tutti possono calcolare tutto ma alcuni calcoli hanno inevitabilmente tempi di esecuzione inaccettabili. Non riuscire a calcolare in tempi ragionevoli una cosa (ad esempio prima che qualcuno possa prendere ulteriori provvedimenti per difenderla o più semplicemente prima che il passare del tempo l'abbia resa inutile) significa non poterla conoscere. Con idee del genere, opportunamente elaborate in algoritmi crittografici da macinare al computer, si può realizzare un passaggio sicuro delle informazioni da un mittente ad un destinatario con la ragionevole sicurezza che un ipotetico intruso che intercetti il messaggio in transito non sia in grado di capirlo perché semplicemente non è in grado di calcolare in tempi sufficientemente brevi i parametri numerici che servirebbero per leggerlo. Si tratta di una sicurezza tutta poggiata sulle difficoltà di calcolo, una sicurezza computazionale. Tutta la sicurezza informatica attuale è fondata su questa idea semplice ma potente. C'è da dire però che nessuno può escludere che se un calcolo risulta difficile con tutti gli algoritmi conosciuti fino ad ora non possa esistere un qualche algoritmo non ancora formulato che renda quel calcolo addirittura banale. Non ci sono certezze in merito a questa possibilità. Per questa cosa vale solo l'esperienza. Molti problemi di calcolo sono rimasti difficili, hanno resistito a numerosi tentativi di semplificazione e non sembrano poter cedere così facilmente. La scomposizione in fattori primi è uno di questi. Curiosamente la complessità computazionale di molti problemi di calcolo non è quasi mai garantita a priori (cioè attraverso teoremi generali) ma la sicurezza computazionale che da essa deriva per quanto "non assicurata" è lo strumento più potente che abbiamo per proteggere le nostre informazioni su internet.

Nota: rileggendo questo post prima della sua pubblicazione mi accorgo che rimane oscuro un passaggio che però (soprattutto a fini pratici) va certamente sottolineato: chi mi fornisce i due numeri primi p e q molto grandi? E quanti ce ne sono di questi numeri? Se fossero dieci in tutto un algoritmo di sicurezza informatica poggiato su di essi non avrebbe senso. La risposta alla seconda domanda è forse scontata ma è troppo importante per non dirla: i numeri primi sono infiniti, anche se la loro densità scende mano mano che si va avanti nella serie dei numeri naturali. La risposta alla prima domanda è meno scontata e anche questa va detta: i cosiddetti test di primalità, cioè i metodi per stabilire se un numero è primo o no, e quindi anche i metodi per ricercare numeri primi, sono basati su algoritmi molto più veloci di quelli che si conoscono per la fattorizzazione. E' essenzialmente su questo che si basa la disparità di natura computazionale di cui parlo nel post.

venerdì 8 maggio 2015

Catastrofi naturali

Mi colpisce sempre che a tutt'oggi di fronte a disastri naturali come quello del recente terremoto in Nepal ci sia sempre qualcuno nei mezzi di informazione che si chiede "il perché di tanta sofferenza", senza però far riferimento alla colpevole mancanza di azione preventiva, vera causa del grande tasso di mortalità in questi eventi, e alle sue tante e significative motivazioni, come quelle che potrebbero essere suggerite dal fatto di riscontrare sciagure di questa entità quasi esclusivamente in paesi del terzo mondo.

Il "perché di tutto ciò, di tutta questa sofferenza" è invece posta sempre come una domanda metafisica, dunque in questo caso è del tutto inutile. Si tratta di un classico esempio del farsi domande che non possono portare a niente, neanche se ci pensi per intere generazioni (come tutto sommato è successo). In genere viene usata da chi professa un credo religioso per suggerire la presenza, da qualche parte, di una logica superiore che però non possiamo conoscere, ma che c'è e sappiamo in fin dei conti di che si tratta. Insomma non è neanche usata come una vera domanda, è appunto un suggerimento (spesso pure inconsapevole). Inoltre dietro a questo suggerimento c'è secondo me una presunzione che ha del tragicomico.

Migliaia e migliaia di intere colonie di innocenti formiche sono scomparse sotto le scosse di terremoto. Migliaia di animali avranno fatto la stessa fine dei nostri sfortunati simili (sofferenze comprese). Innumerevoli specie viventi sono scomparse dalla faccia della terra a causa di cataclismi, drastici cambiamenti climatici e meteoriti giganti. Chissà quante civiltà aliene sono state annientate da esplosioni di supernove o da eventi naturali altrettanto spaventosi presenti nell'universo. Perché tutto ciò? Perché tutta questa sofferenza?

Abbiamo fatto molta strada in questi millenni di civiltà. Potremmo anche cominciare a farci le domande giuste su certe cose.

domenica 3 maggio 2015

Manifestazioni contro, ma contro cosa?

Si è aperta l'esposizione internazionale di Milano (Expo 2015). Cerimonie per tutta la mattinata con la presenza delle istituzioni nell'area espositiva e contemporaneamente manifestazione di segno contrario nel centro della città.

Entrambe queste due cose mi sembrano del tutto normali. E' normale che un evento del genere, che sembra così importante per l'immagine internazionale dell'Italia e che risulta così costoso, abbia un'apertura ufficiale di grande risonanza. E' anche normale che sia accompagnata da movimenti di protesta di una parte della società. L'Expo potrebbe essere discutibile sotto vari punti di vista e che venga contestata è prevedibile, direi anche che è cosa auspicabile in una società democratica eterogenea. La dissidenza quando c'è è sempre un elemento positivo, fa riflettere, chiarisce le idee.

Quello che non mi sembra normale è ad esempio il movimento di protesta, come ha agito e come se ne è parlato. La manifestazione cittadina ha subìto l'infiltrazione violenta e distruttiva dei cosiddetti Black Bloc. Ormai succede praticamente sempre, ad ogni manifestazione contro tutte quelle cose che sono percepite in varia misura come una qualche forma di degenerazione del capitalismo. Ormai è anche ben evidente l'effetto che questo produce: distruzione dell'arredo urbano e distruzione dei temi della protesta. Fino al punto che uno si chiede se questi ultimi c'erano davvero.

E quello che non mi sembra normale è che i mezzi di informazione non vadano a spulciare le idee della protesta se queste ci sono, e non provino a tirarle fuori dal polverone degli estremisti violenti, anzichè indugiare scandalizzati di fronte alle vetrine rotte (a che serve? che giornalismo è?), o intervistare ragazzi sprovveduti che non hanno ben capito neppure dove si trovano.

E quello che non mi sembra normale è che passi in secondo piano il racconto dell'Expo, di come è fatta, di cosa effettivamente espone, di come è organizzata e di quali sono i suoi veri temi al di là delle luminarie e dei costumi folkloristici (e anche al di là degli scandali che ci sono stati per la sua organizzazione).

Se ci sono delle idee importanti promosse da un evento del genere, uniche a giustificarlo, e uniche a giustificare un'eventuale protesta, che venissero fuori, chiare e forti, e se ne discuta. Ma ci sono?