mercoledì 13 agosto 2014

Incomunicabilità

Feste, cene, occasioni. Gente che a vari scopi si riunisce a mucchi di dieci, venti. In situazioni distratte e mangerecce. "Come va?", "e il lavoro?", "che bei bambini! Il secondo poi! Che buffo quando ride", "il tuo che classe fa?", "il mio quest'anno deve togliere assolutamente il pannolino, il tuo a che età l'ha tolto?", "bella casa, davvero", "ah, questo è il bagno ... bello!", "tutto molto buono, sei stata bravissima, come al solito", "grazie per la serata!".

In certe situazioni quello che mi colpisce di più è l'alto grado di incomunicabilità a cui si può arrivare. Il paradosso è che credo che questo sia frustrante un po' per tutti, non so con quale livello di consapevolezza però. Te ne accorgi quando ti capita (se sei fortunato) di stare a tu per tu con un amico, anche solo cinque minuti, non necessariamente parlando di cose importanti (ma poi queste vengono fuori da sole). Pensi che in quelle chiassose riunioni di amici e parenti a cui periodicamente sei più o meno costretto, se si prendessero due persone a caso e le si mettessero da sole una di fronte all'altra la probabilità che non abbiano nulla da dirsi sarebbe decisamente alta.

Purtroppo mi pare evidente che la famiglia come nucleo sociale un po' coatto contribuisca in buona parte alla costruzione di queste parodie di socialità. Famiglia allargata, parenti, amici di parenti, a meno di alcuni casi fortunati le situazioni che si creano hanno un grado di forzatura che induce al comportamento ipocrita, almeno in una certa misura.

Per parte mia ci metto tutta la mia difficoltà alla socializzazione su grandi numeri, alla discussione su temi estemporanei tipo "il più e il meno", alla conversazione continuamente interrotta da un sottofondo di bambini scalmanati (ipercontrollati da genitori costantemente distratti da qualunque insignificante cazzata dei loro figli).

L'esasperazione di certe situazioni mi porta perfino a pensare che se tutti quanti ad un certo punto della serata si appartassero con il loro smartphone forse il livello di comunicabilità salirebbe significativamente (in fin dei conti lo smartphone è pur sempre uno strumento di comunicazione, anche se su spazi diversi e con modalità diverse, e tutta quella retorica che si fa oggi sul suo potere di alienazione mi sembra una gran cazzata in confronto a quello a cui si riesce ad arrivare in certe situazioni di compresenza fisica).

Io non ho più tempo per parlare a vuoto, il tempo mi serve. Non sono un asociale, almeno non credo di esserlo. Se riesci a parlare a quattrocchi con una persona (e in tal caso non è necessaria neanche la vicinanza fisica) hai una concreta possibilità di comunicare, diversamente la vedo dura, il rischio è quello di un palliativo. Le barriere di incomunicabilità che in parte noi stessi con il nostro stile di vita contribuiamo a costruirci sono semplicemente mostruose.