lunedì 30 aprile 2018

L'inghippo del post-ideologico

Oggi mi imbatto in una dichiarazione di Luigi Di Maio, attuale leader del Movimento Cinque Stelle, che accusa sia la destra (Lega) che la sinistra (PD) di non aver colto finora le sue proposte di accordo per formare un nuovo governo, lasciando aperta solo la strada di nuove elezioni. Cioè M5S si è rivolto separatamente prima alla Lega e poi al PD per cercare di definire con loro un accordo di programma con cui governare. Ovviamente questi accordi sarebbero stati piuttosto diversi ma M5S può "vantare" un pragmatismo tale da consentirgli di trovare punti in comune tanto con la destra che con la sinistra.

Questa cosa nel messaggio viene esplicitamente sottolineata con una frase che io considero una delle peggiori sentite pronunciate da un politico negli ultimi anni: "Il nostro è un movimento post-ideologico, per noi le idee non sono nè di destra nè di sinistra, sono idee buone o cattive". Ho già espresso in un altro recente post le mie perplessità in merito a questo modo di pensare, ma qui vorrei definirle meglio, se ci riesco.

Se io non mi rifaccio ad una ideologia il mio approccio sarà necessariamente di tipo pragmatico, cioè analizzerò provvedimento per provvedimento e deciderò in merito ad ogni singola questione presa a sè stante. Ma è pensabile fare questo? Ha senso considerare ogni singolo problema senza inserirlo in un contesto di analisi dell'intera società? Non è una visione eccessivamente riduzionista della politica? Se non parto dal tentativo di avere una visione generale della società probabilmente non sono in grado neanche di definire correttamente i suoi problemi e quindi di trovare la strategia giusta per affrontarli e risolverli. Credo che una buona politica non possa rinunciare a fare questo.

Avere una visione generale della società ha un effetto sia sui problemi che individuiamo e sul loro grado di importanza, sia sulle risposte che formuliamo per risolverli e sul modo in cui risolverli. Viceversa la definizione dei problemi, delle priorità e delle possibili soluzioni definisce abbastanza chiaramente una visione generale della società, ovvero un'ideologia.

D'altra parte è possibile far scadere il dibattito politico proprio sulla base di questo pragmatismo individuando dei problemi talmente generici da accomodarcisi con qualunque ideologia, o con nessuna ideologia. In questo senso la lotta alla povertà dichiarata più volte da M5S è certamente una cosa "buona" e condivisibile, l'onestà è anch'essa cosa "buona" e condivisibile. Ma da qui mi pare si capisca bene che la categoria di buono e cattivo in politica è semplicemente una stronzata. Sono concetti assoluti che non hanno senso. Buono per chi? Cattivo per chi?

Insomma, data una certa società, a me pare veramente sciocco pensare che su di essa si possano distinguere in forma assoluta idee buone e cattive. Se così fosse la politica non avrebbe alcun senso, non esisterebbe. Piuttosto ci saranno necessariamente delle scelte precise di problemi e soluzioni che definiscono inevitabilmente più interpretazioni distinte della società, e in questo ambito si articola il dibattito politico democratico.

A chi mi fa osservare, forse con qualche ragione, che con la questione dello scontro tra destra e sinistra i partiti politici nostrani ci hanno preso per il culo per decenni, mi viene in mente di rispondere che però, pure il concetto di superamento delle ideologie mi suona come una presa per il culo. Anzi, forse peggio. Il superamento delle ideologie può essere a sua volta un'ideologia. Soprattutto perchè in questo modo gli orientamenti politici di fondo seppure di fatto ci sono e si possono riconoscere, non vengono mai esplicitamente dichiarati creando confusione nel dibattito politico e disorientamento nei cittadini che si sforzano di seguirlo. Potrebbe essere un obiettivo cercato. Una pappa indecifrabile in cui quello che alla fine inevitabilmente rimane a galla è la sola gestione del potere.

domenica 15 aprile 2018

Scuola di competenze o scuola di formazione?

Torno su un argomento che mi gira in testa da un po' e su cui ho scritto già qualcosa tempo fa. L'occasione è stimolata dal fatto che mio figlio sta frequentando la prima classe del liceo scientifico e io ogni tanto gli dò una mano a studiare alcune materie. Nel frattempo rifletto. Quali materie dovrebbero essere studiate nella secondaria superiore? Che cosa è utile studiare? Con quali obiettivi? Cosa serve di sapere?

Le domande sull'utilità di una materia scolastica si rivelano una trappola. Proprio non si capisce che senso dare al concetto di utilità riferito ad una qualche specifica materia o argomento di studio. Piuttosto si può cambiare leggermente la forma della domanda e chiedersi di cosa ha bisogno un ragazzo di questa età per crescere e formare la sua personalità. Lasciando perdere possibili posizioni estreme sull'argomento (si potrebbe dire che non ha bisogno di niente, cresce e basta) ed evitando la pretesa di esaurire l'elenco di tutti questi possibili bisogni, mi concentrerei su quello che uno si potrebbe aspettare ragionevolmente dall'ambiente scolastico, non certo l'unico ambiente di vita ma a questa età uno di quelli su cui si passa il maggior tempo.

Vedendo le oggettive lacune di mio figlio e ragionandoci sopra a me pare che un ragazzo a questa età abbia bisogno di sviluppare le capacità seguenti:

1. Esporre un contenuto appreso, confrontarsi con la capacità di comunicare e di presentare un concetto, quale che sia, di raccontare un lavoro che si sta facendo in modo che sia chiaro a chi ascolta.
2. Sintetizzare un contenuto concettuale, coglierne gli elementi essenziali, focalizzare gli aspetti chiave di un argomento complesso.
3. Usare efficaciemente il linguaggio, sia quello del parlato normale, sia quello appropriato di una certa disciplina, sia nelle sue forme orali che in quelle scritte e/o grafiche.
4. Analizzare un testo e ricavarne il relativo contenuto, coglierne il significato più profondo e le relative sfumature, saper riflettere su questi contenuti, anche in modo personale e originale.
5. Concentrarsi su quello che si sta facendo, per il tempo sufficiente a farlo bene.
6. Sviluppare metodi efficaci e personali per arrivare agli obiettivi suddetti.

Probabilmente basterebbe dire che l'unico vero obiettivo è quello di trovare il modo (il metodo) di sviluppare la capacità di affrontare in tutti i modi possibili e con la massima efficacia qualunque argomento, o meglio qualunque oggetto della conoscenza sufficientemente complesso, e arrivare a comprenderlo.

Dunque acquisire la capacità di trattare un qualunque argomento concettualmente complesso è la chiave dell'attività formativa della scuola (non l'unica effettivamente, c'è almeno anche la capacità di convivere con gli altri, di saper stare in un ambiente sociale strutturato, cosa di non secondaria importanza, vedi la "nota di sconforto" alla fine). Questo ha per caso a che fare con qualche materia in particolare? Evidentemente no, casomai ha a che fare con la capacità di una materia di presentare al ragazzo problemi complessi da affrontare e sicuramente ha a che fare con le modalità con cui questa materia viene insegnata. In questo senso aumentare lo spettro di materie in grado di proporre un panorama di argomenti complessi il più eterogeneo possibile determina forse un potenziamento della capacità formativa complessiva (ma non è scontato).

Certo si può insegnare ad un ragazzo a cucinare, a fare un lavoro manuale, a saper usare il computer, a cavarsela con l'inglese, a fare fotografie o filmati, a disegnare usando tecniche varie, ecc. Sono dei "saper fare" che possono essere tutti di una qualche utilità. Ma sono competenze, se non addirittura abilità, e questo secondo me non può rientrare tra gli obiettivi principali di una scuola secondaria. La scuola deve puntare sulla formazione, non sulle competenze. Queste ultime tra l'altro si possono costruire in breve tempo, se necessario, e se si ha la formazione giusta per affrontarle.

Nota di sconforto: ogni tanto penso che la scuola soffra di una certa carenza di valori, che la riduce ad un campo di battaglia, dove il sentimento prevalente è l'ansia di successo sugli altri. E che questo prepari alla peggiore vita sociale, fatta di individualismo, mancanza di solidarietà, di rispetto e di collaborazione, e di assenza di amore per la conoscenza.