venerdì 29 maggio 2009

Astronomia - Terza parte

(leggi la seconda parte ....)

Armiamoci di grande pazienza

In astronomia ha senso fare delle osservazioni su tempi molto lunghi in quanto sono rivelatrici di movimenti relativi molto lenti ma estremamente significativi. Nel nostro caso possiamo cercare di fare osservazioni del cielo sempre alla stessa ora per parecchi giorni consecutivi. Per quanto abbiamo detto dovremmo vedere sempre esattamente la stessa cosa, visto che la sfera celeste ruota con periodo pari a un giorno. In realtà non è così, giorno per giorno osserviamo, sempre alla stessa ora, una configurazione delle stelle in cielo che si sposta nello stesso senso della rotazione diurna. Osservando per pochi giorni probabilmente questo movimento non si apprezza ma da un mese all'altro o addirittura da una stagione all'altra questa differenza del cielo ad una stessa ora appare evidente. Il cielo di aprile alle dieci di sera è completamente spostato rispetto al cielo di settembre alla stessa ora: tanto per fare un esempio il grande carro, la parte più visibile della costellazione dell'orsa maggiore, è più basso o più alto nell'orizzonte a seconda della stagione in cui lo si osserva (a parità di orario), e addirittura alcune costellazioni che in certe stagioni sono ben visibili, in altre lo sono molto meno o non lo sono affatto.

Affiniamo l'immaginazione

Dunque i movimenti della sfera celeste sono due: un moto diurno di 360 gradi da est verso ovest a cui si sovrappone un moto molto più lento nello stesso senso. Ma ovviamente è più semplice dirla in questo modo: il moto diurno della sfera celeste non è pari ad un angolo giro completo nell'arco delle 24 ore, bensì leggermente di più. Lo scarto giornaliero che ne deriva e che si somma giorno per giorno è quello che determina un cielo sempre diverso, mese dopo mese, stagione dopo stagione. Ma che significa dire "nell'arco delle 24 ore"? Io intendevo dire "nell'arco di un giorno". Ma che cos'è un giorno? La cosa più ovvia è quello di misurare un giorno come l'intervallo di tempo in cui ho due passaggi del sole nello stesso punto, ad esempio il meridiano (in poche e imprecise parole la verticale al polo sud geografico del punto di osservazione). Quindi di fatto quello che stiamo osservando è che mentre il sole compie un giro esatto il resto del cielo stellato compie qualcosa di più di un giro. Oppure viceversa, quando la sfera celeste ha terminato il suo giro attorno alla Terra il sole ha ancora un piccolo tratto da coprire. Da ciò segue inevitabilmente che il sole ha un moto proprio sulla sfera celeste, d'altra parte se passando da aprile a settembre vedo a mezzanotte un cielo diverso è ovvio che da aprile a settembre a mezzogiorno il sole sarà in una regione di cielo diversa (sebbene questo non è direttamente osservabile visto che la grande luminosità del sole oscura completamente tutte le stelle del giorno).

Torniamo all'osservazione

Dunque il sole si sposta sulla sfera celeste. Ma in che modo? Eravamo partiti con l'osservare che la sfera celeste percorre in un giorno più di un angolo giro, questo di fatto significa che il sole si sposta sulla sfera celeste nel senso opposto alla sua rotazione, ovvero da ovest verso est (in tal modo ritarda la conclusione del giorno). Questo spostamento è effettivamente molto lento ma progressivo, quindi lascia pensare che in un certo tempo il sole riuscirà a compiere un intero giro della sfera celeste e tornare alla fine nello stesso punto. L'osservazione ci conferma questa cosa e ci fornisce anche l'intervallo di tempo in cui questo avviene. Il cielo notturno ad una certa data dell'anno e ad una certa ora è sempre lo stesso, dunque il sole compie un giro completo della sfera celeste nell'arco di un anno. Ma l'osservazione ci dice anche qualche cosa di più: durante l'anno il sole nel suo passaggio al meridiano cambia la sua altezza sull'orizzonte, in particolare si alza progressivamente nel passaggio dall'inverno all'estate e si riabbassa nei sei mesi successivi. A pensarci bene questo significa semplicemente che il moto del sole durante l'anno non avviene lungo l'equatore celeste (il cerchio massimo che separa in due la sfera celeste ortogonalmente all'asse polare di rotazione) ma su un cerchio inclinato rispetto ad esso, a cui si dà il nome di eclittica. Durante l'estate il sole transita sulla metà dell'eclittica che si trova al di sopra dell'equatore, e dunque risulta alto sull'orizzonte, durante l'inverno succede esattamente il contrario. Questa cosa ovviamente determina anche una diversa durata del giorno, intesa come ore di luce a disposizione, e uno spostamento del punto di alba e tramonto: dall'inverno all'estate l'alba si sposta verso est e il tramonto verso ovest, il sole si alza sull'orizzonte, percorre un arco più ampio e le giornate si allungano. Tutto facilmente osservabile e tutto conseguenza del diverso arco percorso nel cielo dal sole in funzione della sua posizione sull'eclittica. Se il movimento del sole giacesse esattamente sull'equatore celeste tutte queste differenze durante l'anno non si osserverebbero.

(leggi la quarta parte ...)

mercoledì 27 maggio 2009

Superlavoro o fancazzismo

Da una parte ci sono lavori che devono essere fatti al 110%, diversamente non si riescono a fare. Il rischio che corri facendo una vita del genere è quello di cadere in una sorta di schiavitù intellettuale, dove l'orizzonte culturale è quello dell'ufficio o del profitto della propria azienda. Al di fuori solo spiccioli.

Dall'altra ci sono non-lavori, ci sono "occupazioni" nel senso letterale della parola (occupare fisicamente un posto e basta). Il rischio in questo caso è invece quello di sprecare energie, talento, capacità, conoscenze. Che è un delitto peggiore dello sprecare energia elettrica, cibo, vestiti, denaro.

La nostra società e il nostro mondo del lavoro non sembrano fatti per permettere una sana via di mezzo, dove il lavoro che fai serva essenzialmente per sostenerti economicamente e per dare dignità alla tua vita (e quindi un lavoro da svolgere con qualità e responsabilità), senza però invaderla completamente e condizionarne tutti gli aspetti. Trovare questa via di mezzo, costruirsela piano piano è spesso molto difficoltoso se non impossibile.

sabato 23 maggio 2009

Le attività dilettantistiche

Da qualche parte ho letto una frase che mi sono subito appuntato: "Un paio di generazioni fa, prima della televisione, molte famiglie si intrattenevano cantando e suonando. Oggi si dà grande importanza alla tecnica e alla abilità, e al fatto che un musicista sia 'bravo abbastanza' da suonare per gli altri. Nella nostra cultura fare musica è diventata una specie di attività riservata, e il resto di noi ascolta."

E' una frase che mi ha colpito perchè ho sempre pensato che viviamo attualmente in una società dove la pratica musicale non professionale è scarsamente diffusa, dove lo studio della musica non ha mai fatto parte di nessun percorso scolastico che non fosse specializzato (vedi i conservatori). Il risultato è che al di là di una ristretta fascia di specialisti la cultura musicale media è piuttosto bassa e anche il semplice ascolto della musica risulta fortemente condizionato dall'industria discografica e quindi in balìa di meccanismi di puro consumo.

Sebbene il discorso della musica mi appaia particolare forse queste osservazioni possono essere trasposte a quasi tutte le attività culturali. L'approccio non professionale, dilettantistico, a gran parte dei settori della cultura (arte, letteratura, teatro, scienze) è raro da incontrare e forse soffre pure di una bassa considerazione.

Dovremmo praticare di più le attività culturali, sotto forma di hobby, di passatempo, di impegno intellettuale al di fuori del lavoro e alternativo ad esso. E invece tendiamo sempre più spesso a demandare queste attività a degli specialisti, a dei professionisti che lo fanno per lavoro, e noi ci limitiamo a fare da spettatori passivi, davanti alla televisione, a teatro, al cinema, ai concerti, davanti ad un libro o ai quadri di una mostra.....

.... e già sarebbe tanto. La verità è che facciamo sempre più raramente anche gli spettatori. L'unica cosa che continuiamo a fare regolarmente è quello di riunirci a tavola e parlare/mangiare.

mercoledì 13 maggio 2009

Il romanticismo delle donne

Perchè si dice che le donne sono mediamente più romantiche degli uomini? Certamente si tratta spesso di un modo di dire, nulla di più. Ma io ultimamente ho avuto modo di rimanere un po' infastidito da questo luogo comune. Credo che questa sia una forma di maschilismo, usato più dalle donne che dagli uomini (dunque una prova che il maschilismo ha avuto successo). Storicamente la parte più romantica degli uomini (maschi) ha avuto sempre come oggetto la donna, ovvero quest'ultima è il soggetto che incarna e interpreta il romanticismo dell'uomo (maschio). Il risultato è che spesso si attribuisce a molte donne (e loro stesse se lo attribuiscono) un romanticismo che di fatto non hanno.

mercoledì 6 maggio 2009

Il postulato di oggettività

Il saggio di Jacques Monod "Il caso e la necessità: saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea" è un testo pieno di riflessioni interessantissime. Tra queste c'è quella sulla scienza e sugli aspetti che la definiscono. Monod individua un principio fondamentale, una scelta etica di fondo che permette di fare scienza, e di distinguere l'attività scientifica da altre quali la riflessione filosofica o religiosa. Questo principio, calato nella biologia, è ben rispettato dalla teoria dell'evoluzione di Darwin, prima forma di conoscenza sul vivente nella storia dell'uomo ad avere questa importante caratteristica.

Ho letto e riletto più volte queste considerazioni e adesso mi piace riportarle in questo blog:

"La pietra angolare del metodo scientifico è il postulato dell'oggettività della natura, vale a dire il rifiuto sistematico a considerare la possibilità di pervenire ad una conoscenza vera mediante qualsiasi interpretazione dei fenomemi in termini di cause finali, cioè di progetto. Il postulato di oggettività è consostanziale alla scienza e da tre secoli ne guida il prestigioso sviluppo. E' impossibile disfarsene, anche provvisoriamente, o in un settore limitato, senza uscire dall'ambito della scienza stessa."

"Porre il postulato di oggettività come condizione della scienza vera rappresenta una scelta etica e non un giudizio di conoscenza in quanto, secondo il postulato stesso, non può esservi conoscenza vera prima di tale scelta arbitraria."

"La teoria di Darwin è finora l'unica, tra quelle proposte, che sia compatibile con il postulato di oggettività in quanto riduce la teleonomia ad una proprietà secondaria derivata dall'invarianza, la sola proprietà considerata primaria."

"Tutte le concezioni non scientifiche sul vivente, che derivino da ideologie religiose o da sistemi filosofici, presuppongono di fatto l'esistenza di un principio teleonomico iniziale, ovvero implicano tutte l'abbandono parziale o totale del postulato di oggettività."