venerdì 30 luglio 2010

Scaricare senza pagare

Mio figlio ormai da qualche tempo si diverte con una piccola console di giochi, la Nintendo DS. In alcune circostanze mi ha abbozzato un discorso ancora un po' fumoso per lui ma molto chiaro per me: "lo sai papà che i giochi della DS si possono scaricare da Internet? Lo facciamo anche noi?"

Avrei qualche obiezione. Non c'è niente da fare, scaricare da Internet software o altro materiale senza pagarlo è una forma di inciviltà, ancorchè di carattere blando (c'è sicuramente di molto peggio), e forse in qualche caso parzialmente giustificato, o almeno comprensibile. Il punto non è tanto quello di scaricare un film, della musica o un qualche programma o un gioco (per quanto bisognerebbe sempre avere il valore delle cose, e questo lo si ha anche pagandole). Il punto è quello di farlo sistematicamente, come normale uso della rete Internet e, da un certo punto in poi, senza che questo venga più percepito come un'attività illecita. Somiglia molto ad altre attività spesso altrettanto abituali: non pagare le tasse, non pagare le multe, non pagare il biglietto dell'autobus, .... la cosa aberrante anche in tutti questi altri casi è l'abitudine a farlo, il suo carattere di "cosa normale". Qualche volta poi le "giustificazioni" a questi comportamenti sono vere e proprie paraculate, servono solo per fare in santa pace quello che più conviene.

Un bambino ovviamente non ha neppure modo di rendersi conto di una cosa del genere. E se lo vede fare regolarmente lo considererà fin dall'inizio una cosa del tutto normale (e succederebbe esattamente la stessa cosa se vedesse i suoi genitori rubare regolarmente al supermercato). C'è sempre tempo per rendersene conto è vero, ma ce n'è altrettanto per abituarsi male ...

Dunque che faccio? Al momento decido di comprargli i giochi che più gli piacciono, senza esagerare. Scopro che me lo posso permettere tranquillamente e che i soldi non sono poi così buttati via come sembra visto che ciascun gioco viene utilizzato per mesi (è meno efficiente comprare dei vestiti). Mi piacerebbe fargli percepire l'importanza di un corretto e civile utilizzo di Internet, un patrimonio così importante! Non mi piace Internet come una zinna da cui ciucciare tutto il possibile (lecito e illecito), per poi avere bisogno di sistemi di archiviazione casalinghi da far invidia ad una azienda.

E poi c'è un'ultima cosa. Scaricare abitualmente tonnellate di bit da Internet significa quasi sempre avere un patrimonio di informazioni (sotto forma di film, libri, musica, giochi, programmi, ecc.) enormemente superiore a quello che si può effettivamente fruire (io rischio spesso di farlo con i libri, perlopiù pagandoli). Questa cosa a me è sempre apparsa come una forma estrema di consumismo. Stiamo in un mondo in cui comprare cose è probabilmente l'unica vera attività che sappiamo fare, e a cui dedichiamo tutto il nostro tempo libero. Ora abbiamo scoperto Internet come inesauribile fonte di roba da comprare e spesso da "scaricare senza pagare" e ci abbiamo riversato tutta la nostra depravazione di consumatori. E pensiamo come al solito di essere dei furbi ...

giovedì 22 luglio 2010

Segmenti e bastoncini

Tempo fa avevo scritto in un post che la meccanica quantistica è una di quelle cose che andrebbe studiata già nella scuola secondaria, magari rischiando anche di sacrificare qualche argomento della fisica classica (altrimenti non si arriva mai a fare qualcosa di moderno). Il motivo principale che mi aveva portato a questa considerazione era l'importanza di trasmettere sia il fascino, il mistero e l'incomprensibilità della natura che la capacità dell'uomo di descriverla. E la meccanica quantistica mi sembrava un esempio illuminante di questa dialettica.

Ultimamente ho letto un piccolo libretto di Lucio Russo ("Segmenti e bastoncini"), scritto durante il dibattito sulla scuola pubblica sviluppatosi all'inizio degli anni 2000 in seguito alla riforma Berlinguer. Il suo ragionamento porta a considerazioni totalmente opposte alle mie, ovvero lo studio della fisica nella scuola secondaria sarebbe bene fosse limitato alla sola fisica classica e i vari tantativi fatti per introdurre argomenti di fisica moderna sono in massima parte criticabili.

L'idea di fondo di Russo (almeno quella che mi ha colpito di più) è la seguente: quando si insegna la fisica non ci si può permettere di semplificare troppo le cose, in quanto le cose sono molto spesso intrinsecamente complesse, soprattutto quelle moderne (intendo dell'ultimo secolo). Il grosso pericolo nel raccontarle ad un giovane studente della scuola secondaria sta nel fatto che si è costretti a banalizzarle, a ridurle cioè ad una lista di termini più o meno incomprensibili, o ad una lista di fatti non collegati, e quindi non spiegati, in quanto la struttura teorica necessaria risulta troppo difficile. Dunque trattare argomenti moderni, o anche attuali, alla fine non contribuisce a fornire una vera educazione scientifica, ma piuttosto a qualcos'altro. Addirittura nello scritto di Russo si sostiene che "il contenuto degli attuali manuali di fisica ha probabilmente fornito loro [gli studenti] informazioni sufficienti per renderli degli ottimi e aggiornatissimi utilizzatori di videogiochi e spettatori di Star Trek".

Non c'è dubbio, questo pericolo così ben individuato e descritto da Russo (in modo ben più ampio di come l'ho riportato io) è concreto. Raccontare risultati scientifici che alla fine non si possono capire, alimenta un fascino che con la scienza a ben poco a che fare: "Una cosa è il desiderio di svelare dei misteri. Altra cosa, ben diversa, è la passione per il mistero in sè, in quanto non svelabile".

Ma io penso che il punto cruciale della didattica scientifica sia proprio nella capacità di trovare un equilibrio tra la necessità di raccontare fenomeni naturali semplici e perfettamente spiegabili e quella di comunicare in qualche modo (la sfida sta nel trovarlo) i risultati più moderni e attuali. Credo che entrambi questi aspetti siano importanti per trasmettere la passione culturale per la scienza. In fondo anche il libro di Russo riporta questo come un elemento importante del dibattito: "Se si sceglie di limitare l'insegnamento scolastico ad argomenti semplici, completamente comprensibili, si possono spiegare molti fenomeni naturali direttamente accessibili ai ragazzi. Una tale scelta avrebbe però un difetto: l'insegnamento rimarrebbe quasi privo di connessioni non solo con la ricerca fisica recente, [...] ma anche con la tecnologia usata dai ragazzi quotidianamente. Rimarrebbe certamente insoddisfatta quell' 'ansia di contemporaneità' che costituisce per molti la principale motivazione della scelta di potenziare l'insegnamento della fisica".

sabato 17 luglio 2010

I deserti non hanno re

Ho sentito questa frase alla radio, riferita al fatto inequivocabile che un sovrano deve avere un popolo che lo acclama. Una frase che fa pensare (chissà perchè) al nostro attuale Presidente del Consiglio. E al suo popolo.

Non è che uno ce l'ha direttamente con Berlusconi, ce l'ha con la cultura politica (e non solo politica) che lui incarna così bene. E uno ce l'ha anche e soprattutto con il fatto che questa cultura è quella vincente, quella che ha successo. La controprova sta proprio nel fatto che Berlusconi ha successo.

Sebbene ci siamo rotti le scatole della sua storia (intendo la biografia di Berlusconi), forse è proprio questa storia di successo che ci dovrebbe far capir bene in che Italia stiamo vivendo. Perchè ormai è un fatto certo che Berlusconi è rappresentativo di questo paese e che questo è il motivo che lo ha portato al potere e ce lo sostiene stabilmente.

Berlusconi viene da lontano, non è sbucato improvvisamente nella realtà italiana. Ha più di settant'anni, la sua storia affonda le radici negli anni settanta, ed è da più di 15 anni che è ai vertici della politica italiana. Non può essere un personaggio isolato, non lo è mai stato. Ha trovato nella sua lunga carriera fin troppi appoggi e connivenze. E' cresciuto su un terreno fertile. E' la punta di un iceberg, perchè è di gran lunga la persona di maggior talento in un ambiente dove la politica come progetto per la società è morta da un pezzo, lasciando il posto alla politica come progetto di sopravvivenza per un'oligarchia di potenti.

Adesso sento dire che Berlusconi è un corpo estraneo alla democrazia, alle istituzioni. Ma questo era chiaro fin dall'inizio. Era già tutto molto chiaro nel momento in cui entrò in politica dicendo che avrebbe applicato la logica dell'azienda (il "partito azienda", "l'azienda Italia", ecc.). Ricordo bene che questi discorsi all'epoca mi fecero una gran brutta impressione. Lo sappiamo tutti, la logica aziendale è tutt'altro che democratica. L'efficienza di un'azienda si avvale di meccanismi decisionali che sono totalmente estranei a quelli di uno stato democratico. Una vera democrazia rispetto ad un'azienda è per forza di cose un organismo inefficiente. Sostenere di voler portare l'efficienza aziendale nella politica italiana è già di per sè un attacco alle istituzioni democratiche del paese.

Ma non ce ne siamo accorti. O meglio, molti se ne sono accorti e adesso lo subiscono, molti non se ne sono accorti e in un certo senso lo subiscono lo stesso. Alcuni se ne sono accorti, si sono agganciati al carro (ne hanno avuto la possibilità e lo hanno fatto), e adesso fanno parte dell'oligarchia vincente. Adesso si potrebbe cominciare a dire che sono la democrazia e le istituzioni ad essere corpi estranei per questa oligarchia.

L'inevitabile fine della stagione di Berlusconi non cambierà questo stato di cose così radicalmente come molti pensano (sperano).

venerdì 2 luglio 2010

Bill Gates

Ho trovato tempo fa questa opinione di David Hillel Gelernter su Bill Gates che mi sembra molto intelligente e appropriata. Caratterizza questo protagonista dell'informatica degli ultimi trent'anni molto più come grande imprenditore che come genio tecnologico:

"Bill Gates non è soddisfatto della persona che è. Quando ho letto il suo libro 'La strada che porta a domani', mi è tornata in mente Marylin Monroe e il bisogno che aveva di sposare intellettuali; sentiva di dover cambiare identità per poter ottenere il rispetto che meritava, ma non ci riuscì, e comunque non avrebbe dovuto farlo. Vorrei che Gates avesse scritto un libro sugli affari e non sul futuro della tecnologia. Avremmo tutti imparato molto. Come uomo d'affari, Gates è un fenomeno a sè stante. Che c'è di male? E' una cosa notevole essere così. Ma come visionario tecnologico non fa per me".