giovedì 22 luglio 2010

Segmenti e bastoncini

Tempo fa avevo scritto in un post che la meccanica quantistica è una di quelle cose che andrebbe studiata già nella scuola secondaria, magari rischiando anche di sacrificare qualche argomento della fisica classica (altrimenti non si arriva mai a fare qualcosa di moderno). Il motivo principale che mi aveva portato a questa considerazione era l'importanza di trasmettere sia il fascino, il mistero e l'incomprensibilità della natura che la capacità dell'uomo di descriverla. E la meccanica quantistica mi sembrava un esempio illuminante di questa dialettica.

Ultimamente ho letto un piccolo libretto di Lucio Russo ("Segmenti e bastoncini"), scritto durante il dibattito sulla scuola pubblica sviluppatosi all'inizio degli anni 2000 in seguito alla riforma Berlinguer. Il suo ragionamento porta a considerazioni totalmente opposte alle mie, ovvero lo studio della fisica nella scuola secondaria sarebbe bene fosse limitato alla sola fisica classica e i vari tantativi fatti per introdurre argomenti di fisica moderna sono in massima parte criticabili.

L'idea di fondo di Russo (almeno quella che mi ha colpito di più) è la seguente: quando si insegna la fisica non ci si può permettere di semplificare troppo le cose, in quanto le cose sono molto spesso intrinsecamente complesse, soprattutto quelle moderne (intendo dell'ultimo secolo). Il grosso pericolo nel raccontarle ad un giovane studente della scuola secondaria sta nel fatto che si è costretti a banalizzarle, a ridurle cioè ad una lista di termini più o meno incomprensibili, o ad una lista di fatti non collegati, e quindi non spiegati, in quanto la struttura teorica necessaria risulta troppo difficile. Dunque trattare argomenti moderni, o anche attuali, alla fine non contribuisce a fornire una vera educazione scientifica, ma piuttosto a qualcos'altro. Addirittura nello scritto di Russo si sostiene che "il contenuto degli attuali manuali di fisica ha probabilmente fornito loro [gli studenti] informazioni sufficienti per renderli degli ottimi e aggiornatissimi utilizzatori di videogiochi e spettatori di Star Trek".

Non c'è dubbio, questo pericolo così ben individuato e descritto da Russo (in modo ben più ampio di come l'ho riportato io) è concreto. Raccontare risultati scientifici che alla fine non si possono capire, alimenta un fascino che con la scienza a ben poco a che fare: "Una cosa è il desiderio di svelare dei misteri. Altra cosa, ben diversa, è la passione per il mistero in sè, in quanto non svelabile".

Ma io penso che il punto cruciale della didattica scientifica sia proprio nella capacità di trovare un equilibrio tra la necessità di raccontare fenomeni naturali semplici e perfettamente spiegabili e quella di comunicare in qualche modo (la sfida sta nel trovarlo) i risultati più moderni e attuali. Credo che entrambi questi aspetti siano importanti per trasmettere la passione culturale per la scienza. In fondo anche il libro di Russo riporta questo come un elemento importante del dibattito: "Se si sceglie di limitare l'insegnamento scolastico ad argomenti semplici, completamente comprensibili, si possono spiegare molti fenomeni naturali direttamente accessibili ai ragazzi. Una tale scelta avrebbe però un difetto: l'insegnamento rimarrebbe quasi privo di connessioni non solo con la ricerca fisica recente, [...] ma anche con la tecnologia usata dai ragazzi quotidianamente. Rimarrebbe certamente insoddisfatta quell' 'ansia di contemporaneità' che costituisce per molti la principale motivazione della scelta di potenziare l'insegnamento della fisica".

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