sabato 17 luglio 2010

I deserti non hanno re

Ho sentito questa frase alla radio, riferita al fatto inequivocabile che un sovrano deve avere un popolo che lo acclama. Una frase che fa pensare (chissà perchè) al nostro attuale Presidente del Consiglio. E al suo popolo.

Non è che uno ce l'ha direttamente con Berlusconi, ce l'ha con la cultura politica (e non solo politica) che lui incarna così bene. E uno ce l'ha anche e soprattutto con il fatto che questa cultura è quella vincente, quella che ha successo. La controprova sta proprio nel fatto che Berlusconi ha successo.

Sebbene ci siamo rotti le scatole della sua storia (intendo la biografia di Berlusconi), forse è proprio questa storia di successo che ci dovrebbe far capir bene in che Italia stiamo vivendo. Perchè ormai è un fatto certo che Berlusconi è rappresentativo di questo paese e che questo è il motivo che lo ha portato al potere e ce lo sostiene stabilmente.

Berlusconi viene da lontano, non è sbucato improvvisamente nella realtà italiana. Ha più di settant'anni, la sua storia affonda le radici negli anni settanta, ed è da più di 15 anni che è ai vertici della politica italiana. Non può essere un personaggio isolato, non lo è mai stato. Ha trovato nella sua lunga carriera fin troppi appoggi e connivenze. E' cresciuto su un terreno fertile. E' la punta di un iceberg, perchè è di gran lunga la persona di maggior talento in un ambiente dove la politica come progetto per la società è morta da un pezzo, lasciando il posto alla politica come progetto di sopravvivenza per un'oligarchia di potenti.

Adesso sento dire che Berlusconi è un corpo estraneo alla democrazia, alle istituzioni. Ma questo era chiaro fin dall'inizio. Era già tutto molto chiaro nel momento in cui entrò in politica dicendo che avrebbe applicato la logica dell'azienda (il "partito azienda", "l'azienda Italia", ecc.). Ricordo bene che questi discorsi all'epoca mi fecero una gran brutta impressione. Lo sappiamo tutti, la logica aziendale è tutt'altro che democratica. L'efficienza di un'azienda si avvale di meccanismi decisionali che sono totalmente estranei a quelli di uno stato democratico. Una vera democrazia rispetto ad un'azienda è per forza di cose un organismo inefficiente. Sostenere di voler portare l'efficienza aziendale nella politica italiana è già di per sè un attacco alle istituzioni democratiche del paese.

Ma non ce ne siamo accorti. O meglio, molti se ne sono accorti e adesso lo subiscono, molti non se ne sono accorti e in un certo senso lo subiscono lo stesso. Alcuni se ne sono accorti, si sono agganciati al carro (ne hanno avuto la possibilità e lo hanno fatto), e adesso fanno parte dell'oligarchia vincente. Adesso si potrebbe cominciare a dire che sono la democrazia e le istituzioni ad essere corpi estranei per questa oligarchia.

L'inevitabile fine della stagione di Berlusconi non cambierà questo stato di cose così radicalmente come molti pensano (sperano).

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