domenica 28 febbraio 2010

La famiglia è un valore

La famiglia non è un fatto naturale. La riproduzione e la cura della prole sono fatti naturali. Attorno a questi ultimi l'uomo ha costruito dei valori sociali, in particolare quello della famiglia inteso come nucleo sociale di base che garantisce al meglio l'ambiente ideale sia per la riproduzione sia per le cure parentali.

Quindi la famiglia è un valore, non una cosa naturale che viene da sè. Ci sono sì delle spinte naturali che la giustificano ma deve essere costruita e mantenuta con uno sforzo pressochè continuo dei suoi costituenti principali. Chiunque abbia una famiglia lo sa.

Che la famiglia non sia un dato di natura e che non abbia dunque niente di assoluto lo testimonia il fatto che non è sempre identica a se stessa, cambia in funzione dell'evoluzione della struttura complessiva di una società ed è differente da una società ad un'altra. In teoria se fosse possibile un qualche modello sociale diverso dal nostro, che garantisca i fatti naturali di cui sopra, la famiglia così come la intendiamo attualmente potrebbe cambiare radicalmente o addirittura perdere la sua importanza fino a dissolversi (i valori espressi da una società non sono immutabili e assoluti).

domenica 14 febbraio 2010

Microsoft e l'innovazione tecnologica

Indubbiamente Microsoft è la società di produzione di software più importante al mondo, lo è stata per molti anni e lo è tuttora. Ha contribuito più di ogni altra società alla diffusione dell'informatica in ambiente domestico, a tal punto da costruire nel tempo una inaccettabile situazione di monopolio (che sembra stia un po' cambiando negli ultimi anni).

La questione dell'innovazione tecnologica però è cosa un po' diversa. Su questo fronte Microsoft non è stata poi così determinante. Un breve excursus rende chiaramente il concetto.

L'attività di Bill Gates comincia durante gli anni universitari (1975) con lo sviluppo, insieme a Paul Allen, del linguaggio BASIC. Molti anni dopo la Microsoft produce uno dei suoi ambienti di sviluppo di maggior successo: il Visual Basic. Ma quello che fece Bill Gates all'epoca non fu quello di inventare il famoso linguaggio di programmazione, più esattamente si trattava di una versione dell'interprete del linguaggio per Altair, una macchina molto diffusa all'epoca e che costituisce una sorta di antesignano dei Personal Computer. Il linguaggio BASIC era già stato inventato circa una decina di anni prima da John Kemedy e Thomas Kurtz (New Hampshire, USA, 1964).

L'ascesa di Microsoft ha la sua origine nell'accordo che Bill Gates firmò con la IBM alla fine del 1980. Si trattava di fornire un sistema operativo per il PC IBM, che uscirà a metà del 1981. Nacque così il sistema operativo MS-DOS (Microsoft Disk Operating System), che fu il mezzo con il quale si realizzò una diffusione di strumenti informatici di massa mai vista prima. Ma all'epoca Microsoft non aveva un sistema operativo da offrire a IBM, e il DOS in realtà Gates lo acquistò proprio in quell'anno da chi lo aveva realmente ideato, Tim Paterson (Seattle Computer Products, 1980). Quest'ultimo aveva scritto il suo QDOS (Quick and Dirty Operating System) molto probabilmente ispirandosi al precedente e più famoso CP/M di Gary Kindall (il candidato perdente alla gestione del PC IBM). Sta di fatto che la Microsoft fondò la sua fortuna proprio su questo accordo con IBM, e in particolare su una clausola legale riguardante la commercializzazione del DOS, con la quale Microsoft poteva rivendere il suo sistema operativo indipendentemente dal PC IBM (dunque anche a tutti i "compatibili" che di lì a poco cominciarono ad invadere il mercato).

Con l'uscita di Windows 95 una larga massa di utilizzatori di computer conobbero le interfacce grafiche e il mouse. Ma già dieci anni prima queste tecnologie avevano fatto la loro comparsa, anche se in un mercato molto più ristretto, tramite i primi Macintosh della Apple. E a dire il vero sia le interfacce grafiche sia il mouse hanno un'origine ancora anteriore che risale agli studi che Douglas Engelbart fece a cavallo tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta prima allo Stanford Research Institute e poi allo Xerox Parc (California, USA).

Sempre con Windows 95 un enorme numero di persone cominciarono a navigare sulla rete Internet tramite il software integrato con il sistema operativo, Internet Explorer. A tutt'oggi questo navigatore (nella sua versione attuale) risulta essere il più utilizzato in assoluto. Ma anche in questo caso Microsoft ha semplicemente fatto un ingresso "di potenza" in un mercato che aveva già ideato tutte le tecnologie necessarie per rendere possibile Internet più o meno come la conosciamo adesso, come ad esempio il protocollo HTTP che consente la navigazione ipertestuale (Tim Berners Lee, CERN, Ginevra, 1990) e il software di navigazione che lo utilizza (Mosaic, Marc Andressen, 1993).

Quando una società di produzione tecnologica è così potente e capillare nel mercato si può creare in molti l'equivoco che tutte le tecnologie che infarciscono i suoi prodotti siano attribuibili interamente a quella stessa società. Esempi minori rispetto a quelli già fatti potrebbero essere: la compressione dei file in archivio (Pkzip, Phillip Katz, primi anni 90), la cifratura dei file in archivio (PGP, Philip Zimmerman, 1991), l'ambiente di autenticazione di rete (Kerberos, progetto Athena, MIT di Boston, USA, anni 90), e molte altre cose diffuse negli anni come standard e che molti utenti (e anche molti tecnici) conoscono probabilmente solo attraverso le implementazioni che Microsoft ne fa sui propri prodotti software.

Non si tratta di essere ipercritici nei confronti di Microsoft, non mi interessa screditare l'enorme lavoro di sviluppo software che questa società ha fatto negli anni, nè negargli un posto di primo piano nella storia dell'informatica degli ultimi trent'anni (soprattutto in certi particolari settori). Quello che voglio difendere è la conoscenza tecnologica, la cultura tecnologica. E avere una cultura tecnologica, come in un qualsiasi altro campo, significa prima di tutto conoscerne la storia.

Nota: Se è vero che Microsoft non ha fatto molta innovazione tecnologica nella sua storia (non quanto sembrerebbe a prima vista) è pure altrettanto vero che i suoi prodotti, in particolare i suoi sistemi operativi, sono oggetti molto interessanti proprio dal punto di vista delle innumerevoli tecnologie che implementano. Ho passato molti anni a studiare i sistemi operativi di Microsoft e molte tecnologie le ho imparate proprio attraverso questi sistemi (pur avendo cercato di non far mai l'errore di identificarle con la loro specifica implementazione). In essi Microsoft ha riversato la stragrande maggiornaza dei più importanti standard tecnologici. Mi riferisco in particolare ai sistemi operativi server e ad alcuni applicativi anch'essi di fascia server. Quest'ultimo aspetto ha valorizzato molto i miei studi. Sarei potuto arrivare alle stesse conoscenze attraverso altri sistemi (migliori o peggiori, non so) ma questo mi è sempre sembrato, e tuttora mi sembra, del tutto secondario. L'informatica si impara focalizzando l'attenzione sulle tecnologie, non sui prodotti.

domenica 7 febbraio 2010

Le "cose buone" del Fascismo

Ogni tanto, e con una certa frequenza, sbuca qualcuno che sostiene che il Fascismo in Italia abbia fatto delle cose buone. E sulla scia di questa considerazione ci si spinge anche a dire (o si lascia intendere) che tutto sommato il Fascismo è stato un buon modo di governare l'Italia (forse tuttora auspicabile?) almeno nel periodo che va dal 1922, anno del suo insediamento, al 1938, anno in cui vennero promulgate le leggi razziali in conseguenza dell'alleanza sempre più stretta e compromettente con il Nazismo di Hitler. Al di là di questa data il fascismo sembra diventare improvvisamente un'altra cosa. Gli eventi successivi sono talmente catastrofici che sembra assodato che il fascismo da un certo punto in poi abbia fatto scelte del tutto sbagliate (ma se non le avesse fatte?).

Esempi di questo modo di leggere e giudicare il Fascismo si trovano piuttosto facilmente su internet.

Il concetto è sempre lo stesso, trito e ritrito, sentito tantissime volte nelle più svariate circostanze e di cui sembra proprio che non ci si riesca a liberare. Per di più è anche piuttosto banale, e la risposta da dare in fondo lo è altrettanto: è ovvio che il fascismo ha fatto cose buone, o giudicabili buone dalla maggioranza dei cittadini, altrimenti non sarebbe sopravvissuto stabilmente così a lungo. Ma pur non conoscendo bene la loro storia io sono sicuro che anche Saddam Hussein ha fatto cose buone, e Pinochet, e Francisco Franco, e Stalin (almeno agli occhi dei loro cittadini). Una dittatura, per quanto si tratti di un regime imposto per definizione, ha sempre il problema di costruire consenso. Inoltre il dittatore può avere intelligenza politica e riformare una società in un modo che spesso può essere in parte o in tutto condivisibile (si pensi ai sovrani illuminati della storia).

Quindi ammettiamo tranquillamente che il fascismo ha fatto cose buone. Su quali e quante magari ci si potrebbe discutere molto, e forse sarebbe un ottimo studio storico, ancorchè difficile da fare. Ma il punto è evidentemente un altro, cruciale secondo me, e stranamente portato in secondo piano: la cornice di tutti questi "buoni provvedimenti" è una dittatura, ovvero una forma di governo dello Stato non-democratica, dove tutto il potere è fortemente accentrato in pochissime persone (al limite una sola) e dove non esiste nessuna forma di controllo del potere stesso, nessun bilanciamento, nessun contropotere ufficialmente accettato. E dove soprattutto non viene garantito a nessuno il fondamentale diritto alla libertà. Per rimarcare questo sbilanciamento di valori cito sempre una frase che ho sentito da Sandro Pertini, sintetica e precisa: "La peggiore democrazia è preferibile alla migliore delle dittature".

Detto ciò, com'è possibile che episodi di revisione del fascismo siano così frequenti e stabilmente presenti in Italia? Questa mi pare una domanda interessante. Vabbè non so rispondere, ma certamente questo dà una misura significativa di quanto i valori democratici siano ancora così poco assimilati da una parte non trascurabile della nostra società. Non c'è niente da fare, se io metto davanti le "cose buone" ma dimentico "le modalità" significa che a queste ultime attribuisco un valore largamente secondario (le cose buone le posso fare con ogni mezzo). Se metto davanti "l'efficenza" (una dittatura è certamente sempre più efficiente di qualsiasi democrazia, questo è un concetto contenuto nella definizione) rispetto alla "libertà" è perchè quest'ultima mi appare non così importante.

E qui c'è forse un nodo cruciale dell'intera questione: la libertà non è sempre un valore così sentito. Probabilmente perchè è rischiosa, cioè è un valore tanto grande quanto pericoloso, difficile da gestire, tremendamente destabilizzante. Meglio una società efficente, condotta su binari sicuri e ben definiti (da qualcuno, non importa chi, uno bravo).
A proposito di quest'ultimo aspetto, questa frase mi pare illuminante: "... nulla è mai stato più intollerabile della libertà per l'uomo e per la società umana! Io ti dico che non c'è per l'uomo preoccupazione più tormentosa di quella di trovare qualcuno al quale restituire, al più presto possibile, quel dono della libertà che il disgraziato ha avuto al momento di nascere."
(Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazof).