venerdì 3 luglio 2015

Il 60% non basta

Tempo fa ho avuto occasione di rivangare i tempi dell'Università con un paio di amici ed ex-compagni di studio. Per l'ennesima volta è tornata a galla dai ricordi uno degli aspetti peggiori e più sofferti di quei tempi, l'atmosfera pesante che si respirava all'epoca nel corso di laurea in fisica, chissà quanto peculiare di quella facoltà e di quegli anni oppure no. La didattica aveva degli aspetti allucinanti, dai corsi pesantissimi ed enciclopedici, difficilissimi da contenere per uno studente, ai professori che prendevano sotto gamba l'insegnamento o vessavano più o meno consapevolmente la platea degli studenti. Soffrire a lezione, passare ore a cercare di ricostruirla, rovistare su appunti tuoi o di altri alla ricerca di passaggi comprensibili, erano la quotidianità. Su tutto questo la didattica, la struttura dei corsi e gli atteggiamenti refrattari e poco disponibili degli insegnanti avevano un peso determinante. Le cose sarebbero potute andare molto meglio su questi fronti. Rimaneva il grande fascino per questi studi, ma conservato ad un prezzo sempre più alto col passare del tempo.

Era purtroppo molto frequente la sensazione che la difficoltà degli argomenti, oltre ad essere oggettiva, fosse anche in un certo senso ostentata da alcuni insegnanti, e qualche volta anche usata per scoraggiare gli studenti. Questo contribuiva a costruire un mondo chiuso, dove potevi starci a certe condizioni o non starci. Forse l'anticamera del mondo ancora più chiuso della ricerca scientifica professionale (e forse il risultato di questo).

Di seguito alcuni episodi che danno un po' l'idea. Sono in ordine cronologico.

----------
Il professore entra in aula, non ricordo bene se comincia regolarmente la lezione ma ad un certo punto, richiamando il risultato di una lezione già fatta in precedenza, comincia a chiedere agli studenti se si ricordano l'argomento. Le richieste diventano subito insolitamente insistenti, fatte direttamente alle singole persone. L'atmosfera, anche un po' surreale, comincia a diventare imbarazzante e fastidiosa per noi. Non sembra esserci nessuna necessità di un simile interrogatorio ma il professore non molla. Alla fine (e trascorre un tempo lunghissimo), non ottenendo risposta, anziché riprendere rassegnato la lezione come tutto sommato sarebbe normale fare, decide per un'azione plateale (e sinceramente anche un po' ridicola): abbandona l'aula. Niente lezione per quel giorno.
----------
Durante la lezione il professore introduce un teorema e ne comincia la dimostrazione con una serie di passaggi alla lavagna. Non si capisce niente, l'uso della lavagna è completamente disordinato, i passaggi sono incerti. Torna indietro più volte, cancella, riscrive. Sembra che quella di essere chiaro non sia una sua preoccupazione. Sembra capitato in aula per caso. Addirittura a un certo punto si ferma pensoso con il gesso a mezz'aria e dice: "ah, ecco cos'è che non va, me so' dimenticato un'ipotesi, sennò non funziona". Trova un angolino sulla lavagna e scrive l'ipotesi tralasciata fino a quel momento. Poi prosegue tranquillamente la sua lezione incomprensibile. Mortacci sua.
----------
È la parte finale del corso, e come spesso succede nei corsi avanzati il professore tratta delle appendici non contenute nel manuale (se ce ne è uno), indicandoci una bibliografia che può consistere in estratti di manuali (da andarsi a fotocopiare in biblioteca), in articoli pubblicati su riviste specializzate (sempre da andarsi a fotocopiare) o, nei casi migliori, mettendo a disposizione delle dispense scritte ad hoc per il corso. Fortunatamente quest'ultimo è il nostro caso, si tratta di andare semplicemente a ritirare gli appunti all'ufficio dispense. Che non eravamo poi cosi fortunati ce ne siamo accorti quando ce li abbiamo avuti in mano. Una fotocopia di un testo scritto a mano, in inglese (?!), la cui originaria destinazione d'uso sembrava diversa dal nostro corso. Il testo sembrava scritto all'impronta, tanto era poco curato e costellato di cancellature, generalmente i miei appunti si presentavano meglio. Peraltro una correzione sull'anno accademico faceva capire chiaramente che il documento così come era stato scritto la prima volta era stato riciclato per più anni. Si stentava a crederlo. Lo studio su quegli appunti ci ha reso la vita veramente difficile e ci ha inevitabilmente smorzato l'interesse dell'ultima parte del corso. Preparare il materiale con un po' più di cura e di attenzione no, eh? Lavorare un po' sulla didattica che giustifica una parte consistente del tuo stipendio no, eh? Inqualificabile.
----------
Era un corso difficile, veramente difficile, probabilmente il più duro che mi è capitato di fare. Lo era per tutti quei pochi che lo seguivano. C'erano alcuni testi di riferimento per studiare ma tutti complessi e molto più estesi degli argomenti trattati nel corso. Insomma si doveva studiare sugli appunti e seguire al meglio possibile le lezioni, non era possibile fare altrimenti. La dipendenza dalle lezioni del professore era tale che io per la prima volta cercavo di lavorare sugli appunti "sbobinati" di un amico che aveva seguito il corso l'anno precedente. Tutta la comprensione degli argomenti e l'interesse per essi dipendeva dal professore. Anche la fiducia in noi stessi e in quello che facevamo dipendeva molto da lui, dal momento che si trattava quasi certamente per tutti di uno degli ultimi esami che ci avrebbero orientato per il prossimo futuro (tesi, dottorato, ecc.). Ho avuto l'istinto di alzarmi e andarmene quando, nel bel mezzo di una lezione particolarmente incomprensibile, per "rassicurare" tutte quelle facce attonite e ovviamente preoccupate, se ne uscì con una frase secondo me micidiale: "non vi preoccupate se molte cose non le capite, mi rendo conto che sono difficili, mi accontento che riusciate a capire il 60% di quello che vi sto dicendo". Ma cosa stava dicendo? Ma di che 60% stava parlando? Ma no che non basta, cazzo! C'era di che stare preoccupati per il futuro. La preparazione di quell'esame, pur sapendo della relativa semplicità con cui quel professore lo conduceva (almeno questo), fu il momento psicologicamemte peggiore della mia carriera di studi.
----------
Per la discussione della tesi di laurea si dovevano portare due tesine di argomenti diversi da quello della propria tesi, una a carattere sperimentale e l'altra a carattere teorico. In sede di discussione veniva chiesto al candidato di esporne una, scelta al momento. Tradizionalmente la commissione sceglieva la tesina di carattere opposto a quello della tesi, cioè se la tesi era di carattere sperimentale la tesina chiesta era quella di carattere teorico, e viceversa. Nel mio caso quindi era molto probabile discutere la tesina teorica (così infatti successe). Per ottenere l'assegnazione della tesina occorreva andarsi a cercare un professore. Ricordo che anche quella semplice cosa mi metteva un po' a disagio per il semplice fatto che solitamente uno studente arrivato alla laurea, quindi dopo molti anni di frequentazione dell'istituto, non aveva ancora molta dimestichezza con il corpo docente. Decisi di provare con un giovane, uno conosciuto durante le ore di esercitazione di fisica 1 e 2 qualche anno prima. Mi sembrava più facile piuttosto che rivolgersi a professori più anziani con chissà quali e quanti incarichi e così poca disponibilità verso gli studenti. Poi era uno bravo, e faceva cose interessanti. Ricordo che non mi fece neppure entrare completamente nella stanza dove si trovava. Rimasi sulla soglia a fare capolino, con un suo collega che mi guardava imbarazzato avendo capito la situazione di difficoltà mia.
"Buongiorno, sto per laurearmi, sono qui per una tesina teorica", "No, non c'ho tempo, non se po fa .... Quand'è che te laurei?", "A settembre", "No, all'inizio de settembre parto, sto fuori", "Io ho la data della discussione a fine settembre", " È uguale, non ce sto, non se po fa", "Va bene grazie lo stesso, arrivederci". Tutto questo alzando giusto un paio di volte la testa dal computer su cui stava lavorando. Nei giorni vicini alla mia sessione di laurea l'ho visto più volte girare in istituto. Niente male, giovane ma già molto disinvolto nel fare lo stronzo con gli studenti.