martedì 27 aprile 2021

La scienza non sai da che parte prenderla

L'opinione comune sembra essere che la scienza sia una disciplina piena di questioni astruse, complicate, inavvicinabili. E poco interessanti. Questo perchè quando te ne vorresti interessare non sai come prenderla. Se la prendi dalla fine del discorso, dalle conclusioni, che sono spesso affascinanti o perlomeno intriganti, non ci capisci niente. Se invece la prendi dall'inizio non ti interessa più, tutta roba troppo semplice, che non si capisce dove vuole arrivare. D'altra parte la scienza fa proprio questo, esamina razionalmente problemi semplici, e questa è la sua forza intellettuale. Se voglio avere la speranza di trovare un buon punto di partenza questo deve essere ragionevolmente semplice, analizzabile in tutte le sua parti.

Osservare fenomeni già semplici e ragionare addirittura su loro semplificazioni è però molto spesso una cosa priva di fascino, che non sembra poter portare a nessun risultato importante. E' certamente più bello e più gratificante affrontare grandi problemi, soddisfa di più l'istinto di conquista del mondo che tutti certamente abbiamo, specialmente in giovane età. Salvo poi il rischio di girare a vuoto su un sacco di argomenti inconsistenti che fanno da contorno alla nostra vita.

Qualche volta mi metto nei panni degli accademici di inizio seicento, colleghi di Galileo. Professori abituati a ragionare sui grandi temi della filosofia aristotelica costretti a confrontarsi con uno di loro che invece guardava i pendoli e faceva rotolare palline su piani inclinati! A molti di loro dovrebbe esser risultato un buffo personaggio. Secondo me non c'era solo la convinzione che sul movimento era già stato detto tutto, ma pure il fatto che analizzare questa roba non sembrava poi così interessante, non avrebbe portato a niente di importante e al contrario avrebbe sviato dai temi veramente fondamentali della filosofia. Vallo a pensare che proprio un'analisi critica del moto sarebbe stata di li a poco l'elemento essenziale per cambiare radicalmente la nostra concezione del mondo....

Il guaio (se così si vuol dire) è che l'analisi critica di problemi semplici, o semplificati fino al punto di poterli trattare, arriva quasi sempre a spiegazioni controintuitive, quindi difficili da digerire. Proprio come è successo con l'analisi del moto. Spesso è più facile impararle e basta, senza troppo ragionarci. Come succede a scuola. Il bello arriva dopo, quando dopo tanto ragionare la scienza costruisce un quadro del mondo naturale vasto e affascinante, in grado di offrire chiavi concettuali potentissime per poterlo prevedere e manipolare. Ma ormai è troppo tardi, non ci si capisce più niente, devi stare appeso al labbro di chi ci capisce e ascoltare i suoi racconti, spesso incomprensibili. La scienza è importante, lo sanno tutti, ma è anche oscura, e alla fine non è interessante.

domenica 18 aprile 2021

Entropia e cubo di Rubik

Supponiamo di avere un cubo di Rubik risolto. Comincio a ruotare le sue facce in maniera casuale, ovvero faccio evolvere il sistema spontaneamente; un agente non intelligente (io) lo fa evolvere a caso, cioè basandosi unicamente su meccanismi che rispettano i vincoli imposti dal sistema ma che sono del tutto casuali. Ovviamente perdo subito la configurazione a facce tutte uguali e in qualsiasi momento mi fermi nell'evoluzione, a parte un breve periodo iniziale transitorio, osservo un aspetto generale del sistema, aspetto che potremmo definire macroscopico in quanto non si cura dei dettagli particolari giudicati ininfluenti, che mi appare in sostanza sempre uguale (sto appunto trascurando particolari della configurazione di dettaglio, o microscopici, che non considero importanti).

E' possibile continuando a far evolvere il sistema riottenere la configurazione iniziale del cubo risolto? Ovviamente si, in quanto si tratta di una delle tante configurazioni possibili tecnicamente raggiungibile (il cubo si può sempre risolvere, come si sa). E' ragionevole aspettarsi di risolvere il cubo in questo modo? Ovviamente no, perchè la probabilità di ottenere la configurazione che lo risolve, che è unica nell'insieme (enorme) delle configurazioni possibili, è estremamente bassa. Questa bassissima probabilità non è però nulla, e si traduce nella necessità di avere tempi di evoluzione lunghissimi per poter sperare di riottenere la configurazione della soluzione, che comunque aspettando un tempo "ragionevolmente lungo" potrebbe effettivamente riapparire.

Da questo tempo di evoluzione "insopportabilmente lungo" si origina il concetto di irreversibilità del fenomeno. All'atto pratico riesco "spontanemante" ad allontanarmi dalla configurazione di soluzione del cubo, ma non riesco a tornarci altrettanto spontaneamente. La sua evoluzione spontanea (rotazioni casuali applicate alle facce del cubo) è dunque per me un fenomeno irreversibile, che è poi la cosa che rende divertente questo rompicapo.

E' interessante però osservare che la dinamica del sistema (sequenza di rotazioni delle sue facce, non è possibile fare altro) è perfettamente reversibile. Posso infatti segnarmi la sequenza esatta delle rotazioni che applico, non ha importanza quante, e tornare al punto di partenza riapplicandole in senso contrario. Cioè le leggi della dinamica del cubo di Rubik sono reversibili.

Da notare che lo stesso identico discorso e la stessa identica improbabilità si ha per qualunque configurazione del cubo, anch'essa ovviamente unica. Il punto è che noi cerchiamo una configurazione particolare, quella che risolve il cubo. Il fenomeno della irreversibilità nell'evoluzione del cubo di Rubik emerge dal fatto che per noi le configurazioni non sono tutte uguali benchè di fatto siano tutte equiprobabili. Per noi di fatto il sistema ha solo due configurazioni (macroscopiche): cubo risolto e cubo non risolto. Ma se le configurazioni sono N (con N molto grande) ci ritroviamo che la configurazione del cubo risolto ha una probabilità pari a 1/N mentre la configurazione del cubo non risolto ha una probabilità pari a (N-1)/N. Se N è molto grande la prima probabilità (quella che ci interessa) è praticamente nulla mentre la seconda è praticamente 1. Dal punto di vista dei tempi possiamo dire che il sistema starà per moltissimo tempo (quasi sempre) nello spazio delle configurazioni del cubo non risolto, anche se in qualche momento potrebbe pure passare per la configurazione del cubo risolto, aspettando pazientemente. Quanto pazientemente? Tutto dipende dal valore di N.

NOTA: l'evoluzione che ho descritto è casuale ma non è deterministica, per farla tale potrebbe essere definita da una serie di mosse ripetute con periodicità, ma allora l'evoluzione stessa sarebbe periodica (con periodo più o meno lungo), oppure potrebbe essere mappata in qualche modo con i decimali di un numero irrazionale non periodico (come ad esempio il pi-greco). Ci si potrebbe chiedere quando è che una sequenza di numeri prodotta con una qualche regola, e quindi deterministica, risulta indistinguibile da una sequenza casuale ... 


lunedì 12 aprile 2021

Religiosità vs Credenza

A volte leggo che Einstein potrebbe essere considerato un credente per via delle sue numerose frasi in cui cita Dio, in un modo o nell'altro. A parte che se fossero vere tutte le citazioni che girano attribuite a lui non avrebbe avuto il tempo per le cose più intelligenti che ha fatto. Comunque risulta abbastanza evidente che Einstein spesso con quelle frasi esprimeva in modo per così dire letterario delle idee ben precise (vedi ad esempio il famoso "Dio non gioca a dadi") che facevano parte del dibattito scientifico-filosofico dell'epoca. Ma la cosa interessante è un'altra.

Leggendo la sua biografia si può dire che Einstein probabilmente avesse una sua religiosità, un suo istinto religioso, che traspare abbastanza evidente in alcuni suoi scritti. Questo però non è poi così strano. L'istinto religioso in fondo è tipico di tutti noi, di tutti gli esseri umani. Il punto non è la religiosità, il punto è la credenza. Sono due cose ben diverse, non vanno confuse, nè inconsapevolmente nè tanto meno consapevolmente (e colpevolmente). La credenza è di fatto la veste dogmatica della nostra religiosità, è una risposta. La religiosità (o l'istinto religioso, o il sentimento religioso) è invece un'esigenza, uno stato d'animo naturale per noi, che ci caratterizza come specie. Direi anche che può essere un motore della conoscenza, almeno nei casi più felici, come forse nel caso di Einstein.

Tra le frasi attribuite ad Einstein che girano scelgo questa (anche se non so se sia autentica), perchè in un certo senso dice in sintesi quello che vorrei dire in questo post: "Sono un non credente profondamente religioso" (Albert Einstein).


domenica 4 aprile 2021

Il problema del calcolo della Pasqua

"Quando viene la Pasqua quest'anno?". Una domanda che si fa tutti gli anni, perchè la data dell'anno in cui si festeggia la Pasqua cristiana non è fissata sul nostro calendario. Il motivo è che la logica con cui viene calcolata si discosta da quella utilizzata per la costruzione del calendario in uso nella nostra civiltà. Sicuramente rientra sempre in un periodo che coincide con quello dei primi mesi primaverili, ma spesso non si sa neanche quale sia questo periodo con precisione. E' per questo motivo che mi appunto queste considerazioni che potranno farmi fare bella figura alla prossima occasione.

La regola per la determinazione della data di Pasqua è la seguente: "è la prima domenica successiva alla prima luna piena che cade dal 21 marzo in poi". Sarebbe "che cade dal momento dell'equinozio di primavera" ma quest'ultimo oscilla anno per anno e il riferimento diventa quindi convenzionale (21 marzo). In tal modo si ottengono i termini pasquali. La Pasqua più bassa possibile è quella del 22 marzo, che si verifica quando il plenilunio è il 21 e per di più è sabato. La più alta è quella del 25 aprile, che si ha quando il plenilunio cade il 18 aprile di domenica. In tutto 35 giorni.

La cosa potrebbe concludersi qui, ma ci sono almeno due curiosità secondo me interessanti da discutere, che tra l'altro risultano essere in parte collegate tra loro. La prima riguarda semplicemente la domanda "perché questa regola?". Ovviamente la risposta va cercata nelle sacre scritture, sia quelle legate alla tradizione ebraica che quelle evangeliche. Infatti la festa più antica è quella della Pasqua ebraica (Pesach), legata alla liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù dell'Egitto. C'entra con la Pasqua cristiana per un fatto molto semplice. I vangeli sinottici indicano chiaramente che l'ultima cena fu il pasto rituale pasquale di Gesù e dei suoi discepoli. La cattura avvenne quella stessa notte e il processo, la condanna a morte e la sua esecuzione il giorno dopo, ovvero lo stesso della Pasqua ebraica. Il terzo giorno avvenne la resurrezione. La Pasqua cristiana festeggia quest'ultimo evento, che rappresenta la liberazione del popolo cristiano dalla schiavitù della vita terrena per mezzo della resurrezione.

Il punto è dunque che le due date sono strettamente legate tra loro. Quando viene celebrata la Pasqua ebraica? La Pasqua ebraica viene celebrata dalla sera del quattordicesimo giorno del mese di Nissan, che ha inizio con la prima luna nuova di primavera, secondo quanto prescrive l'antico testamento. "Il Signore disse a Mosè ... Il primo mese, al decimoquarto giorno, al tramonto del sole, sarà la Pasqua del Signore" (Lev 23, 1 e 5). Il primo mese era quello che iniziava con la luna nuova immediatamente precedente l'equinozio di primavera; probabilmente, ma non sono riuscito a verificarlo con sicurezza, il quattordicesimo giorno di Nissan del mese luni-solare ebraico cade sempre dopo il 21 marzo.

Dunque le indicazioni risultano precise. La Pasqua cristiana si può calcolare da quella ebraica contando tre giorni, includendo quello della morte di Gesù. Anche in questo caso le indicazioni sono precise. Tutti e quattro i vangeli sono d'accordo sul fatto che la resurrezione avvenne il giorno dopo il shabbath, cioè il sabato, terzo giorno dopo la crocifissione. "Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato vennero al sepolcro ..." (Mt 28,1; Ms 16,2; Lc 24,1; Gv 20,1). Da queste fonti, concordi e peraltro sacre, discende la regola del calcolo definita in precedenza.

La seconda curiosità è un po' più complessa e riguarda la necessità di poter calcolare facilmente la data della Pasqua per qualsiasi anno del calendario, passato e futuro. Sembra che questa esigenza sia nata soprattutto per svincolarsi dall'autorità della Pasqua ebraica e dalla Sinagoga che ne determinava la data anno per anno. Il problema era anche quello di tradurre in una data del calendario solare (quello giuliano) quella che invece era una data stabilita nel calendario luni-solare ebraico. Non c'è nessuna regola generale di calcolo che lo consenta. Le comunità cristiane volevano probabilmente svincolarsi anche dall'osservazione astronomica, troppo difficile da sincronizzare sulle vaste aree geografiche in cui si stava diffondendo il cristianesimo. C'era anche il difficile problema di individuare l'inizio della primavera, la civiltà romana non aveva un'importante tradizione astronomica come quella greca ellenistica. Occorreva quindi escogitare regole sicure, di facile applicazione anche per chi fosse a digiuno di astronomia, per determinare anno per anno la data della pasqua cristiana (addirittura molti monaci dei monasteri cristiani riuscivano a fare questo calcolo a mente, aiutandosi con le dita delle mani e con la memorizzazione di versi latini). L'adozione di una regola, di un "canone", appariva anche più adatta alla sacralità della celebrazione.

Nell'ambito del calendario giuliano la soluzione trovata era piuttosto semplice ed elegante. Si basava sul ciclo diciannovennale, detto anche ciclo di Metone, una conoscenza ellenistica che stabiliva che un ciclo di 19 anni giuliani equivalgono a 235 lunazioni, con uno sfasamento di un'ora e mezza scarsa in 19 anni. In tal modo, stabilito un anno iniziale, ogni anno entro un medesimo ciclo diciannovennale può essere individuato con un numero progressivo da 1 a 19 detto numero d'oro. Il ciclo diciannovennale era formato da 12 anni di 12 mesi più 7 anni di 13 mesi, alternati tra loro, e la lunghezza dei mesi era opportunamente alternata fra 29 e 30 giorni (vedi NOTA 1 in fondo).

Nel calendario giuliano ogni 19 anni i pleniluni si ripetono alle stesse date. Basta sapere il numero d'oro dell'anno, cioè il suo numero rispetto al ciclo diciannovennale, per conoscere automaticamente il suo plenilunio pasquale. Si hanno 19 possibili serie di date di plenilunio e quindi 19 possibili pleniluni pasquali. In realtà il calcolo consentiva la determinazione della luna nuova, a cui però basta aggiungere 14 giorni per trovare la luna piena, secondo quanto dice la frase del Levitico riportata prima.

Rimane però il problema di determinare la posizione sul calendario della domenica successiva al plenilunio. Questo è stato risolto con l'introduzione della lettera domenicale. Assegnando al primo giorno dell'anno la lettera A, al secondo la B e così via fino alla G (settimo giorno) si dice lettera domenicale quella che rimane abbinata alla domenica. A seconda del giorno della settimana con cui un anno comincia si avrà una lettera domenicale diversa che stabilirà la data di tutte le domeniche dell'anno. Nel calendario giuliano la successione delle lettere domenicali si ripete secondo un ciclo di 28 anni. Infatti l'anno è fatto di 52 settimane e un giorno. Ogni anno c'è lo slittamento di un giorno e se c'è l'anno bisestile lo slittamento è di due giorni. Se non esistesse l'anno bisestile lo stesso giorno settimanale cadrebbe alle stesse date ogni 7 anni. Con la presenza dell'anno bisestile il periodo sale a 28 anni, il minimo comune multiplo tra 7 (periodo settimanale) e 4 (periodo bisestile). Da notare infine che nel calendario giuliano esiste un periodo in cui le date di Pasqua si ripetono nello stesso ordine, questo periodo di ripetizione è il minimo comune multiplo di 19 (ciclo diciannovennale) con 28 (lettera domenicale), 19x28=532 anni.

Questo metodo riesce a tradurre un'informazione di tempo ricavata dai cicli lunari in una data, non sempre la stessa ma calcolabile, di un calendario solare. Il punto però è che fino a questo momento (e fino al 1582) si è utilizzato il calendario giuliano. Per la chiesa ortodossa la storia finisce qui, a tutt'oggi è in uso il calendario giuliano e infatti c'è una certa differenza di date tra la Pasqua ortodossa e quella cristiana. Per l'occidente la cosa si complica dopo Gregorio XIII e la sua riforma del calendario. La motivazione di questa riforma era importante poichè aggiustava le regole in modo da far restare l'equinozio a cavallo del 21 marzo, compensando il fenomeno della "precessione degli equinozi"; ma se nel calendario giuliano bastavano il numero d'oro e la lettera domenicale a determinare la Pasqua, con il calendario gregoriano non bastavano più, e veniva meno il ciclo pasquale di 532 anni.

Le correzioni introdotte dal nuovo calendario, non le uniche ma quelle che scombinavano il calcolo della Pasqua così come era stato formulato prima e utilizzato per svariati secoli, erano due. La prima viene detta equazione solare, che consiste nell'omissione di 3 bisestili ogni 400 anni (rimangono bisestili gli anni secolari il cui numero è divisibile per 400). Questa correzione mantiene l'equinozio fisso intorno al 21 marzo. La seconda viene detta equazione lunare, e corregge un'imperfezione del ciclo diciannovennale. Essendo questo ciclo leggermente imperfetto si stabilì di aumentare di un giorno l'età della luna ad intervalli di 300 e 400 anni. Si toglie un giorno ogni 300 anni per 7 volte ed un'ottavo dopo 400 anni, per poi ricominciare il ciclo (8 giorni in 2500 anni). Quindi si introducono due correzioni, una al ciclo solare e una al ciclo lunare, che ricorrono periodicamente. Ogni correzione ha l'effetto di modificare la corrispondenza tra ciclo lunare e ciclo solare, ovvero di "sfasare" il ciclo diciannovennale. Il calcolo della Pasqua andava modificato tenendo conto di questo.

Per risolvere il problema venne introdotto il concetto di epatta. L'epatta di un dato anno è l'età della luna, espressa in giorni interi, al primo gennaio. Le epatte possibili nel calendario giuliano sono 19. Nel calendario gregoriano ad ogni equazione solare o lunare la serie delle 19 epatte cambia diminuendo o aumentando di un'unità; perciò le epatte possibili su tempi lunghissimi sono tutt'e trenta, che si presentano in serie di 19, ciascuna serie restando valida fra un'equazione e l'altra. L'epatta, ovviamente, determina la data della luna piena pasquale.

L'intervallo di tempo compreso tra due consecutive equazioni solari o lunari che introducono uno sfasamento rispettivamente nella sequenza delle date o delle lunazioni è detto epoca calendariale. Un'epoca è quindi l'intervallo di tempo entro cui è valida una delle 30 serie di epatte (la durata di un'epoca varia dai 100 ai 300 anni). Nell'ambito di un'epoca tutto si svolge come nel calendario giuliano: i pleniluni si verificano in 19 diverse date e solo in queste. Ovviamente le date possibili per la Pasqua sono di più perchè una medesima data di plenilunio si può combinare con le sette diverse lettere domenicali.

Riepilogando il procedimento per determinare la Pasqua gregoriana di un dato anno (M) si riassume nei punti seguenti:

1. Si determina a quale epoca l'anno appartiene (per questo si deve consultare una opportuna tabella).
2. L'epoca fornisce la serie delle 19 epatte in vigore.
3. Si calcola il numero d'oro (M+1)/19 per determinare quale epatta considerare tra le 19.
4. Considerando l'alternanza convenzionale dei mesi "pieni" (30 gg) e "cavi" (29 gg) si ottengono tutte le date dei noviluni dell'anno.
5. Il plenilunio è il quattordicesimo giorno della lunazione; il plenilunio che ci interessa è quello che segue il 21 marzo.
6. La Pasqua cade nella prima domenica successiva alla data del plenilunio e per individuarla si ricorre alla lettera domenicale.

Mi rendo conto solo adesso che non potrò fare una bella figura la prossima volta che si discuterà della prossima data di Pasqua perchè non ho alcuna possibilità di ricordare quello che ho appena scritto.

NOTA 1: in questi calcoli non si considera mai la durata astronomica della lunazione ma sempre una sua approssimazione in numeri interi, alternando numeri poco superiori alla lunazione vera con numeri poco inferiori in modo che su tempi lunghi sia rispettata la durata reale come durata media; questa luna non coincidente con la luna "vera" viene detta luna del computo.

NOTA 2: nel calendario gregoriano il periodo delle 35 date pasquali, che nel giuliano era di 532 anni, sale a 5 milioni e 700 mila anni. Si può anche calcolare la distribuzione di queste 35 date in questo periodo da cui si ricava che la data più frequente è il 19 aprile (la mia data di nascita).

NOTA 3: Il matematico Friedrich Gauss agli inizi del XIX secolo ha proposto una formula generale diretta per il calcolo della Pasqua, che però fa uso anche di una tabella e di alcune eccezioni sulla formula stessa.