venerdì 8 maggio 2015

Catastrofi naturali

Mi colpisce sempre che a tutt'oggi di fronte a disastri naturali come quello del recente terremoto in Nepal ci sia sempre qualcuno nei mezzi di informazione che si chiede "il perché di tanta sofferenza", senza però far riferimento alla colpevole mancanza di azione preventiva, vera causa del grande tasso di mortalità in questi eventi, e alle sue tante e significative motivazioni, come quelle che potrebbero essere suggerite dal fatto di riscontrare sciagure di questa entità quasi esclusivamente in paesi del terzo mondo.

Il "perché di tutto ciò, di tutta questa sofferenza" è invece posta sempre come una domanda metafisica, dunque in questo caso è del tutto inutile. Si tratta di un classico esempio del farsi domande che non possono portare a niente, neanche se ci pensi per intere generazioni (come tutto sommato è successo). In genere viene usata da chi professa un credo religioso per suggerire la presenza, da qualche parte, di una logica superiore che però non possiamo conoscere, ma che c'è e sappiamo in fin dei conti di che si tratta. Insomma non è neanche usata come una vera domanda, è appunto un suggerimento (spesso pure inconsapevole). Inoltre dietro a questo suggerimento c'è secondo me una presunzione che ha del tragicomico.

Migliaia e migliaia di intere colonie di innocenti formiche sono scomparse sotto le scosse di terremoto. Migliaia di animali avranno fatto la stessa fine dei nostri sfortunati simili (sofferenze comprese). Innumerevoli specie viventi sono scomparse dalla faccia della terra a causa di cataclismi, drastici cambiamenti climatici e meteoriti giganti. Chissà quante civiltà aliene sono state annientate da esplosioni di supernove o da eventi naturali altrettanto spaventosi presenti nell'universo. Perché tutto ciò? Perché tutta questa sofferenza?

Abbiamo fatto molta strada in questi millenni di civiltà. Potremmo anche cominciare a farci le domande giuste su certe cose.

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