domenica 7 marzo 2010

Errori sull'evoluzione

Una volta mi è capitato di leggere: "L'evoluzione è così semplice che chiunque può fraintenderla". Effettivamente la teoria dell'evoluzione biologica sembra essere accessibile a chiunque, specialmente perchè non necessita di apparati formali pesanti di cui sono invece infarcite molte altre teorie scientifiche (ad esempio tutte quelle della Fisica), e che svolgono verso i profani il ruolo di "muro" che impedisce la comprensione. Questa caratteristica invita però spesso a prendere un po' sottogamba la teoria darwiniana e a semplificarla eccessivamente, fino addirittura a fraintenderla.

Tre esempi classici di questi fraintendimenti sono secondo me contenuti nelle frasi seguenti:
1. L'uomo discende dalla scimmia.
2. L'evoluzione è un percorso progressivo, dal "peggiore" al "migliore".
3. L'evoluzione è il semplice frutto del caso.

La prima frase è un classico, presente da sempre nel linguaggio comune, rafforzata nell'immaginario collettivo da quelle suggestive (ma forse poco scientifiche) illustrazioni della conquista della stazione eretta. Probabilmente è stata coniata all'indomani della pubblicazione de "L'origine delle specie". Eppure è un po' fuorviante, non a caso è stata spesso utilizzata da molti detrattori della teoria di Darwin per sottolinearne l'assurdità. E' più corretto affermare che l'uomo e le scimmie antropomorfe hanno un antenato comune risalente a circa 6-7 milioni di anni fa. Questo evidenzia che in realtà queste due specie, realmente molto affini, sono comunque separate da milioni di anni di evoluzione biologica. Non è poco. Da quel lontano periodo non hanno molto più a che spartire, e gli effetti si vedono. Infine questo significa che il nostro antenato comune non era nè una scimmia antropomorfa come la conosciamo oggi, nè un uomo come lo conosciamo oggi, ma qualcosa di diverso.

La seconda frase è certamente un errore più grave. E' difficile sfuggire alla convinzione che l'evoluzione abbia una "direzione", che segua cioè una linea di progresso, da organismi semplici ad organismi sempre più complessi e in un certo senso "migliori". Ma in realtà questo concetto non è contenuto nella teoria e di fatto non è neppure riscontrabile come fenomeno generale in natura, basti pensare al fatto che i semplici e primitivi batteri sono probabilmente a tutt'oggi gli organismi biologici di gran lunga di maggior successo nell'intera biosfera. Questo errore ne nasconde uno (o apre la strada a uno) ancora più grave, riscontrabile spessissimo nel linguaggio comune, e cioè che in qualche modo l'evoluzione sia guidata da una qualche entità esterna e cosciente, che a volte chiamiamo semplicemente Natura (se non si vuole sconfinare in concetti troppo religiosi, ma già questo lo è ...), la quale costruisce nel tempo organismi sempre più perfetti, in un crescendo che ovviamente culmina proprio con la comparsa dell'uomo. Un'idea un pò troppo antropocentrica.
L'idea centrale dell'evoluzione biologica non è il progresso, bensì l'adattamento all'ambiente di vita, e questo è un concetto molto "locale", non ha un ampio respiro, non abbraccia tutta la storia della terra in un unico crescendo, non ha la capacità di indicare una direzione generale. Se cambia drasticamente l'ambiente di vita, una specie fortemente adattata può estinguersi da un momento all'altro, lasciando il posto ad un'altra specie che fino a quel momento non si era mostrata così adatta. E' gia successo più volte nella storia biologica (l'estinzione dei dinosauri è solo l'episodio più eclatante). I nostri attuali timori ambientalisti dovrebbero collegarsi proprio a questo concetto: la nostra intelligenza è certamente un potente strumento di adattamento ambientale soprattuto perchè ci permette di modificare l'ambiente a nostro piacimento, ma non sarà che per caso questa diventerà a breve una responsabilità troppo grossa e che magari potremmo arrivare in breve tempo a deturpare il nostro habitat talmente tanto da non essere più in grado di sopravviverci come specie?

L'ultima frase è veramente un errore madornale, e attiene probabilmente all'aspetto più sottile dell'evoluzione biologica. E' una frase a metà. Il caso è solo un elemento dell'evoluzione. Gli altri elementi sono: la riproducibilità fedele di un carattere biologico (nato per caso) e l'interazione con l'ambiente che agisce come elemento di selezione dei caratteri biologici vantaggiosi. Infine un elemento non trascurabile è il tempo, o meglio l'enormità inimmaginabile dei tempi dell'evoluzione biologica. Noi guardiamo sempre l'ultimo fotogramma di un lunghissimo processo evolutivo globale dove tutti i fotogrammi precedenti concorrono in diversa misura a determinare le caratteristiche dell'ultimo, ma la maggior parte di questi fotogrammi non li conosciamo affatto e probabilmente non avremo modo di conoscerli mai.
Il caso non avrebbe nessun effetto interessante se gli organismi viventi non avessero la capacità di conservarlo: "La comparsa, l'evoluzione e il progressivo affinamento di strutture viventi sempre più fortemente teleonomiche sono dovuti al sopraggiungere di perturbazioni in una struttura già dotata della capacità di invarianza e quindi capace di conservare il caso e di subordinare gli effetti al gioco della selezione naturale".
Tutto questo, con la complicità di tempi lunghissimi, può oggettivamente produrre strutture straordinariamente complesse, ordinate e dunque "poco probabili" senza la necessità di ipotizzare l'esistenza di un progetto-guida: "Non è detto che dietro una struttura ordinata e poco probabile ci sia necessariamente un progetto (cristallo, vortice, essere vivente), così come non è detto che dietro una struttura disordinata e probabile non ci sia un progetto (messaggio cifrato)".
Il caso, fatto interagire con gli altri due elementi fondamentali dell'evoluzione, l'invarianza e la selezione, per migliaia e migliaia di generazioni, può effettivamente produrre oggetti che ben difficilmente potremmo definire semplicemente casuali: "La selezione naturale è un meccanismo per generare improbabilità su larga scala" (Sir Roland A. Fisher).

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