mercoledì 16 luglio 2008

L'uomo di Neanderthal

La teoria dell'evoluzione di Darwin spesso non viene raccontata bene, altrimenti non si spiegano certi "vizi interpretativi" che a volte riscontro nel linguaggio comune e che nel passato hanno caratterizzato le mie conoscenze in merito.

Per molto tempo ho dato più o meno per scontato che l'evoluzione fosse un progresso lineare verso forme di vita sempre "migliori". Da qualche parte devo pur aver assorbito questa idea. L'esempio classico è quello della storia evolutiva dell'uomo. Mi ricordo di aver pensato che l'uomo attuale è un punto finale di alcuni stadi evolutivi intermedi, sempre più perfetti in quanto sempre più vicini a noi. Homo Erectus, Homo Ergaster, Homo Neanderthalensis, Homo Sapiens. Ma .... un momento, secondo la nomenclatura binomiale queste che ho citato sono tutte specie diverse, tra loro hanno in comune solo il genere Homo. Due specie distinte non si incrociano, non generano prole feconda, secondo la denfinizione. Possono evolvere l'una nell'altra ma non necessariamente, e infatti questo non è sempre avvenuto. L'albero dell'evoluzione umana è molto complesso e tutt'altro che lineare, dotato di molti rami che hanno generato specie umane ma che non portano a noi. Inoltre queste specie non hanno una successione cronologica stretta, si sovrappongono, sono spesso conviventi nello stesso ambiente naturale. Questa non è un'osservazione da poco.

L'uomo di Neanderthal è una specie che convive in europa con l'Homo Sapiens fino a circa 30000 anni fa, periodo in cui si perdono le sue tracce. Estinto per qualche motivo ancora non chiaro (ma ormai sappiamo che l'estinzione di una specie è un fenomeno molto comune in natura, per nulla strano). Probabilmente non si è mai incrociato con gli individui della nostra specie. Insomma è una specie umana diversa, non un nostro antenato. Una specie che aveva moltissime cose in comune con noi (*) ma non il nostro stesso patrimonio genetico.

Le scimmie antropomorfe, con cui attualmente conviviamo, non sono i nostri antenati. La famosa frase "l'uomo discende dalla scimmia" (pensando proprio alle scimmie antropomorfe) è fondamentalmente sbagliata, al limite, vista l'ampia accezione del termine, sarebbe più corretto dire che l'uomo è una scimmia. Una frase più corretta sarebbe all'incirca "l'uomo (in tutte le sue specie comparse sulla terra, compreso Homo Sapiens) e le scimmie antropomorfe attuali (scimpanzè, bonobo, gorilla, orango) hanno un antenato comune molto vicino nel tempo".

Ricordo che queste semplici constatazioni anni fa mi sono risultate per niente scontate e quindi molto istruttive. Nell'evoluzione biologica non c'è il concetto di progresso, che comporta necessariamente una direzione e un fine, c'è solo il concetto di adattamento. Una specie che può definirsi a buon diritto "umana" (nel senso biologico) è comparsa più volte nella storia della terra. Rimane il fatto che una sola di esse è sopravvissuta e ha prodotto una storia culturale.

(*) Se si potesse reincarnare un Neanderthal, e porlo nella metropolitana di New York, opportunamente lavato, sbarbato e modernamente vestito, si dubita che potrebbe attrarre alcuna attenzione. (William Straus)

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