giovedì 8 maggio 2008

Luigi Di Liegro

Se ci penso, l'unica esperienza interessante che mi è capitato di fare con il mondo cattolico è quella legata ai 10 mesi del mio servizio civile presso la Caritas Diocesana di Roma. In poche parole l'aspetto veramente notevole era quello di avere a che fare con cattolici che non avevano il tempo per la dottrina o per fare i "buoni" poichè erano totalmente immersi (o sommersi) nel mondo dell'emarginazione, in tutte le sue incredibili forme.

Le operazioni quotidiane erano lavare i barboni più recalcitranti (o convincerli a lavarsi), servire a mensa la moltitudine di vagabondi di passaggio, portare i panini a chi dormiva per strada (con l'attenzione di non farli tutti con carne di maiale, per non urtare la sensibilità dei tanti musulmani), scambiare quattro chiacchiere con i vari ospiti dell'ostello (perlopiù disturbati mentali), distribuire farmaci (con il controllo di un medico) e vestiti. Insomma il contatto continuo con "certa gente" era l'elemento caratterizzante di quell'esperienza, e credo fosse anche la motivazione principale dei molti cattolici che lì ho conosciuto.

In quell'occasione ho maturato l'idea che c'è qualche cosa che non va nel nostro concetto di aiutare le persone "rimanendo a distanza". Mi riferisco alle nostre tante donazioni al terzo mondo e in generale al concetto di beneficenza. Credo che questa cosa, o una cosa del genere, la pensasse anche Luigi Di Liegro, il fondatore della Caritas all'indomani del Concilio Vaticano II. All'epoca del mio servizio civile passava regolarmente per i vari centri, conosceva e salutava la maggior parte dei "clienti cronici" e veniva in ostello a celebrare la messa di Natale o di Pasqua. Non perdeva mai il contatto con le persone.

Tempo fa, molti anni dopo questa esperienza, più di dieci anni dopo la scomparsa di monsignor Di Liegro, mi è capitato di leggere una sua frase che conferma questo suo modo di pensare, trasferito così efficacemente nell'organizzazione che ha fondato:
"Non si può amare a distanza restando fuori dalla mischia, senza sporcarsi le mani, ma soprattutto non si può amare senza condividere."

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