Guidati da un'archeologa abbiamo visitato le Terme di Caracalla, chiamate così perché edificate sotto l'imperatore il cui nome deriva dal fatto che usava indossare una mantellina con il cappuccio, un indumento gallico chiamato appunto "caracalla".
La guida ci ha raccontato che Caracalla è stato imperatore per soli 6 anni, morendo giovanissimo (prima dei trent'anni) in un agguato. Ma comunque ebbe modo, anche se per pochissimo, di utilizzare le sue terme perché queste furono costruite in soli 5 anni.
"Oh, gli antichi Romani costruivano un impianto gigantesco come le terme in soli cinque anni e noi non riusciamo a fare una linea di metropolitana neanche in vent'anni". Doveva per forza uscire una considerazione simile, c'è sempre qualcuno che la tira fuori. È indipendente dal grado di istruzione di chi la pronuncia. Deve essere dovuto al fatto che a scuola non si studiano né le forme di governo né l'economia.
Ci sono due cose che velocizzano la realizzazione di opere pubbliche, le dittature e l'economie basate sull'uso degli schiavi. La società romana le possedeva entrambe, noi fortunatamente no.
Oddio, una dittatura l'abbiamo lasciata alle spalle da relativamente poco tempo, e probabilmente c'è chi non disdegnerebbe tornarci. Quello è stato anche il periodo in cui l'architettura italiana ha prodotto di più, in tempi brevi, facendo opere di qualità. La famosa e ironica frase "quando c'era lui" si riferisce proprio a questa capacità, tipica delle dittature, di fare opere pubbliche in poco tempo e in modo efficiente.
E gli schiavi?
Un paio di giorni dopo questa visita ho sentito leggere e commentare un articolo (credo de "Il Sole 24 Ore") che parlava del processo di Satnam Singh, il bracciante lasciato morire dissanguato dal suo datore di lavoro che per paura di essere incriminato per sfruttamento lo ha lasciato davanti casa con un braccio amputato.
L'articolo descriveva il modello dell'agricoltura di Latina che in sostanza si basa su un sistema di sfruttamento dell'immigrazione irregolare, o semplicemente sull'uso di forza lavoro, in massima parte costituita da lavoratori immigrati, i cui diritti non sono adeguatamente tutelati. E' un sistema di cui è vittima anche lo Stato perché i lavoratori lavorano in nero e quindi, se non sono clandestini, ricevono sussidi di disoccupazione dallo Stato. Ma spesso queste domande e i relativi documenti per ricevere questi sussidi sono stati presentati dagli stessi datori di lavoro che percepiscono quindi il sussidio al posto dei lavoratori e se ne tengono una parte. La sostanza è che i lavoratori vengono pagati una fame, tipo 6 euro l'ora, e il datore di lavoro non ce li mette nemmeno tutti perché per pagare questi stipendi usa in parte i soldi dei sussidi.
L'articolo prosegue allargando il discorso alla situazione generale che non riguarda solo Latina bensì tutto il settore agricolo italiano. I dati recenti dicono che in Italia il 30% dei lavoratori nelle campagne italiane è irregolare e che la retribuzione media lorda annuale dei braccianti è di circa 6000 euro, nettamente al di sotto della soglia di povertà.
Tutto ciò per tenere bassi i prezzi delle merci, una cosa che serve, e serve parecchio a molti onesti cittadini italiani che hanno uno stipendio decente ma fermo ormai da vent'anni.
La città di Roma ai tempi di Caracalla consentiva alla cittadinanza (anche la meno abbiente, le terme costavano poco) di tenersi pulita e in condizione igieniche decenti usufruendo di strutture come le terme, che però erano costruite e manutenute da schiere di schiavi, non pagati e non liberi. Lo Stato italiano ai nostri tempi permette alla cittadinanza di accedere a molti prodotti agricoli a basso prezzo, prodotti che però richiedono il lavoro di braccianti sottopagati e senza regolari diritti. L'analogia non è peregrina.
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