Sono andato ad un concerto dove veniva eseguita per intero la Messa in Si Minore di J.S.Bach. Si tratta di una collezione di brani per soli, coro e orchestra, che si articolano nelle cinque sezioni della messa latina dell'ordinario: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei. La durata complessiva è di circa 1 ora e 40 minuti, più o meno.
Il concerto è stato molto bello ma secondo me aveva un difetto (che oggi tolleriamo senza problemi), era anacronistico e fuori contesto. L'opera in questione non solo non è mai stata concepita per le sale da concerto che all'epoca, prima metà del '700, praticamente non esistevano, almeno non come le conosciamo adesso, ma non è mai stata eseguita per intero con l'autore vivente.
Una messa del genere, di queste dimensioni, non era utilizzabile per nessuna occasione religiosa, i vari brani venivano utilizzati separatamente in varie occasioni ma mai tutti insieme. Lo dimostra anche il fatto che l'autore ha costruito quest'opera come un assemblaggio di brani diversi, scritti in occasioni diverse e per scopi diversi nell'arco di circa 25 anni di carriera. L'equivalente di una "raccolta di racconti" o di una "mostra di quadri" legati da un filo conduttore che è appunto la messa del rito cattolico (cosa peraltro curiosa, visto che l'autore era luterano). Quello che ne è venuto fuori, e forse era anche l'intenzione dell'autore, è come si suol dire una "summa" della letteratura vocale sacra di tutto un periodo musicale (il barocco).
La trasformazione di un'opera del genere, legittimamente fruibile "a pezzi", in un concerto unico per il pubblico, ben difficile da digerire tutto intero, è figlia della cultura del Romanticismo e della nascita del concerto pubblico per la borghesia pagante, qualcosa di molto lontano dal contesto culturale che ha prodotto un capolavoro come la Messa in Si Minore, e che invece rappresenta ancora il nostro modo non solo di fruire la musica, ma tutta l'arte.
L'idea di esporre le opere d'arte della nostra storia culturale ad un pubblico che la "subisce" tutta intera in "riti sacri" interminabili non mi pare francamente la scelta migliore, anche se è di fatto la regola del nostro tempo (che forse le nuove tecnologie stanno progressivamente scardinando). L'esempio più rappresentativo è quello della pinacoteca, un'esperienza spesso pesantissima, che si conclude tipicamente, dopo un certo tempo fisiologico ben inferiore al tempo necessario per esaurire la visita, facendo finta di vedere i quadri che ti passano davanti.
Riporto a questo proposito una frase divertente e significativa di Philippe Daverio, storico dell'arte, che rende perfettamente l'idea: "La gente di solito va nei musei e guarda quattrocento quadri in un’ora e mezza. Torna con dei piedi gonfi così e va alla ricerca di una Coca-Cola tiepida per dimenticare l’esperimento. I luoghi dove stanno i quadri si chiamano pinacoteche, come esistono i luoghi dove stanno i libri che si chiamano biblioteche. Nessuno va in biblioteca e legge tutti i libri. Uno che va in una pinacoteca, in un museo, dovrebbe andare a vedere due quadri. All’inizio, a mio parere, addirittura uno solo. Quello che ha fatto il quadro spesso ci ha messo due anni a farlo. O anche due mesi a farlo… Cosa mi dà il diritto di guardarlo in venticinque secondi? Quando erano in Chiesa, la gente li vedeva da quando nasceva a quando moriva: tutta la vita. E adesso deve vederlo in un minuto mentre sta correndo al quadro prossimo?"