Una delle cose che ho notato in Thailandia è la presenza abbastanza diffusa dei cani randagi (e quasi inesistenti quelli al guinzaglio). Mi ha fatto tornare in mente gli anni in cui se ne trovavano anche nel mio quartiere periferico di Roma. Avevano delle caratteristiche che difficilmente si vedono sui nostri cani domestici.
Tendono a riunirsi in piccoli nuclei sociali che vivono ai margini degli ambienti umani, utili per trovare cibo e riparo. Non si lasciano avvicinare troppo, sono abituati alla compagnia dell'uomo ma si mostrano anche abbastanza diffidenti. Non sono sempre in cerca di carezze e di un padrone che li porti in giro, si muovono in modo del tutto autonomo con i loro simili.
In pratica non sono riuscito mai ad avvicinarmi abbastanza ai cani thailandesi per poterli accarezzare. Anche se sonnecchiavano al caldo avevano sempre un occhio aperto. Il loro aspetto risentiva dello stile di vita randagio: non troppo belli, un po' spelacchiati, non sempre pasciuti, con piccole ferite qua e là, razze piuttosto omogenee, senza troppe caratteristiche diversificate, segno di numerosi incroci non "progettati".
Ho pensato che in fondo questa loro diffidenza è del tutto naturale e condivisa anche da noi esseri umani. Quando mai una persona si farebbe accarezzare dal primo che capita? E quando mai ci sogneremmo di fare complimenti al primo che passa, come invece siamo soliti fare con i cani al guinzaglio. Quei cani thailandesi non ispiravano un comportamento "puccioso", un commento tipo "cucciolooo!!" o "ma che amooore!!". Per certi versi erano individui che transitavano per strada come tutti gli altri individui di specie umana, degni di rispetto, niente di più.
Quello che mi ha colpito è l'aver riconosciuto (e ricordato) un animale libero e rispettabile, che noi non vediamo più.
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