lunedì 11 dicembre 2023

Apologia dell'ICT

Viviamo all'inizio di un era tecnologica altamente trasformativa, più rivoluzionaria delle storiche rivoluzioni industriali. Protagoniste di queste trasformazioni sono le tecnologie informatiche, o più in generale le tecnologie di informazione e comunicazione (le cosiddette ICT, Information and Communication Technologies). Credo che sia normale che tutte le tecnologie estremamente innovative siano sempre accompagnate da climi culturali sospettosi, preoccupati, pessimisti sul futuro, che generano una letteratura di carattere distopico, catastrofista, ecc. Questo vale anche per i nostri tempi, ed è ben evidente. Le "diavolerie" tecnologiche, sempre più complesse, generano un confuso senso di preoccupazione, spesso molto indefinito ma ben presente. Probabilmente non è altro che un aspetto della nostra natura, e certamente è un fatto generazionale. Douglas Adams lo sintetizza molto bene nelle sue tre regole che definiscono il nostro rapporto con la tecnologia:

1) Tutto quello che è al mondo quando nasci è normale e banale ed è semplicemente parte del modo in cui il mondo funziona;
2) Tutto quello che viene inventato dai tuoi 15 ai tuoi 35 anni è nuovo, eccitante e rivoluzionario, e con un po' di fortuna potresti fare carriera usandolo;
3) Tutto quello che viene inventato dopo i tuoi 35 anni è contro l'ordine naturale delle cose (e per alcuni anche l'inizio della fine della civiltà come la conosciamo).

Io (nonostante la mia età) vorrei raccontare l'era digitale, l'era delle tecnologie informatiche, in modo ottimista, in modo da dare alle "diavolerie" che accompagnano le nostre vite uno spessore culturale profondo. Perché la tecnologia è un elemento che ci caratterizza come umanità, più di molte altre cose a cui siamo abituati a pensare quando ci "definiamo". Come dice Massimo Temporelli in un suo libro divertente e istruttivo: "[...] noi Homo Sapiens [...] co-evolviamo con le macchine che immaginiamo e costruiamo, divenendo altro. Questo fenomeno è all'origine della nostra specie, visto che proprio grazie alla tecnologia ci siamo trasformati enormemente. [...] la pietra, l'agricoltura, il rame, il bronzo, il ferro, il vapore, l'elettricità, l'elettronica e il digitale sono tutte tecnologie che hanno cambiato la nostra storia più di ogni altra cosa, più dell'arte, della filosofia o della musica. Anzi, sono loro ad aver influenzato questi altri ambiti. [...] Noi cambiamo e ci trasformiamo con la tecnologia, divenendo altro. [...] Dovremmo preoccuparci per questo?" (Noi siamo tecnologia, Massimo Temporelli, 2021).

Mi piacerebbe, e credo che sia importante, dare nobiltà alle tecnologie informatiche che stanno cambiando il nostro mondo. Si parla spesso ormai di algoritmi come cose spaventose che negli ultimi tempi hanno invaso irrimediabilmente le nostre vite, novelli strumenti dagli effetti inquietanti. Ma gli algoritmi fanno parte della nostra storia, sono antichissimi come la nostra filosofia e le nostre arti. Lo sottolinea anche Donald Knuth in un suo scritto di cui riporto l'abstract: "Uno dei modi per contribuire a rendere rispettabile l’informatica è dimostrare che è profondamente radicata nella storia e non solo un fenomeno di breve durata. Pertanto è naturale rivolgersi ai più antichi documenti sopravvissuti che trattano di calcolo e studiare il modo in cui le persone si avvicinavano all'argomento quasi 4000 anni fa. Spedizioni archeologiche nel Medio Oriente hanno portato alla luce un gran numero di tavolette d'argilla che contengono calcoli matematici, e vedremo che queste tavolette forniscono molti indizi interessanti sulla vita dei primi 'scienziati informatici'", (Ancient Babylonian Algorithms, by Donald E. Knuth, Stanford University, 1972).

Sarebbe importante anche accostare l'informatica alla matematica e trattarla come meriterebbe, anche nell'insegnamento scolastico, invece di vederla come una cosa aliena dal resto della formazione, relegarla agli aspetti meramente produttivi, oppure in ambito scolastico identificarla solo con l'uso dei dispositivi che da essa derivano (tablet, smartphone, programmi di office automation, e altra roba del genere). Un importante matematico italiano, Corrado Bohm, diceva che "la matematica è nello stesso tempo madre e figlia dell'informatica".

Si parla di Big Data, cioè delle enormi quantità di dati che riusciamo ad avere a disposizione e delle altrettanto enormi capacità di calcolo che ci permettono di elaborarli, sempre più spesso accompagnando l'argomento con la paura che ci stiano rubando le informazioni che ci riguardano per fare del business a vantaggio di grandi compagnie private (che è in parte quello che sta succedendo ed è pure un pericolo vero). Io però voglio in ultimo citare un altro importante matematico, Gabriele Lolli, che in merito a questi aspetti vede un ampliamento dell'indagine matematica e tira fuori questa bellissima frase: "Prima dei calcolatori l'uomo, il matematico, si è mosso su due livelli ben distinti, quello del finito molto piccolo e visualizzabile (le dita delle mani) e subito dopo, con una coraggiosa estrapolazione, quello dell'infinito. Adesso sembra venuto il momento di esplorare un dominio sconosciuto, il finito grande".


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