lunedì 26 dicembre 2016

Tecniche narrative di fishing

Ho una certa insofferenza per le serie televisive, che pure vanno di gran moda ultimamente. Il motivo principale credo sia la mia incapacità ad avere la continuità che serve per seguirle con soddisfazione. La sola idea di cominciare a vedere una serie televisiva che si presenta come costituita complessivamente da cinque stagioni di dodici episodi l'una mi toglie qualsiasi forza di volontà. E il fatto che qualche volta si dica "sei arrivato solo al quarto episodio? se arrivi al settimo-ottavo vedrai che comincia a piacerti" mi pare veramente allucinanate. Che cos'è? Assuefazione?

Ciononstante ultimamente, anche per seguire mio figlio, ho visto per intero la serie televisiva "Stranger Things" su Netflix. Non una serie qualunque, ma una di un certo successo, di cui si è parlato parecchio. Sinceramente molte idee erano piuttosto fesse, e soprattutto mi suonavano tutte già viste o sentite. Ad esempio quella della madre che si fa di LSD negli anni settanta e la figlia presumibilmente per questo viene fuori con poteri paranormali (!). Oppure quello di una ragazza che si infila in un buco di un albero e passa improvvisamente in un mondo parallelo (grosso modo come Alice nel Paese delle Meraviglie). Tra l'altro qualche volta mi sembra di intuire che certe "citazioni" da storie o film del passato vengano pure considerate positivamente, come elementi che danno una certa nobiltà a quello che si sta vedendo. A me sembrano solo copie di cose già viste.

Indubbiamente sono "prodotti ben fatti", in tutte le loro parti: sceneggiature, scenografie, musiche, riprese, effetti speciali. Tutto ad un livello di qualità molto alto. Però a me ricordano i "comfort" di cui sono dotati tutti i vari prodotti tecnologici, dalle automobili ai telefonini. E non mi entusiasmano, non lo hanno mai fatto. Men che meno in un lavoro di cinematografia.

La cosa che mi ha colpito di più è la struttura narrativa. I punti di forza sono gli elementi lasciati in sospeso, le soluzioni non risolte. Queste determinano il passaggio da un episodio all'altro e da una serie all'altra, in una serie di rilanci potenzialmente infiniti. Si capisce che gli autori non hanno come obiettivo quello di raccontare una storia piena, seguendo una traiettoria che non la renda prevedibile ma le dia una fisionomia e una logica comprensibile. Gli autori hanno il compito principale di portarti da un episodio all'altro, da una stagione all'altra, lasciandoti sempre parzialmente insoddisfatto e affamato di un "dopo". E' una sorta di fishing narrativo, lo scopo è quello di farti abboccare al consumo di un ennesimo episodio. Si tratta secondo me di consumismo cinematografico, di induzione al consumo di ore di televisione.

Possono prodotti del genere essere di grande qualità, se per qualità si intende qualcosa di diverso da una semplice confezione paracula di idee più o meno riciclate? Certamente si, ma l'iperproduzione non aiuta nè a fare nè a riconoscere cose belle per le quali val la pena perder tempo. E' una cosa faticosa e non mi diverte. Un po' come quando ti passi un intero centro commerciale per rivedere cento volte più o meno gli stessi quattro capi di abbigliamento. Estenuante.

Tenterò altre esperienze.

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