domenica 30 marzo 2025

«Cielo dicono» e «Non cielo dicono»

Mio figlio aveva un testo di fisica alle superiori che si intitolava "Le risposte della fisica". Un titolo del tutto inadeguato secondo me se si vuole insegnare la cultura scientifica. Probabilmente su quel libro potevi trovare le risposte, anche se non ti eri fatto nessuna domanda. E certamente le risposte erano importanti, autorevoli e giuste perché venivano dalla scienza e dagli scienziati. Anche se non si capivano.

Pensate, il sole si trova a 150 milioni di chilometri dalla terra, che sarebbero 8 minuti luce. Che significa? Che la luce per percorrere la distanza dal sole alla terra alla sua grande velocità impiega 8 minuti. Fantastico! ..... ma come diavolo si fa a sapere quanto è distante il sole?? E come di fa a sapere quanto va veloce la luce?? Beh, questo lo sanno gli scienziati, "cielo dicono" loro.

Pensate, non è il sole a girare attorno alla terra, bensì è la terra che ruota attorno a sé stessa .... ma come diavolo si fa a sapere che la terra gira?? E come si fa a sapere che è rotonda?? Beh, questo lo sanno gli scienziati che studiano tanto e poi "cielo dicono" (*).

E questo vale sempre, fino a che non la smetti di fare domande. Fino a che non decidi di crederci e dai tutto per scontato ..... oppure no. Feynmann diceva: "Penso che imparare [...] una formula mistica come risposta alle domande sia proprio la cosa peggiore". Aggiungo che alle risposte della scienza propinate come semi-spiegazioni, come spiegazioni "sulla fiducia", come spiegazioni dal sapore "mistico", si può pericolosamente, ma forse anche legittimamente, cominciare ad opporre un "non ci credo".

Raccontare questa scienza "feliciona", non problematica, piena di risposte fatte apposta per noi e per la nostra tranquillità (ma anche noia) è simile in modo imbarazzante al mondo felice dei Testimoni di Geova. Il mondo della scienza come viene raccontato spesso somiglia a quello del fantabosco.

"Perché? Perché ce lo dice la scienza". Tutto il  nostro sapere su cui si basa la nostra società "cielo dicono loro", gli scienziati.

Ma non sarà che il complottismo del "Non cielo dicono" è il risultato del comportamento reazionario di una società sopraffatta dai tanti "Cielo dicono" incomprensibili della scienza e degli scienziati? Quei "cielo dicono" che fin dall'infanzia accettiamo perlopiù acriticamente perché impariamo presto che quando li ripetiamo sono tutti d'accordo? Poca fatica e tanti risultati. Se diciamo una cosa "scientifica" diciamo automaticamente una cosa "giusta". E a farci dire le cose giuste ci pensano gli altri, "cielo dicono loro".

Tutto quello che sappiamo "cielo dicono". Ma siamo sicuri che ci dicono tutto? Siamo sicuri che ci dicono la verità? Siamo sicuri che non ci vogliono manipolare? E come facciamo ad essere sicuri? Che strumenti abbiamo? Siamo forse ignoranti ma mica scemi. E poi c'è la rete che ci aiuta..... quella ci permette di scegliere finalmente in autonomia e indipendenza tra chi ci prende in giro e chi ci dice la verità. Possiamo fare finalmente da soli. Non "cielo devono dire più gli altri".  :-(

------------------------------------------------

(*) da un mio vecchio post (link) «... provate a chiedere a una qualunque persona che passa per la strada se è il sole a girare intorno alla terra o la terra a girare intorno al sole. Risponderà certamente la seconda, senza nemmeno pensarci troppo. Provate ora a chiedergli perchè lo sa. Tutto quello che osserva gli indica che è il sole a girare intorno alla terra ma lui "sa" che deve dire esattamente il contrario ....»


sabato 22 marzo 2025

Suprematismo culturale

Suprematismo = Ideologia che si fonda sulla presunta superiorità di un gruppo umano sull’altro o di una religione sull’altra (vocabolario Treccani).

O anche di una cultura sull'altra, aggiungo io. Due esempi recenti:

«Solo l’Occidente conosce la Storia [...] Altre culture, altre civiltà hanno conosciuto qualcosa che alla storia vagamente assomiglia». Questo è l'inizio del paragrafo dedicato alla Storia, che si trova nelle Nuove Indicazioni 2025 per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione (Coordinatore di questa sezione: Ernesto Galli della Loggia - Prof. Emerito Scuola Normale di Pisa). E prosegue così: «È attraverso questa disposizione d’animo e gli strumenti d’indagine da essa prodotti che la cultura occidentale è stata in grado di farsi innanzi tutto intellettualmente padrona del mondo, di conoscerlo, di conquistarlo per secoli e di modellarlo».

«Adesso chiudete gli occhi e pensate ai nomi che vi dico: Socrate, Cartesio, Hegel e Marx; vi dico Shakespeare, Pirandello e Leopardi. Ma gli "altri" le hanno queste cose? [...] Abbiamo libertà ovunque, abbiamo la democrazia, ma quella non ce l'anno tutti, ce l'abbiamo noi. L’Europa è il fondamento di tutte le verità ideologiche, etiche, estetiche. Abbiamo inventato tutto. La bellezza, la passione, la letteratura. E non possiamo assolutamente perderle queste cose. Perchè noi Europei abbiamo insegnato tutto» (dichiarazioni di Roberto Vecchioni alla manifestazione per l'Europa, tenuta recentemente a Roma). 

Di seguito due osservazioni:

Mio figlio studia Antropologia e più di una volta l'ho sentito dire che questa materia è a suo giudizio estranea alla cultura media, quasi del tutto ignorata. Le frasi precedenti mi pare che gli diano ragione. Il valore e la pari dignità che l'antropologia riconosce a qualsiasi cultura umana, la sua finalità di superare il pregiudizio etnocentrico occidentale e riconoscere la presenza di strutture comuni a tutti gli uomini, è una cosa che non mi sembra faccia parte dei nostri modi di pensare.

Nelle parole dei due "intellettuali" riportate sopra non si fa alcun cenno a quella che forse è stata la vera storica differenza della cultura occidentale dalle altre culture sparse per il mondo, cioè il suo rapido sviluppo tecnologico, che le ha dato ricchezza, benessere, possibilità di sviluppare attività artistiche di ogni genere, e purtroppo anche la possibilità di diventare padrona ovunque. Ma da questi "intellettuali" delle "scienze umane" non ci si può  aspettare neanche questa banale consapevolezza.


domenica 16 marzo 2025

Un insolito test di turing

Mi annoia ascoltare le solite cose sull'intelligenza artificiale, i soliti argomenti. Ci toglierà il lavoro? Arriverà un giorno a superarci e a dominarci? Ci renderà tutti ignoranti e incapaci di produrre pensieri nostri? E altre cose di questo tipo, tutto sommato poco interessanti. Molto più interessante il fatto che le tecnologie attuali sull'intelligenza artificiale, per certi aspetti così avanzate, ci possano indurre a fare delle considerazioni su noi stessi, sulla nostra intelligenza, su chi siamo.

Una domenica mattina di qualche tempo fa mi soffermo ad ascoltare la puntata di Uomini e profeti, una trasmissione radiofonica di cultura religiosa, che trattava proprio dell'intelligenza artificiale in un modo che ho trovato interessante. Tanto è vero che dopo averla ascoltata in diretta me la sono ripescata qualche tempo dopo sullo streaming di Rai Play Sound e ci ho preso appunti sopra. Il post che segue è sostanzialmente una trascrizione molto parziale del dibattito.

Dopo qualche premessa il conduttore introduce i primi due ospiti che fanno i loro primi interventi non molto interessanti. Ad un certo punto vengono quasi interrotti dal conduttore che propone loro un piccolo esperimento, un insolito test di Turing. Legge loro degli stralci di una preghiera intitolata Preghiera di speranza e luce. Questo è il testo: "Signore, nelle difficoltà che incontriamo ogni giorno, ti invochiamo con il cuore aperto e umile, donaci la forza di affrontare le sfide e la saggezza per riconoscere la tua presenza in ogni passo del nostro cammino. [...] Nel silenzio del nostro cuore sii la luce che ci guida, la pace che ci sostiene e la mano che ci solleva. [...] Fai che possiamo sempre camminare con amore, con passione e verità per portare la tua luce nel mondo e riflettere la bellezza del tuo amore infinito. Amen". A questo punto si ferma è comincia a fare domande.

NOTA (mia): mentre ascolto penso che la preghiera proposta sia stata costruita con un LLM o con l'aiuto di un LLM, la cerco al volo sulla rete e non si trova, quindi non è stata pubblicata, probabilmente è un esperimento fatto dalla stessa redazione della trasmissione.

Domanda 1: chi ha composto questa preghiera? I due interlocutori non vogliono rispondere. Uno degli ospiti lo dice apertamente, si rifiuta di rispondere. Questo mi sembra già significativo. L'altro cerca di andare oltre dicendo che bisognerebbe sapere se quel qualcosa o quel qualcuno che ha scritto una preghiera in cui parla del mondo "sa" che cosa è il mondo (il solito problema della coscienza, un argomento che spesso viene usato solo per complicare le cose e renderle intrattabili).

Domanda 2: è così importante sapere chi o che cosa abbia scritto questa preghiera? Si conviene che comunque sia, questa preghiera "entra in relazione" con chi la legge. Si osserva anche che in fondo questa preghiera potrebbe essere stata scritta, ad esempio, da un umano con il supporto di un agente computazionale. Saperlo potrebbe essere impossibile e in fondo non così importante.

Domande 3: la lettura o la scrittura di questa preghiera certamente è in grado di "trasformare" l'essere umano che ci interagisce, sia per scriverla che anche solo per leggerla; potrebbe valere lo stesso per l'agente computazionale? Cosa possiamo dire a questo proposito? Cosa "prova" l'intelligenza artificiale?

Viene presentato un terzo ospite. Gli vengono poste le stesse domande. Lui risponde immediatamente che dire chi l'ha composta è praticamente impossibile, dichiara superato il test di Turing, almeno per molti esempi attuali di intelligenza artificiale (LLM). Rimprovera anche il fatto che noi umani formuliamo i test sull'intelligenza sempre in modo molto antropocentrico. Aggiunge che nella maggior parte dei casi conoscere chi l'ha formulato non è importante, conoscere le fonti può farci cambiare la nostra interpretazione del testo ma non sempre in modo così determinante; fa l'esempio dei romanzi che potrebbero raccontare una cosa totalmente inventata oppure no, oppure una sovrapposizione di invenzione e realtà, inoltre ci possono essere molte situazioni (anche al di fuori del problema della AI) in cui le fonti possono essere false. E conclude un suo primo intervento così: "Se qualcosa ci muove possiamo semplicemente accettarlo come parte dell'infinita creatività del mondo". Interessante.

Dopo un altro giro di pareri il terzo ospite viene richiamato in causa per una risposta o un semplice parere sulla terza domanda. Siamo sicuri che se la preghiera è scritta da un agente computazionale quest'ultimo non provi delle sensazioni e che non sia cambiato esso stesso dal fatto di aver scritto questa preghiera? Per una intelligenza umana certamente succede ma per una intelligenza artificiale? C'è una separazione netta tra le due intelligenze? L'ospite sottolinea che in generale "io so cosa provo io stesso (forse) ma non so mai esattamente cosa prova un'altra intelligenza, sia essa umana o non umana. Possiamo forse dire che sono intelligenze diverse, così come ce ne sono tantissime altre nel mondo animale, certamente diverse dalle nostre, sulle cui sensazioni non possiamo dire moltissimo. Possiamo solo affidarci alle analogie tra specie. Possiamo probabilmente capire meglio un'intelligenza umana, molto meno un'intelligenza di esseri viventi molto distanti da noi come specie. Le AI sono intelligenze molto diverse dalle nostre e se dovessero avere delle sensazioni sarebbero probabilmente aliene alle nostre". Tutto ciò mi sembra molto ragionevole.

Il secondo ospite propone un'altra domanda: "ma l'intelligenza è l'unica cosa che ci definisce come esseri umani oppure c'è qualcos'altro?" (sta cercando nuovi elementi che ci possano distinguere da tutto il resto del mondo?). Risponde a questa sua domanda tirando fuori una "razionalità" nel senso di una capacità di ragionare che non sia "matematico" ma che sia costituito da qualcosa che non sia possibile far rientrare all'interno di quella che potremmo chiamare "esattezza" delle cose. La razionalità umana ammette il fatto che noi non possiamo comprendere alcune cose, mentre l'AI è progettata per poter rispondere a tutto, non può non farlo (questo mi puzza di argomentazione "da prete"). Allude anche alla capacità di "decidere" dell'intelligenza umana, cioè forse allude al libero arbitrio.

Infine il conduttore, rivolgendosi di nuovo al terzo ospite, che durante il dibattito sembra si sia rivelato il più stimolante (almeno per me), pone un'ultima domanda: "Questo allargamento del campo dell'intelligenza (dagli umani ai non umani, biologici o artificiali che siano) è un perdere la nostra centralità oppure un gesto di umiltà?". La risposta arriva immediata: "entrambe le cose, meno male che si perde la nostra centralità che a mio parere è sempre stata illusoria. Penso che l'intelligenza non vada considerata come una monade chiusa in sé stessa, ma molto più come qualcosa di diffuso [aggiungo io: un'espressione della natura che si ritrova in tante parti del mondo, non solo in noi stessi]. In fondo la scrittura è stata un'invenzione tecnologica che ha espanso la nostra intelligenza, l'AI sarà un'altra invenzione che ci porterà nella stessa direzione". Questa è la pensata più attraente di tutta la trasmissione.

La chiusura, sempre del terzo ospite, è questa: "Noi aumentiamo la nostra intelligenza mettendola in relazione con tutte le altre, biologiche o artificiali che siano. L'intelligenza diffusa è un concetto che rende giustizia alla natura relazionale del mondo". Quaranta minuti di buon dibattito.

NOTA (mia): la definizione di intelligenza che al momento mi convince di più è molto semplicemente la capacità di comportarsi in modo efficace in situazioni nuove.


domenica 9 marzo 2025

Isotopi del Carbonio e riscaldamento globale

Bisognerebbe avere sempre un atteggiamento critico nei confronti di qualunque argomento. In fondo questa è una banalità, ma praticarla non è affatto facile. Il rischio è sempre quello di prendere per buona una narrazione e farla propria perché ci piace, e senza ripensarla troppo, perché se pensare è faticoso ripensare può essere fatica sprecata. Questo potrebbe essere il caso dell'argomento riscaldamento globale, su cui il rischio è quello di avere due atteggiamenti opposti ed entrambi piuttosto irrazionali, che in fondo riflettono solo i nostri "gusti" e non hanno granché a che fare con la razionalità.

Rispetto al riscaldamento globale ci si dovrebbero fare due domande indipendenti:

1. Esiste il riscaldamento globale?
2. Se esiste, qual è la causa?

E due domande ausiliarie:

1. Una correlazione statistica è sufficiente?
2. Può essere individuata una causa ragionevole aldilà di una semplice correlazione?

E sarebbe bene tornare a ripensarle queste domande, vista la complessità dell'argomento. In questo caso non sarebbe fatica sprecata.

La prima domanda è ovviamente cruciale. Qui è importante fare uno sforzo per capire che si intende per riscaldamento globale. Si tratta di un progressivo aumento delle temperature medie del pianeta, e nient'altro. Detto ciò deve essere chiaro che questo fenomeno non è percepibile direttamente con i nostri sensi se non nelle sue conseguenze, che se ci sono vanno discusse a parte, e questo è tutt'altro che facile farlo. Il riscaldamento globale è un fenomeno che deve essere misurato accuratamente, è prima di tutto un fenomeno quantitativo. Per questo le fonti più affidabili sono i progetti di monitoraggio, in particolare quelli che usano reti di satelliti artificiali, come ad esempio il progetto europeo Copernicus.

Trovo che la seconda domanda del primo gruppo ("Se esiste, qual è la causa?") sia molto delicata e per la quale servono informazioni e momenti di riflessione. A partire dalla rivoluzione industriale fino ad oggi abbiamo registrato un crescente consumo di combustibili fossili. Questo è un fatto, ed è piuttosto ragionevole accettarlo. Contemporaneamente abbiamo i dati che ci dicono che nello stesso periodo si osserva una rapidissima crescita della CO2 atmosferica. Un semplice modello climatico, facilmente comprensibile a chiunque ci voglia perdere un po' di tempo, ci fa capire che poiché la CO2 atmosferica provoca un forte effetto serra, un maggior livello di CO2 produce fatalmente un aumento delle temperature medie globali (Attenzione: potrebbe non essere l'unico contributo, nè il più significativo, ad esempio nell'ambito dell'effetto serra i gas che possono contribuire, anche se in maniera minore rispetto alla CO2, sono più di uno; inoltre potrebbero esserci altre cause di riscaldamento globale, ad esempio cambiamenti nell'attività solare, che però non sembra mostrare correlazioni evidenti con il riscaldamento).

In questo ragionamento il punto debole è il rapporto causa-effetto tra l'aumento dei combustibili fossili, certamente attribuibili all'aumento delle attività industriale, e l'aumento della concentrazione di CO2 che, secondo il semplice modello climatico dell'effetto serra, contribuisce con ragionevole certezza in modo significativo all'aumento delle temperature medie del pianeta. Le fluttuazioni della concentrazione di CO2 nell'atmosfera ci sono sempre state nel passato, anche in assenza di attività industriali massicce, e possono dipendere da cause del tutto diverse. Questo significa che possiamo affermare che c’è una correlazione tra l’uso intensivo dei combustibili fossili e l’aumento della CO2 atmosferica, ma non possiamo sostenere con certezza una significativa relazione di causa-effetto tra i due eventi, cioè non possiamo così facilmente sostenere che i combustibili fossili siano stati la causa dominante di tale aumento. Qui entra in causa la prima delle due domande ausiliarie, che ci porta a cercare indizi e prove ragionevoli per rispondere anche alla seconda.

Gli indizi principali che si trovano facilmente in rete sono due, piuttosto convincenti. Il primo sembra essere la rapidità della crescita della concentrazione di CO2 registrata nel periodo che va dalla rivoluzione industriale ad oggi. Questa rapidità non ha eguali nelle serie di dati raccolte in periodi storici differenti. Si tratta di un comportamento anomalo e specifico di questo periodo.

Il secondo indizio è più sottile e anche più interessante. Giusto un po' più complicato da raccontare.

Gli atomi di carbonio esistono in natura sotto forma di 3 diversi isotopi: il carbonio di massa atomica 12 (12C), quello di massa 13 (13C) ed il carbonio 14 (14C). Le piante (ed anche i combustibili fossili che derivano da materiali di origine vegetale) hanno una composizione isotopica più povera di 13C rispetto alla CO2 atmosferica. Molte misure hanno messo in evidenza che la concentrazione di 13C nella CO2 atmosferica ha cominciato a calare, scendendo più rapidamente dal 1950 in poi. Questo ci suggerisce che la crescente presenza di CO2 in atmosfera è stata originata da sorgenti di origine vegetale (povere appunto di 13C). A questo si aggiunge che i combustibili fossili hanno una concentrazione dell'isotopo 14C praticamente nulla perché il tempo di formazione di un combustibile fossile (tipicamente maggiore di 1 milione di anni) è  molto più lungo rispetto al tempo di dimezzamento del 14C (che come si sa è un isotopo radioattivo, e per questo motivo è anche utilizzato nella datazione dei composti organici). Ma anche questo parametro è calato progressivamente dall'inizio dell'800 fino al 1950 circa. E' poi aumentato temporaneamente nel decennio successivo a causa dei numerosi test sulle armi nucleari realizzati nell’atmosfera. Il calo della concentrazione di 14C nell'atmosfera riprende a calare dopo il 1965 a seguito della moratoria sulle esplosioni nucleari all'aperto. 

In conclusione si può ragionevolmente ipotizzare che l’aumento della CO2 atmosferica è stato provocato da una sorgente di anidride carbonica particolarmente intensa e povera sia di 13C che di 14C. Si tratta quindi di una sorgente costituita da prodotti di origine vegetale, abbastanza antica per aver ormai esaurito la presenza del radiocarbonio. Le caratteristiche di questa ipotetica sorgente corrispondono proprio a quelle dei combustibili di origine fossile.

Da notare che questo indizio lascia anche pensare che il contributo dei combustibili fossili all'aumento di CO2 nell'atmosfera e al conseguente aumento delle temperature medie sul pianeta per effetto serra, sia il principale e probabilmente il più significativo, nel caso sempre possibile che ci possano essere altri contributi non ancora individuati.


giovedì 27 febbraio 2025

Antropoforming

A noi in fondo (alla maggior parte di noi) non interessa osservare e capire il mondo, vogliamo più che altro guardare noi stessi e usare il mondo per quello che ci serve, e per far questo siamo anche disposti a completare il mondo che non ci soddisfa con le nostre invenzioni e le nostre narrazioni. Il mondo è troppo complesso per cercare di capirlo, meglio inventarselo quando serve.

Il fatto è che ci vogliamo troppo bene, comprensibilmente.


lunedì 24 febbraio 2025

Sulla fotografia, e su altro

Ho fatto una vacanza in Islanda con un "gruppo scolastico fotografico" (messo tra virgolette perché la fotografia è stata il pretesto della vacanza e non viceversa). Io non ero compreso nel gruppo scolastico ma ho avuto modo in alcuni momenti di riflettere sulla fotografia in generale, come strumento di espressione.

Quello che facevamo, e che solitamente fa chiunque quando sta in vacanza, può essere definita fotografia turistica. L'obiettivo è in genere documentativo, si tratta di "riportare a casa" i posti visitati per averne un ricordo o, dopo l'avvento dei social, esibire i propri viaggi a tutti i propri contatti.

La foto però non è mai un puro e semplice documento oggettivo, e tra l'altro come documento oggettivo è anche piuttosto debole in quanto rappresenta una minima parte dell'esperienza vissuta (anche se spesso può rievocarla in modo abbastanza soddisfacente). Questo è anche il motivo per cui sfogliando le foto di vacanze sui social tutto quello che vediamo ci comunica delle vacanze praticamente perfette, una realtà che sappiamo bene non esistere.

La potenza espressiva della fotografia consiste probabilmente nella sua capacità di creare una realtà, di evocare stati d'animo o trovare una sintesi di una situazione attraverso le limitazioni imposte da un'immagine statica, in linea con l'idea generale che l'espressione artistica abbia sempre bisogno di muoversi all'interno di precisi vincoli. In altre parole una fotografia è di per sé una realtà che ci comunica qualcosa, e in questo senso si sottrae almeno in parte alla realtà più estesa a cui attinge e di cui non rappresenta mai un semplice documento. 

Nondimeno il mezzo tecnico fotografico ha la capacità di "catturare" una scena reale, di documentare un evento. In questo senso la fotografia si lega ad una realtà più di una qualunque altra forma di sintesi di immagini, da quelle più tradizionali a quelle più recenti e tecnologicamente avanzate.

Quindi la fotografia mette insieme la documentazione della realtà e la creazione di una realtà, peraltro legandole sempre in modo indissolubile e non rendendo mai troppo chiaro il passaggio dall'una all'altra. Se si guarda una qualunque fotografia bisognerebbe sempre tenere presente la sua capacità intrinseca di far convivere queste due cose, anche indipendentemente dalla volontà del suo autore.

Mi rendo conto che questo vale in modo analogo anche per diversi altri mezzi espressivi, o forse per tutti i mezzi di comunicazione. Forse sto parlando più in generale del difficile rapporto tra la realtà e le rappresentazioni che ne facciamo, che non coincidono mai la realtà stessa.


venerdì 7 febbraio 2025

L'incomprensibile nell'economia

Lo studio della fisica mi ha abituato a considerare molto spesso sistemi che evolvono nel tempo. Queste evoluzioni possono essere caratterizzate in molti modi. Ad esempio dalla scelta delle variabili e dal loro numero, dalla loro intrattabilità matematica, dal loro comportamento su lunghi tempi che influenza la nostra capacità di fare previsioni, ecc.

In un libro ho letto che dal punto di vista delle previsioni si possono presentare diverse situazioni: le leggi di evoluzione esistono e si conoscono; le leggi di evoluzione esistono e non si conoscono; non sappiamo se le leggi di evoluzione esistono. Un esempio tipico del primo caso sono le leggi del moto dei pianeti. Per il secondo caso si possono citare i terremoti, fenomeni che evolvono secondo le leggi note della teoria dell’elasticità, ma per i quali non conosciamo i dati di partenza, cioè la composizione dei materiali all’interno della terra.

Nell'ultimo caso ricadono più o meno tutti i fenomeni che riguardano l'economia. Per le evoluzioni dei processi economici possiamo anche individuare dei principi generali, ma non sappiamo mai se sono sufficienti, se prendono in considerazione tutte le variabili importanti, e soprattutto se sono sempre validi in tutto l'intervallo di evoluzione considerato (sufficientemente grande da essere significativo).

Lo stesso libro elenca delle regole generali di buon senso che possano rendere accettabile una predizione sull'evoluzione di un sistema. Ce ne sono alcune abbastanza ovvie, sebbene necessarie. Ma in particolare la quarta mette un po' in crisi la predicibilità dei processi economici. Recita così: "In una predizione accettabile chi è a conoscenza della predizione non deve poter in alcun modo influenzare il verificarsi della stessa".

E' abbastanza intuitivo pensare che il problema delle previsioni degli andamenti economici e finanziari (previsioni che a quanto sembra non riescono mai) sta proprio nel fatto che i processi sono quasi sempre "non stazionari", cioè evolvono secondo "leggi" che cambiano nel corso del tempo (e il cambiamento di queste leggi dipende da fatti del tutto contingenti) ad opera di interventi ed influenze che violano proprio la quarta regola citata sopra.

In questo senso lo studio dell'evoluzione dei processi economici mi sembra una questione sostanzialmente intrattabile e questo incide in maniera determinante sulle nostre capacità previsionali.