Mi annoia ascoltare le solite cose sull'intelligenza artificiale, i soliti argomenti. Ci toglierà il lavoro? Arriverà un giorno a superarci e a dominarci? Ci renderà tutti ignoranti e incapaci di produrre pensieri nostri? E altre cose di questo tipo, tutto sommato poco interessanti. Molto più interessante il fatto che le tecnologie attuali sull'intelligenza artificiale, per certi aspetti così avanzate, ci possano indurre a fare delle considerazioni su noi stessi, sulla nostra intelligenza, su chi siamo.
Una domenica mattina di qualche tempo fa mi soffermo ad ascoltare la puntata di Uomini e profeti, una trasmissione radiofonica di cultura religiosa, che trattava proprio dell'intelligenza artificiale in un modo che ho trovato interessante. Tanto è vero che dopo averla ascoltata in diretta me la sono ripescata qualche tempo dopo sullo streaming di Rai Play Sound e ci ho preso appunti sopra. Il post che segue è sostanzialmente una trascrizione molto parziale del dibattito.
Dopo qualche premessa il conduttore introduce i primi due ospiti che fanno i loro primi interventi non molto interessanti. Ad un certo punto vengono quasi interrotti dal conduttore che propone loro un piccolo esperimento, un insolito test di Turing. Legge loro degli stralci di una preghiera intitolata Preghiera di speranza e luce. Questo è il testo: "Signore, nelle difficoltà che incontriamo ogni giorno, ti invochiamo con il cuore aperto e umile, donaci la forza di affrontare le sfide e la saggezza per riconoscere la tua presenza in ogni passo del nostro cammino. [...] Nel silenzio del nostro cuore sii la luce che ci guida, la pace che ci sostiene e la mano che ci solleva. [...] Fai che possiamo sempre camminare con amore, con passione e verità per portare la tua luce nel mondo e riflettere la bellezza del tuo amore infinito. Amen". A questo punto si ferma è comincia a fare domande.
NOTA (mia): mentre ascolto penso che la preghiera proposta sia stata costruita con un LLM o con l'aiuto di un LLM, la cerco al volo sulla rete e non si trova, quindi non è stata pubblicata, probabilmente è un esperimento fatto dalla stessa redazione della trasmissione.
Domanda 1: chi ha composto questa preghiera? I due interlocutori non vogliono rispondere. Uno degli ospiti lo dice apertamente, si rifiuta di rispondere. Questo mi sembra già significativo. L'altro cerca di andare oltre dicendo che bisognerebbe sapere se quel qualcosa o quel qualcuno che ha scritto una preghiera in cui parla del mondo "sa" che cosa è il mondo (il solito problema della coscienza, un argomento che spesso viene usato solo per complicare le cose e renderle intrattabili).
Domanda 2: è così importante sapere chi o che cosa abbia scritto questa preghiera? Si conviene che comunque sia, questa preghiera "entra in relazione" con chi la legge. Si osserva anche che in fondo questa preghiera potrebbe essere stata scritta, ad esempio, da un umano con il supporto di un agente computazionale. Saperlo potrebbe essere impossibile e in fondo non così importante.
Domande 3: la lettura o la scrittura di questa preghiera certamente è in grado di "trasformare" l'essere umano che ci interagisce, sia per scriverla che anche solo per leggerla; potrebbe valere lo stesso per l'agente computazionale? Cosa possiamo dire a questo proposito? Cosa "prova" l'intelligenza artificiale?
Viene presentato un terzo ospite. Gli vengono poste le stesse domande. Lui risponde immediatamente che dire chi l'ha composta è praticamente impossibile, dichiara superato il test di Turing, almeno per molti esempi attuali di intelligenza artificiale (LLM). Rimprovera anche il fatto che noi umani formuliamo i test sull'intelligenza sempre in modo molto antropocentrico. Aggiunge che nella maggior parte dei casi conoscere chi l'ha formulato non è importante, conoscere le fonti può farci cambiare la nostra interpretazione del testo ma non sempre in modo così determinante; fa l'esempio dei romanzi che potrebbero raccontare una cosa totalmente inventata oppure no, oppure una sovrapposizione di invenzione e realtà, inoltre ci possono essere molte situazioni (anche al di fuori del problema della AI) in cui le fonti possono essere false. E conclude un suo primo intervento così: "Se qualcosa ci muove possiamo semplicemente accettarlo come parte dell'infinita creatività del mondo". Interessante.
Dopo un altro giro di pareri il terzo ospite viene richiamato in causa per una risposta o un semplice parere sulla terza domanda. Siamo sicuri che se la preghiera è scritta da un agente computazionale quest'ultimo non provi delle sensazioni e che non sia cambiato esso stesso dal fatto di aver scritto questa preghiera? Per una intelligenza umana certamente succede ma per una intelligenza artificiale? C'è una separazione netta tra le due intelligenze? L'ospite sottolinea che in generale "io so cosa provo io stesso (forse) ma non so mai esattamente cosa prova un'altra intelligenza, sia essa umana o non umana. Possiamo forse dire che sono intelligenze diverse, così come ce ne sono tantissime altre nel mondo animale, certamente diverse dalle nostre, sulle cui sensazioni non possiamo dire moltissimo. Possiamo solo affidarci alle analogie tra specie. Possiamo probabilmente capire meglio un'intelligenza umana, molto meno un'intelligenza di esseri viventi molto distanti da noi come specie. Le AI sono intelligenze molto diverse dalle nostre e se dovessero avere delle sensazioni sarebbero probabilmente aliene alle nostre". Tutto ciò mi sembra molto ragionevole.
Il secondo ospite propone un'altra domanda: "ma l'intelligenza è l'unica cosa che ci definisce come esseri umani oppure c'è qualcos'altro?" (sta cercando nuovi elementi che ci possano distinguere da tutto il resto del mondo?). Risponde a questa sua domanda tirando fuori una "razionalità" nel senso di una capacità di ragionare che non sia "matematico" ma che sia costituito da qualcosa che non sia possibile far rientrare all'interno di quella che potremmo chiamare "esattezza" delle cose. La razionalità umana ammette il fatto che noi non possiamo comprendere alcune cose, mentre l'AI è progettata per poter rispondere a tutto, non può non farlo (questo mi puzza di argomentazione "da prete"). Allude anche alla capacità di "decidere" dell'intelligenza umana, cioè forse allude al libero arbitrio.
Infine il conduttore, rivolgendosi di nuovo al terzo ospite, che durante il dibattito sembra si sia rivelato il più stimolante (almeno per me), pone un'ultima domanda: "Questo allargamento del campo dell'intelligenza (dagli umani ai non umani, biologici o artificiali che siano) è un perdere la nostra centralità oppure un gesto di umiltà?". La risposta arriva immediata: "entrambe le cose, meno male che si perde la nostra centralità che a mio parere è sempre stata illusoria. Penso che l'intelligenza non vada considerata come una monade chiusa in sé stessa, ma molto più come qualcosa di diffuso [aggiungo io: un'espressione della natura che si ritrova in tante parti del mondo, non solo in noi stessi]. In fondo la scrittura è stata un'invenzione tecnologica che ha espanso la nostra intelligenza, l'AI sarà un'altra invenzione che ci porterà nella stessa direzione". Questa è la pensata più attraente di tutta la trasmissione.
La chiusura, sempre del terzo ospite, è questa: "Noi aumentiamo la nostra intelligenza mettendola in relazione con tutte le altre, biologiche o artificiali che siano. L'intelligenza diffusa è un concetto che rende giustizia alla natura relazionale del mondo". Quaranta minuti di buon dibattito.
NOTA (mia): la definizione di intelligenza che al momento mi convince di più è molto semplicemente la capacità di comportarsi in modo efficace in situazioni nuove.