La notizia di questo premio Nobel mi è arrivata dalla pagina Facebook di un professore di Fisica di Roma, ormai in pensione, che seguo sul social. Mi era capitato ai tempi dei miei studi di imbattermi in questo professore, allora piuttosto giovane. Era successo poco dopo la mia laurea, e il mio relatore mi ci fece parlare. Questo professore stava cercando di mettere in piedi una ricerca sperimentale sulle cosiddette giunzioni Josephson, delle giunzioni superconduttive che venivano usate come elemento elettronico di circuiti detti SQUID (Superconducting Quantum Interference Device). L'obiettivo era quello di mettere in evidenza la possibilità di misurare stati quantistici macroscopici, cioè di mostrare che i comportamenti quantistici possono caratterizzare anche oggetti di scala macroscopica. La questione aveva e ha tuttora un certo fascino. Quando è che i sistemi di atomi, in cui funziona bene la meccanica quantistica, diventano sistemi in cui gli effetti quantistici non sono più osservabili e la teoria che funziona bene è la meccanica classica? Quando avviene e come avviene il passaggio dal mondo microscopico al mondo macroscopico?
Io all'epoca non avevo più fiato per andare avanti, né una situazione economica che mi potesse far stare tranquillo. Fui invitato ad una conferenza introduttiva in cui il professore parlava un po' emozionato davanti ad una prima fila di veterani delle teorie quantistiche (in particolare mi ricordo un Marcello Cini un po' scettico sulla questione), mentre io e qualche altro ragazzo stavamo nelle retrovie ad ascoltare. Alla fine non accettai la proposta, anche perché comportava di vincere il dottorato, cosa non facile al primo tentativo (e forse manco al secondo), e io mi ero dato un termine concreto, non me la sentivo di imbarcarmi in una cosa così potenzialmente lunga e incerta. Peccato.
Quando ho letto la notizia del Nobel di quest'anno mi sono accorto che il mio professore quell'idea l'aveva presa da un risultato simile che era già stato raggiunto dai tre scienziati premiati, intorno alla metà degli anni ottanta (pochi anni prima). L'argomento all'epoca evidentemente era ancora più caldo e ambizioso di quanto avessi pensato. Non sono in grado di dire se il mio professore avesse in mente semplicemente di ripetere in modo simile l'esperimento dei tre premi Nobel, ricordo che mi parlava dei circuiti SQUID come di dispositivi dalle promettenti applicazioni pratiche, soprattutto per via della loro capacità di registrare variazioni di campo magnetico estremamente deboli. Per quanto ne so oggi (anche leggendo articoli sui tre Nobel) questi componenti elettronici sono spesso utilizzati per realizzare i prototipi attuali di un certo tipo di computer quantistici.
Grande Fisica! (come diceva spesso il mio simpatico relatore ogni volta che ci veniva bene qualcosa).
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