Conoscevo questa scienziata che studiava il comportamento degli scimpanzè da alcuni post incontrati sui social, uno dei quali la mostrava mentre veniva abbracciata da uno scimpanzè che stava per essere liberato nella foresta, e la confondevo ogni tanto con Dian Fossey, che invece studiava i gorilla (famosa pure per un film del 1988, tratto dal suo libro Gorilla nella nebbia). La sua recente scomparsa ha riempito la mia bolla social di post su di lei, e questo mi ha incuriosito. Ho deciso quindi di ascoltare il podcast di Radio3 Scienza uscito all'indomani della morte.
Il podcast, interessantissimo, la presenta come un gigante del pensiero scientifico moderno. Stephen Jay Gould, famoso biologo evoluzionista, considera i suoi lavori tra i più importanti risultati scientifici del XX secolo. Ad esempio la classica scoperta, raccontata in tantissimi documentari sugli animali, che gli scimpanzè sono in grado di usare dei bastoncini per estrarre formiche e termiti dalle loro tane per cibarsene è il risultato delle sue osservazioni. L'importanza di questa scoperta è effettivamente notevole, dal momento che testimonia che gli scimpanzè sono in grado di vedere in un ramoscello un possibile strumento e di modificarlo (togliere le foglie, togliere l'estremità troppo flessibile e leggera) al fine di ricavarne un utensile da poter utilizzare ad uno scopo ben preciso. In pratica questa osservazione dimostra che i primati non umani sono in grado di sviluppare una tecnologia e ci costringe ad ammettere che la costruzione di utensili non può essere considerata una prerogativa dell'uomo, come si pensava prima di questi studi.
Jane Goodall passava lunghi periodi appostandosi immobile sempre nello stesso punto della foresta per farsi accettare dalla comunità degli scimpanzè e poterli osservare indisturbata nei loro comportamenti abituali. Questo studio sistematico ha consentito di vedere analogie tra scimpanzè e umani che fino ad allora erano impensabili. Non solo la produzione di utensili ma anche la capacità di trasmettere ai simili questa abilità, cioè in pratica la capacità di avere una cultura. Anche la scoperta che gruppi di scimpanzè potevano farsi la guerra ce li ha ulteriormente avvicinati (purtroppo).
E' chiaro che questi risultati hanno contribuito anche a modificare il nostro pensiero filosofico sull'uomo e sulla natura, ad aumentare la nostra sensibilità ecologista e ad intendere il concetto di biodiversità come patrimonio, argomenti su cui la Goodall ha speso parecchio del suo tempo soprattutto in vecchiaia, attraverso conferenze tenute con grande frequenza in tutto il mondo che hanno reso la scienziata un'icona dell'etologia e un modello per le generazioni successive.
Una cosa che mi ha colpito riguarda il fatto che Jane Goodall non nasce come accademica, non ha almeno inizialmente una carriera ortodossa, comincia a 26 anni uno studio sistematico delle comunità degli scimpanzè del Parco Nazionale del Gombo in Tanzania senza avere alcun titolo specifico. Questo le ha permesso di avere una visione alternativa e più feconda a quella del mondo accademico dell'epoca, le ha permesso di intraprendere strade differenti e di approdare a nuove conoscenze più facilmente. Una circostanza non così nuova nella storia che secondo me in qualche modo mette in risalto il processo di costruzione della conoscenza tipico del pensiero scientifico. Ad esempio penso a Galilei e ai suoi problemi con il mondo accademico dell'epoca, irrigidito nella filosofia aristotelica e incapace di sottoporla a quell'analisi critica che è sempre la condizione che fa nascere nuova conoscenza.
Ho anche imparato che Goodall era una delle tre scienziate reclutate da Louis Leakey, famoso paleontologo degli anni sessanta, per lo studio del comportamento delle tre più importanti scimmie antropomorfe. Note come le Leakey's Angels, erano Jane Goodall per lo studio degli scimpanzè, Dian Fossey per lo studio dei Gorilla, Birutė Galdikas per lo studio degli Oranghi.
Nessun commento:
Posta un commento