martedì 2 aprile 2024

La musica vissuta dalla mia generazione

La mia generazione è mediamente ignorante in ambito musicale. Più esattamente le fasce sociali meno abbienti della mia generazione non hanno ricevuto un'istruzione musicale adeguata. Per dirla in modo un po' brutale a scuola ci hanno fatto fare i compiti di storia della letteratura, di storia del teatro, di storia delle arti figurative, anche di storia dell'architettura, ma non ci hanno mai fatto fare i compiti di storia della musica. Uso il termine "fatto fare i compiti" per sottolineare che l'istruzione è un obbligo, anche se quella superiore sarebbe in realtà una scelta. Il risultato però in generale è che questa istruzione obbligatoria ha dato modo a molti di noi (la maggior parte di noi, direi) di costruire una conoscenza, una consapevolezza, un qualche interesse per queste discipline. Quantomeno ce ne ha comunicato il valore. La musica invece è rimasta ai margini, lontana dal mondo dell'istruzione pubblica e da quella quotidianità di studio che rende un campo di conoscenze più o meno familiare. Quel poco che si faceva (e credo ancora mediamente si faccia) nella scuola media inferiore era del tutto insufficiente e non lasciava una traccia significativa.

La musica rimaneva perlopiù confinata in studi specialistici, svolti all'interno dei conservatori o fatti privatamente. E questi studi erano tipicamente accessibili a classi sociali già tradizionalmente familiari con la letteratura musicale occidentale. In altre parole la grande storia della musica europea era parte di una cultura elitaria, praticata dall'alta borghesia. Per le classi medie e medio basse rimaneva una cosa estranea e inaccessibile. Oggi i risultati di questa vicenda storica sono ben evidenti. Le persone della classe media sono spesso piene di bias cognitivi sulla musica, hanno una sostanziale estraneità alla musica della storia, in un modo buffo che quasi mai ha un analogo con le altre arti.

Ma la mia generazione in parte è stata anche fortunata, perché ha visto il boom del mercato discografico. Questo aveva due caratteristiche, un forte orientamento alle forme di musica popolare dove si poteva trovare il bacino di consumo più ampio e facile, e il fatto che si trattava di un mercato ancora emergente, incerto, tutto da scoprire e da costruire. Sono due caratteristiche che hanno permesso un forte sperimentalismo, sia imprenditoriale che artistico. Si è venuto a creare un ambiente ricco di talenti che in un paio di decenni (in particolare gli anni 60 e 70) hanno letteralmente trasformato la musica popolare europea e nordamericana. La ricchezza di proposte artistiche che ne è risultata è stata una manna per la mia generazione, venuta per la verità un pochino dopo.

La situazione che si è venuta a creare è stata un po' particolare. Le istituzioni culturali tradizionali, regolarmente presenti in altri ambiti, nella musica sono stati del tutto sostituiti dall'industria discografica. La mancanza di istruzione, peggiorata da una condizione elitaria nel praticare la musica di tradizione, ha creato una grossa frattura nella fruizione. Questa frattura ha caratterizzato soprattutto le giovani generazioni (ovviamente le più sensibili ai cambiamenti), che si sono trovate senza istruzione ma con una "nuova" musica da consumare.

La cosa aveva anche degli aspetti positivi interessanti. Avere un'istruzione impartita dalla società in cui si vive porta purtroppo sempre con sé il rischio di costruire una cultura vuota, falsa e ipocrita (come diceva Pasolini). Oppure può portare a sentirne il peso, l'oppressione. Ma se invece ho modo di accedere ad un ambito culturale, anche interessante, come lo era la musica popolare di quegli anni, totalmente scollegato da istituzioni ufficiali, totalmente personale, dove può regnare la ricerca libera, fatta sia da solo che con i coetanei, allora ho una sorta di paradiso terrestre, di isola felice. E l'identificazione con questa cultura diventa totale (la "musica dei giovani").

Forse però non era un territorio così libero. Alle istituzioni culturali tradizionali si sostituiva un mercato economico sostenuto dalle nuove tecnologie, che all'inizio ha fatto da volano per una musica popolare piena di idee e originalità, ma che forse adesso, con un mercato consumistico sempre più ingordo e orientato al profitto, mostra segni di decadenza culturale.


Nessun commento: