domenica 25 giugno 2023

Gli storni di Parisi nel contesto delle conoscenze

Credo che la prima impressione che possa fare il racconto dello studio di Giorgio Parisi sul volo degli storni sia quello di una stupidaggine. Penso che prevalga la solita sensazione che la scienza vada accettata perché importante ma rimane perlopiù incomprensibile. Difficile capire il valore di certi studi anche perché non se ne conoscono i contesti e non si riesce a collegarli a niente. Rimangono racconti isolati fatti per via del prestigio che ha l'assegnazione di un premio Nobel. Oltre l'ambito di un premio internazionale che fa notizia è difficile andare.

Eppure è bello trovare analogie che tolgano certi argomenti da un isolamento sterile e li mettano in comunicazione con altre conoscenze, in contesti e forme inaspettate. E' l'aspetto più affascinante e fecondo della conoscenza, e forse il più divertente.

L'obiettivo del lavoro di Parisi sugli storni era essenzialmente sperimentale e si proponeva di fare misure (migliaia di fotografie fatte contemporaneamente da punti diversi) per ricavare le informazioni necessarie alla formulazione di un modello computazionale in grado di simulare al computer il comportamento collettivo di questi animali in volo. L'idea era quella di individuare un qualche tipo di interazione elementare tra gli storni che consentisse di far emergere quel bellissimo comportamento collettivo auto-organizzato che vediamo nei cieli autunnali di Roma. Scrive Parisi: "[...] ci siamo concentrati su come ogni componente dello stormo riesca a comunicare per muoversi in modo coerente, producendo un'unica entità collettiva. [...] attualmente si riesce a determinare con una precisione di qualche centesimo di secondo il momento in cui ogni uccello incomincia a girare quando lo stormo compie una virata, [...] gli uccelli seguono regole semplici, che sono state ricostruite dalle misurazioni effettuate, e si muovono regolandosi sulla posizione dei vicini. L'informazione sulla virata corre veloce tra un uccello e l'altro, come un passaparola velocissimo".

Un lavoro del genere si collega in modo significativo ad un importante filone di ricerca in fisica, condotto su sistemi apparentemente molto differenti, in cui si cerca di "capire in maniera quantitativa come il comportamento collettivo emerga partendo da semplici regole di interazione tra i singoli attori", dove i singoli attori interagenti possono essere elettroni, atomi, spin, molecole e, perché no, uccelli. I comportamenti collettivi osservati sono magari del tutto scontati, fenomeni a cui siamo da sempre abituati, ma sono anche in un certo senso del tutto inaspettati e inspiegabili se ci si concentra solo sugli aspetti microscopici. Nel fenomeno di congelamento di un liquido non è il singolo atomo, non è la singola molecola che ghiaccia, anzi, per il singolo atomo o per la singola molecola il concetto di ghiacciare proprio non ha senso, e non cambia le sue proprietà individuali. Si tratta di una mutazione collettiva, in cui la conoscenza dettagliata del singolo attore non riesce a portarci a una descrizione del fenomeno.

Addirittura molto spesso si riesce a stabilire che certe classi di fenomeni macroscopici, cioè composti da molte parti, non dipendono dai dettagli delle singole parti e questo dà un carattere di universalità abbastanza sorprendente. Mentre i dettagli microscopici sono completamente diversi, il comportamento collettivo è invece lo stesso. Ad esempio questo succede nei cosiddetti fenomeni critici, cioè nelle transizioni di fase (uno di questi è proprio la transizione solido-liquido a cui accennavo prima), per le quali è stata introdotta l'idea di classi di universalità nelle quali questi fenomeni possono essere suddivisi. Parisi ne dà un'immagine letteraria: "Questo fatto richiama la visione platonica della natura: si potrebbe dire che esiste un numero relativamente piccolo di classi di universalità dei comportamenti critici e ciascun sistema reale si riconduce a una di quelle classi di universalità (cioè a una idea, se vogliamo utilizzare la terminologia di Platone)".

Più in generale questi studi e la loro generalità porta alla necessità di capire meglio il legame che esiste tra i comportamenti dei singoli individui e i comportamenti collettivi. Ancora Parisi ricorda che un suo collega (Philip Warren Anderson, premio Nobel 1977) sosteneva in un suo articolo che "l'aumento del numero di componenti di un sistema determina un cambiamento non solo quantitativo ma anche qualitativo: il problema concettuale principale che la fisica avrebbe dovuto affrontare era capire le relazioni tra le regole microscopiche e il comportamento macroscopico".

Andando ancora oltre si può pensare che queste aree di ricerca possano essere ulteriormente estese ad ambiti apparentemente lontani, ad esempio quelli sociali ed economici. O ad ambiti interdisciplinari a metà tra scienza e tecnologia, come ad esempio l'intelligenza artificiale.

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