domenica 26 aprile 2020

Venticinqueaprile

Ricordo, oramai molti anni fa, una discussione sul 25 aprile. Me la ricordo perchè forse era la prima volta che sentivo un'osservazione del genere. Oggi, guardando i social ancora pieni di commenti diametralmente opposti a questa festa (dopo 75 anni), mi è tornata alla mente.

In realtà di quella discussione ricordo solo il punto di partenza, la cosa più significativa secondo me. La questione era: tutta questa retorica sulla Liberazione associata al fenomeno della Resistenza andrebbe ridimensionata. La vera Liberazione ce l'hanno data gli americani, gli inglesi, insomma chi ha vinto la guerra provocata da nazisti e fascisti (noi). Il contributo all'evoluzione dei fatti della storia dato dalla Resistenza e dai suoi protagonisti è stato infimo se non proprio nullo. Quindi che festeggiamo? La Liberazione avvenuta con le nostre forze, con il contributo degli italiani, è una retorica che ci portiamo appresso, e sulla quale peraltro abbiamo costruito l'altra retorica, quella degli opposti estremismi, che ci ha fatto più male che bene nei decenni seguenti.

Questa critica era motivata dalla sincera volontà (almeno così mi sembrava) di dare la giusta prospettiva a quel periodo storico e il giusto peso ai vari fatti accaduti in quegli anni. Voleva dire: "partiamo da un'analisi razionale e obiettiva dei fatti e traiamone le conclusioni corrette, festeggiamo il nulla e ci litighiamo pure".

Però mi domando, è questo il punto? Perchè portare il discorso sul piano scientifico dello studio della storia per stabilire e quantificare il peso dei vari contributi che hanno portato a certi risultati? Andrebbe invece portato sul piano dei valori. Mi spiego, se io aiuto una persona a non morire di fame certamente il mio contributo storico all'annoso problema della fame nel mondo è nullo, ma quello che faccio ha un valore importante, e può costituire un esempio per tutti.

Allora il punto non è se e quanto la Resistenza abbia veramente inciso sulle sorti della nostra storia. Ammettiamo pure (senza accettare discussioni infinite su questo punto) che si trattasse di "quattro gatti" che "disturbavano" l'azione di nazisti e fascisti come fanno le "zanzare", quando questi erano già spacciati per l'avanzata ormai inesorabile degli anglo-americani. Ma il punto è che questi erano la dissidenza libera e attiva (per quanto si poteva) alla dittatura fascista in Italia. E molta di questa gente lo era sempre stata durante tutto il regime, sin dai suoi inizi, e molta si è unita nel corso degli anni. Si tratta di un filo rosso (il colore non ha connotazione politica) che rappresenta un valore importante su cui noi vogliamo basare la nostra vita presente e futura (speriamo), e chi lo ha incarnato, fossero pure quattro gatti che non hanno avuto peso negli eventi, è un esempio che giustamente rimane nelle targhe commemorative di tutta Italia, e nella nostra memoria storica.

Il venticinque aprile è un valore di libertà che la storia ci lascia e che và conservato e insegnato. Su questo dovremmo essere veramente tutti d'accordo. E' questo che festeggiamo.

P.S.: non sono affatto convinto che la Resistenza e tutta la dissidenza al regime fascista non abbia avuto alcun peso negli eventi della storia, ma dico che questo dibattito può anche passare in secondo piano senza scalfire il senso della festa.

P.S.: chi si ostina dopo 75 anni ad essere più o meno apertamente contro questa festa, con i più svariati argomenti, è molto probabilmente una persona che per cultura, per formazione, educazione, inclinazione, in un qualche futuro forse accetterebbe uno stato non democratico, non liberale, accetterebbe la privazione delle libertà a favore di un capo che "risolva i problemi".

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