domenica 25 dicembre 2011

Cold reading

Qualche giorno fa gli insegnanti di mio figlio (terza elementare) notificano a noi genitori un problema in classe. Hanno osservato comportamenti di carattere discriminatorio, alcuni legati all'etnia (bambini di origine non italiana o mista, chiaramente visibile), un altro legato all'origine ebrea. Le insegnanti sembravano dare molto peso a questi episodi e ci tenevano ad informarne i genitori. Credo che dietro ci fosse anche un messaggio del tipo: "cosa raccontate ai vostri figli?".

Onestamente mi rimane molto difficile pensare che i genitori della classe di mio figlio, per quanto non li conosca bene tutti, trasferiscano consapevolmente comportamenti discriminatori ai propri figli. Ma siccome oggettivamente questi comportamenti si sono manifestati, e in modo certamente molto spontaneo, la questione assume un certo interesse.

Nell'ipotesi ovvia che questi bambini non abbiano subito un vero e proprio indottrinamento su questi temi (una cosa del genere non la posso proprio pensare, da parte di nessun genitore tra tutti quelli che conosco) l'episodio mostra due aspetti: che gli atteggiamenti discriminatori hanno una radice istintiva molto forte, e che la cultura (perchè di un aspetto culturale si tratta, e anche importante) ha canali di comunicazione potenti che con la razionalità hanno ben poco a che fare e che spesso sono del tutto inconsapevoli ai soggetti che se la comunicano.

Il primo aspetto ha una spiegazione credo abbastanza ovvia, la paura del diverso è strettamente legata alla sopravvivenza dell'individuo, saper cogliere le diversità e diffidarne è una cosa che riesce immediata a tutti. Sapersi identificare nel proprio gruppo e riconoscerne immediatamente gli elementi caratterizzanti è fondamentale. Questo aspetto comunque non basterebbe a spiegare i comportamenti osservati dalle insegnanti (ad esempio per un bambino è ben difficile distinguere un ebreo e chiamarlo tale se non lo si è "imparato" in qualche modo).

Il secondo aspetto è certamente più affascinante. Credo che quell'insegnamento ricevuto dai bambini sia stato (o comunque potrebbe benissimo essere stato) interamente inconsapevole da parte di tutti quegli adulti che in varia misura vi hanno contribuito. E forse proprio per questo l'insegnamento può risultare estremamente potente, probabilmente più di un qualunque tentativo di correggerlo successivamente sul piano razionale, specialmente se al piano razionale si affianca (anche qui inconsapevolmente ma molto efficacemente) una certa dose di ipocrisia, come purtroppo può succedere.

Questo modo inconsapevole di comunicare, fatto spesso di elementi sfuggenti, non strutturati, non verbali, apparentemente del tutto secondari, incontra menti giovani non mature ma altamente ricettive. Mi ricorda molto la cosiddetta tecnica del cold reading, quella utilizzata dai presunti medium per dimostrare di sapere molte cose su un individuo mai visto prima (da Wikipedia: "Without prior knowledge of a person, a practiced cold reader can still quickly obtain a great deal of information about the subject by analyzing the person's body language, age, clothing or fashion, hairstyle, gender, sexual orientation, religion, race or ethnicity, level of education, manner of speech, place of origin, etc."). Spesso si legge che queste tecniche non solo sfruttano il soggetto inconsapevole di comunicare cose che non vorrebbe comunicare ma che addirittura sono applicate inconsapevolmente dal medium, che è convinto dei suoi poteri sovrannaturali.

Se così stanno le cose molti aspetti culturali significativi passano per buona parte attraverso questo tipo di comunicazione, spontanea (perchè inconsapevole), immediata, efficacie. L'educazione non è tanto il risultato di "tecniche educative" (che credo abbiano alla fine sempre effetti trascurabili), quanto un fatto "ambientale".

L'altro giorno hanno rappresentato il "Don Giovanni" di Mozart al Teatro alla Scala di Milano e io sono andato a leggere alcune vecchie cose scritte da Massimo Mila su quest'opera. Una sua frase si incastra perfettamente con queste mie considerazioni e le trasporta addirittura sul piano dell'arte: "Il Don Giovanni mozartiano è la più monumentale e formidabile prova della natura inconsapevole dell'espressione artistica: quel fenomeno per cui l'artista altro crede di dire, e davvero lo dice, con il significato usuale delle parole e dei segni, ma altro dice poi, senza avvedersene, con il potere espressivo dell'arte, nel quale si manifesta la sua personalità profonda, inconsapevole di se stessa, sciolta dal controllo logico della volontà".

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