domenica 10 gennaio 2010

L'introduzione dei numeri complessi

Poichè appartiene ad una di quelle cose non insegnate nella scuola (per vari motivi, in parte giustificati in parte no) le circostanze storiche più significative che hanno portato all'introduzione dei numeri complessi è una cosa che ho ignorato per molto tempo. Dopo averla appresa l'ho anche dimenticata. Una bella lettura recente mi ha rinfrescato la memoria.

L'introduzione dei numeri irrazionali (o la loro scoperta), e quindi l'estensione dei razionali ai reali, è un evento della storia molto più noto e probabilmente anche molto più facile da comprendere essendo legato a misure geometriche semplici. Se ho un quadrato di lato unitario la sua diagonale è pari alla radice quadrata di due, che è appunto un numero irrazionale. Per capirci il lato del quadrato e la sua diagonale risultano essere due grandezze incommensurabili, non esiste un sottomultiplo comune, cioè un segmento più piccolo che li misuri esattamente entrambi. Questa scoperta risale all'antica civiltà Greca e le grandezze irrazionali sono indispensabili per poter "misurare" qualsiasi lunghezza, cioè per mettere in corrispondenza biunivoca i punti della retta con i numeri reali.

Per i numeri complessi l'episodio cruciale che porterà in seguito al loro studio sistematico è forse meno spettacolare (e sicuramente meno noto), nondimeno importante per la storia della matematica: si tratta dello studio e risoluzione delle equazioni di terzo grado ad opera di alcuni matematici rinascimentali (Dal Ferro, Tartaglia, Cardano). L'episodio mi piace anche perchè fa capire che il Rinascimento italiano non è solo quello delle arti figurative o dell'architettura.

La prima volta che ho visto i numeri complessi è stato studiando le equazioni algebriche di secondo grado. La loro formula risolutiva è nota dai tempi dei Babilonesi. Il problema è il seguente: perchè in un caso del genere dovrei introdurre i numeri complessi? Se il radicando (discriminante) della formula risolutiva è negativo credo sia naturale non considerare sensata la formula stessa, dunque semplicemente non avere soluzioni dell'equazione, non due soluzioni complesse coniugate. L'interpretazione geometrica delle soluzioni in termini di intersezioni di una parabola con l'asse delle x (fornita però molto tempo dopo) corrobora queste considerazioni. Dunque l'equazione di secondo grado non può aver stimolato l'introduzione e lo studio dei numeri complessi, in quanto in questo caso non sono realmente necessari e non risolvono nessun problema.

Ben diverso lo scenario che si è presentato ai primi risolutori delle equazioni di terzo grado. In questo caso la soluzione viene espressa tramite la somma di due radici cubiche, entrambe aventi come radicando una somma di due termini, uno dei quali è una radice quadrata il cui radicando può ovviamente essere sia positivo che negativo. Questo dà luogo, come d'altra parte succede nella formula delle soluzioni delle equazioni di secondo grado, alla possibilità di introdurre l'unità immaginaria, e quindi i numeri complessi, per ottenere un'espressione sensata in tutti i casi possibili. Ma anche in questo caso si tratterebbe solo di una possibilità e non di una reale esigenza se non fosse per un particolare significativo: se il discriminante presente due volte nell'espressione delle soluzioni è negativo (quindi non interpretabile nei reali) si hanno tre soluzioni reali e distinte dell'equazione di terzo grado, facilmente verificabile in alcuni semplici esempi ben noti anche all'epoca.

Quindi nello studio delle equazioni di terzo grado compaiono casi in cui ci sono radici reali ma la formula generale risolutiva porta a radicandi negativi, ovvero a numeri complessi. Questo è possibile in quanto alla fine delle elaborazioni sulla formula i termini immaginari scompaiono per dare soluzioni puramente reali. Ma a questo punto l'introduzione e la trattazione dei numeri complessi diventa realmente necessaria poichè è cruciale per l'elaborazione di tutti i passaggi intermedi per arrivare alla soluzione. Dal punto di vista storico è anche interessante notare che il caso con radicando negativo veniva chiamato caso irriducibile, e inizialmente era un caso ritenuto intrattabile. Anche accettando le radici quadrate con radicandi negativi nella formula risolutiva questi rientravano nella trattazione non come numeri veri e propri ma come artifici, venivano cioè ritenuti dei meri trucchi utilizzati per arrivare alla soluzione, dove magicamente sparivano dai risultati.

Gli autori posteriori (primo fra tutti Rafael Bombelli) riprenderanno questi risultati giungendo alla introduzione dei numeri complessi, entità indispensabili per disporre di un procedimento generale per la risoluzione delle equazioni di terzo grado a coefficienti reali. Come si sa i numeri complessi si sono poi rivelati fondamentali per moltissimi altri sviluppi matematici (ad opera di grandi personalità quali Eulero e Gauss), in particolare per il teorema fondamentale dell'algebra.

2 commenti:

Massimiliano ha detto...

Io ricordo (mi piacerebbe dire "chiaramente" ma mentirei, sono passati tanti anni) di aver studiato i numeri complessi a scuola. Mi pare fosse alle superiori (liceo classico), proprio nell'ambito delle equazioni di secondo grado.

Rodolfo Trippetti ha detto...

Sicuramente alle superiori hai studiato le equazioni di secondo grado, come ho fatto anche io. Poichè un polinomio di grado N ammette sempre N radici nel campo complesso (teorema fondamentale dell'algebra) un'equazione di secondo grado ha sempre due radici, che possono essere reali coincidenti, reali distinte o complesse coniugate. Dal punto di vista della sua rappresentazione grafica si tratta di una parabola tangente all'asse delle ascisse, secante in due punti distinti, o non intersecante (nessuna soluzione reale). Con il post però mi interessava mettere in luce il momento storico in cui il problema dei numeri complessi ha preso forma, cioè il momento che ha reso più urgente e significativa la loro introduzione e il loro studio sistematico. Vorrei sottolineare che la matematica nel campo complesso non ha niente di particolarmente astratto, è al contrario molto utilizzata in fisica e nella tecnologia. Infine sono convinto che gli aspetti storici della scienza dovrebbero essere maggiormente curati nello studio scolastico, contribuirebbero a dare ai concetti un maggior valore, a renderli più accettabili, più calati in un contesto, in definitiva più comprensibili.