giovedì 10 settembre 2009

Povere vittime

Prendiamo ad esempio la moda ormai molto diffusa di portare i pantaloni ben al di sotto della vita, mostrando automaticamente l'elastico delle mutande, e non solo. La scomodità di questo modo di vestire è evidente, basta guardare questi ragazzi mentre camminano. Questo in fin dei conti non ha nulla di strano, vestirsi "bene" o comunque in un modo particolare spesso comporta delle scomodità.

Quello che invece colpisce negativamente è che ti accorgi che in questo modo viene mostrato un indumento (la mutanda) che altrimenti rimarrebbe nascosto. Un indumento nascosto non rientra nel "look" e quindi su di esso c'è piena libertà di scelta. Al contrario così vestendo noti che tutte le mutande esibite sono rigorosamente firmate (sui grossi elastici, in modo ben evidente). Sembrano degli sponsor, in cui però è chi li porta che paga e non il viceversa. Insomma è un esempio di come queste mode apparentemente "alternative" e "spontanee" sono in realtà dettate dai media, oppure da essi colte al volo e subito rilanciate, funzionali alla società dei consumi di cui i nostri adolescenti portano inconsapevolmente il vessillo.

Questa cosa (e molte altre dello stesso tipo) mi ricorda un paio di articoli scritti da Pasolini e pubblicati nella raccolta "Scritti Corsari". Uno è quello famoso sui capelloni, l'altro è quello sull'acculturazione (entrambi del 1973). Pasolini analizza il significato dei capelli lunghi, quelli che nascono negli anni della contestazione. Secondo lui ciò che esprimono con il loro linguaggio non verbale questi capelli lunghi è esattamente il contrario di ciò che dicono a parole (solo a parole) i ragazzi contestatori che li portano. Il loro aspetto, molto più che le loro parole, rivela chi sono:

"Le maschere ripugnanti che i giovani si mettono sulla faccia, rendendosi laidi come le vecchie puttane di una ingiusta iconografia, ricreano oggettivamente sulle loro fisionomie ciò che essi solo verbalmente hanno condannato per sempre....Essi sono in realtà andati più indietro dei loro padri, risuscitando nella loro anima terrori e conformismi, e, nel loro aspetto fisico, convenzionalità e miserie che parevano superate per sempre".

Oggi la differenza tra quello che molti giovani esprimono a parole e quello che esprimono visivamente sembra colmata. L'appiattimento sui modelli televisivi, e dei media in genere, quando c'è è totale.

"...i capelli lunghi dicono...le 'cose' della televisione o delle réclames dei prodotti".

Questi comportamenti rivelano un'assoluta mancanza di libertà, di capacità di scelta al di fuori di ciò che i media propongono.

"La loro libertà di portare i capelli come vogliono, non è più difendibile, perchè non è più libertà".

L'omologazione è totale, i modelli non prevedono alternative, non prevedono particolarismi culturali, vengono imposti dai media in modo autoritario e assoluto, contro cui nessuna istituzione culturale (meno che mai la scuola) può competere.

"(la televisione) Ha cominciato un'opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di 'un uomo che consuma', ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo".

Molti giovani, così pronti per loro natura ad assorbire i modelli sociali di comportamento, sono vere e proprie vittime delle forze omologanti della nostra società.

Nessun commento: