domenica 13 settembre 2009

Il giornalismo in Italia

L'indipendenza dell'informazione è sicuramente uno degli indicatori essenziali del buon funzionamento di una democrazia. Il regime democratico è sempre molto difficile da mantenere, e non è mai garantito solamente dalla semplice presenza di strumenti essenziali quanto formali che lo caratterizzano, come ad esempio le libere elezioni a suffragio universale, o la presenza di una carta costituzionale. La capacità di far circolare le informazioni, che alza il livello di consapevolezza dei cittadini e rende la democrazia più reale (nel senso che fornisce le chances per una reale partecipazione), è in buona parte sulle spalle della categoria dei giornalisti. Questi ultimi hanno il compito di esercitare la loro professione essenzialmente in autonomia (per quanto possibile) da qualsiasi potere, pena la produzione inevitabile di un'informazione al servizio di quest'ultimo. L'informazione dovrebbe essere uno strumento di conoscenza della società fornito al cittadino attraverso tutti i media possibili.

Purtroppo la classe dei giornalisti in Italia dà l'idea di essere in buona parte largamente compromessa con il potere tanto da rendere il sistema di informazione complessivamente molto scarso (il suo carattere di contropotere, così essenziale, viene meno). Ovviamente tra le file di quelli che appaiono compromessi si nota un largo spettro di qualità e capacità professionali, dallo scalzacani all'ottimo giornalista. E questo non sarebbe sorprendente. Quello che sorprende e che preoccupa è che più o meno indipendentemente dalle loro qualità questi giornalisti stanno tutti ugualmente in vista, su posizioni di carriera spesso invidiabili (è il motivo per cui sono compromessi).

Ovviamente i più "pericolosi" sono quelli in gamba, anche se pure gli scalzacani, messi opportunamente in posizioni strategiche, svolgono la loro "importante funzione".

Ultimamente un importante giornalista "di razza" è passato a dirigere un giornale di proprietà della famiglia del presidente del consiglio, che come si sa, in virtù di scandalosi (per una democrazia) vuoti legislativi in tema di conflitto di interessi, si trova nella condizione di poter controllare, direttamente o indirettamente, gran parte dei media nazionali.

Non ci sono ambiguità o interpretazioni possibili: questo giornalista ha deliberatamente scelto di assumere il ruolo di "picconatore giornalistico" del premier, ed è andato nell'unico posto dove ha la piena libertà di farlo. Si tratta di un giornalista capace, aggressivo, incisivo nei suoi editoriali ed estremamente astuto. Un giornalista che ha un suo pubblico, un suo bacino di lettori. Il suo ruolo di picconatore è giustificato dall'esigenza di gestire sempre più efficacemente i critici del governo, da qualunque parte provengano.

Costui ha già cominciato brillantemente il suo lavoro ed utilizza una tecnica da sempre efficace, quella di screditare chi punta il dito contro il capo (chiunque può essere screditato). Ovviamente il capo si prende il lusso di mantenere le distanze dal picconatore che lavora per lui, un gioco delle parti che consente da una parte di gettare fango sugli avversari senza assumersi dirette responsabilità e dall'altra di fare un uso politico e ricattatorio delle affermazioni pubblicate. Tutto molto chiaro.

Purtroppo questo non è un episodio isolato del giornalismo italiano e anzi mi sembra emblematico di quello che sta succedendo negli ultimi anni.

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